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Che cosa è successo oggi? – Sabato 20 giugno 2020

manifestazioni milano 20 giugno 2020

Il racconto della giornata di sabato 20 giugno 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia diffusi alle due manifestazioni a Milano contro la Regione Lombardia e la gestione dell’emergenza COVID. La nave Mare Jonio si sta dirigendo a Pozzallo con 67 naufraghi a bordo, mentre sono arrivati in Italia i documenti personali di Giulio Regeni. Luca Palamara è stato espulso dal sindacato dei giudici e negli Stati Uniti un giudice ha autorizzato la pubblicazione del libro di John Bolton, “The Room Where It Happened”. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Che la Lombardia continua ad essere la Regione più affetta dal coronavirus lo dimostrano i dati odierni della Protezione civile. Il 63% dei nuovi contagiati si trova in Lombardia, 165 sui 262 totali. Il rapporto tra positivi e tamponi eseguiti è dell’1,8%. Tra le province più colpite, Milano, Bergamo e Brescia, mentre a Lodi e Pavia non c’è stato alcun positivo.
I decessi sono stati 23 e portano il totale in regione a 16.557. A livello nazionale i morti sono stati 49, due più di ieri. I contagi accertati 11 più di ieri.

Le manifestazioni a Milano contro la Regione Lombardia

La Regione Lombardia e la gestione sanitaria dell’emergenza coronavirus sono state il bersaglio di due piazze, oggi a Milano. In modi diversi, hanno indicato il presidente Fontana e l’assessore al welfare Gallera come i responsabili delle migliaia di morti.
In piazza Duomo c’era il nostro inviato Alessandro Braga:

Una piazza partecipata, ordinata, rispettosa del distanziamento fisico e delle norme di sicurezza vigenti. Una piazza determinata nel ribadire le sue richieste: un cambio di rotta radicale nelle linee guida della sanità lombarda, che da ormai un quarto di secolo ha abbandonato lo sviluppo della medicina del territorio, puntando a un’eccessiva ospedalizzazione e favorendo il privato a discapito del pubblico. Con un obiettivo a breve termine: il blocco della legge 23 del 2015, la riforma Maroni, che tra meno di due mesi termina il suo quinquennio di sperimentazione e non può certo essere confermata. E poi il commissariamento di chi in questi mesi ha gestito in maniera incapace e incompetente un’emergenza che ha solo accentuato, con conseguenze drammatiche, una stortura preesistente. Perché se la parola d’ordine è “Salviamo la Lombardia” di sicuro non può farlo chi l’ha ridotta così.

Sotto il grattacielo della Regione, l’altra manifestazione, che ha seguito il nostro inviato Luigi Ambrosio:

Il corteo alla fine ha circondato il grattacielo della regione Lombardia, alto e scintillante ma vuoto. Fontana e Gallera senza dubbio non avranno ascoltato le richieste di dimissioni, le accuse di aver gestito in maniera disastrosa la pandemia che venivano dalla piazza dei movimenti e delle Brigate di solidarietà, il cui orgoglio per il lavoro fatto in questi mesi è stato l’elemento chiave della giornata, assieme alla radicalità della denuncia, che non si ferma al presidente e al suo assessore. I quali, se nel frattempo non sarà stata cancellata, forse lunedì leggeranno la scritta a caratteri giganti che dice “cacciamoli” fatta a vernice bianca davanti all’ingresso della regione che somiglia a un’astronave. Non è la contrapposizione a Fontana e Gallera che ha diviso le due piazze. Anzi. Quello è stato l’elemento comune, il fattore che le ha unite. Quello che le ha divise è la profondità della critica al sistema della sanità che, per chi era davanti alla Regione, non esclude il Pd e il centrosinistra. Il disastro-covid, i morti, le sofferenze, hanno riempito due piazze, ma non hanno prodotto l’effetto di ridurre consolidate differenze politiche.

C’è stata anche una terza manifestazione, partecipata da circa 400 anarchici. In piazzale Loreto. Gli slogan: nessun ritorno alla normalità, libertà per tutti i detenuti.

La Mare Jonio verso Pozzallo con 67 naufraghi a bordo

Sta navigando verso il porto di Pozzallo, la nave Mare Jonio di Mediterranea, che ha soccorso 67 naufraghi. Resta invece senza indicazione di un porto sicuro la nave di Sea Watch, la ong tedesca. In tre diverse operazioni i volontari hanno soccorso 213 persone.
Alessandra Sciurba, portavoce di Mediterranea:


 

I documenti di Giulio Regeni arrivano in Italia

I documenti di Giulio Regeni sono nelle mani degli inquirenti italiani. Si tratta di passaporto e due tessere universitarie, documenti consegnati dalle autorità egiziane assieme ad una serie di oggetti che, secondo gli investigatori egiziani, appartenevano al ricercatore.
Ora è probabile che i genitori di Giulio vengano convocati dagli investigatori per effettuare un nuovo riconoscimento degli effetti personali arrivati dal Cairo nelle scorse ore. In passato Claudio e Paola Regeni, assisti dall’avvocato Alessandra Ballerini, hanno compiuto una perizia sulle foto dei presunti effetti personali del ricercatore da cui è emerso che solo i documenti di riconoscimento sono di Giulio mentre l’altro materiale, come ad esempio gli occhiali da donna e la droga, era funzionale ad avvalorare la falsa pista dell’omicidio a sfondo sessuale.
La consegna di questi effetti personali non ha alcuna valore dal punto di vista dell’inchiesta e neppure mostrano la volontà egiziana di iniziare a collaborare con la magistratura italiana.
Il primo luglio si terrà il vertice tra le procure italiane ed egiziane. Difficile che ci possa essere un cambiamento di atteggiamento da parte delle autorità de Il Cairo.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International:


 

Luca Palamara espulso dal sindacato dei giudici

Luca Palamara è stato giudicato “colpevole” dai colleghi dell’Associazione Nazionale Magistrati, con una sola astensione, ed è stato espulso dal sindacato dei giudici di cui è stato presidente tra il 2008 al 2012, ai tempi di Berlusconi e delle leggi ad personam.
L’ex pm di Roma, imputato di corruzione a Perugia ha chiesto di essere ascoltato dopo la pronuncia dei probiviri del sindacato dei giudici, ma i colleghi hanno detto di no.
La sua reazione, mentre attendeva davanti al palazzo di giustizia che ospita la Cassazione e al sesto piano la stessa Anm, è stata questa: “Mi è stato negato il diritto di parola, nemmeno nell’Inquisizione
Palamara aveva preparato un’autodifesa che era una chiamata in correo di molti altri magistrati, membri dell’Anm.
Ognuno aveva qualcosa da chiedere, ognuno riteneva di vantare più diritti degli altri, anche quelli che oggi si strappano le vesti – scrive Palamara nella sua memoria difensiva – “anche alcuni di quelli che ancora oggi siedono nell’attuale Comitato direttivo centrale e che forse troppo frettolosamente hanno rimosso il ricordo delle loro cene o dei loro incontri con i responsabili giustizia dei partiti politici di riferimento”.

Parole velenose che Palamara ha poi fatto conoscere alla stampa.
Luca Poniz, l’attuale presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, parlando in apertura dei lavori odierni del comitato direttivo centrale ha detto, citando il discorso di giovedì di Sergio Mattarella, che “esiste una gigantesca questione morale che riguarda il senso stesso della magistratura“.

USA, via libera alla pubblicazione del libro di John Bolton

(di Davide Mamone)

La pubblicazione del libro di John Bolton non può essere fermata. The Room Where It Happened, lo scritto in cui l’ex senior adviser di Donald Trump accusa il Presidente di aver chiesto supporto alla controparte cinese Xi Jinping per rivincere le elezioni di novembre, uscirà il 23 giugno. E a deciderlo è stato un giudice, che pur concedendo la pubblicazione dello scritto ha evidenziato le gravi responsabilità di Bolton che condividendo con il pubblico documenti riservati, si legge, ha esposto il suo paese e sé stesso a responsabilità civili e potenzialmente criminali.
Parole che hanno fatto twittare di soddisfazione Donald Trump, che si prepara proprio in queste ore al suo primo comizio dopo lo scoppio della crisi coronavirus. Il Presidente si trova in Oklahoma dove ad accoglierlo ci sarà una folla di almeno diciannovemila persone al BOK Center, l’arena all’interno della quale non verrà rispettata alcuna forma di distanziamento sociale e dove non ci sarà l’obbligo di portare la mascherina.
Il comizio arriva il giorno dopo l’anniversario della fine della schiavitù negli Stati Uniti e in una città Tulsa, dove il 31 maggio 1921 avvenne il massacro di centinaia di afroamericani per mano di un gruppo razzista di bianchi. Un comizio che arriva in un giorno non soddisfacente per la lotta contro la brutalità della polizia: in Minnesota, dove lo scorso venticinque maggio George Floyd ha perso la vita sotto il ginocchio di un agente, la Camera a maggioranza Dem e il Senato a maggioranza Repubblicana non hanno trovato un accordo per la riforma del dipartimento di polizia.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale

    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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