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Che cosa è successo oggi? – Mercoledì 29 aprile 2020

strade roma

Il racconto della giornata di mercoledì 29 aprile 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dall’analisi dei dati dell’epidemia di Vittorio Agnoletto allo scontro tra governo e Regioni sulla prima fase della riapertura, mentre il viceministro Sileri fa una precisazione su chi si potrà incontrare a partire dal 4 maggio. Gli Stati Uniti sono ufficialmente in recessione e il Libano è sempre più nel caos. Infine i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

L’analisi di Vittorio Agnoletto sui dati dell’epidemia diffusi oggi

(di Chiara Ronzani)

La curva di contagi e decessi per coronavirus in Italia continua a scendere lentamente. I nuovi positivi sono 2.086, 5 meno di ieri, mentre i morti sono stati 323, 59 in meno.
Continuano a calare i pazienti ricoverati e in terapia intensiva. Si amplia il divario tra nord e sud del Paese. In Lombardia sono stati superati i 75mila contagi accertati da inizio epidemia, i 25.800 in Piemonte e 25.100 in Emilia-Romagna, mentre in Molise e Basilicata oggi non ci sono stati nuovi casi e i totale è intorno ai 300.
I decessi in Lombardia sono stati 103, in leggero calo. Sono 3 le Regioni senza vittime oggi: Molise, Basilicata, Sicilia

Intanto si sta provando a ricostruire la prima fase dell’epidemia. E si è verificato che il virus ha viaggiato in modo sommerso per almeno 3 settimane. Secondo i tecnici della Lombardia il 26 gennaio in regione c’erano già almeno 546 contagiati. Su questo, il nostro collaboratore Vittorio Agnoletto:

 

Verso la fase 2 tra proteste e minacce di diffida

(di Anna Bredice)

Il 18 maggio potrebbe essere la data in cui le Regioni saranno autorizzate ad emettere ordinanze diverse e di maggiori aperture a seconda della soglia minima dei contagi, ma in queste due settimane, delicate perché inizierà il test della fase due, si rischia uno scontro tra governo e Regioni a suon di diffide.
Le Regioni guidate dal centrodestra, in prima fila quelle del Nord più colpite dal virus, chiedono di riaprire, chiedono al governo di preparare solo delle “cornici” nelle quali ogni Regione inserisce le proprie modalità, quello che alla fine potrebbe avvenire, ma solo tra 15 giorni, il 18 maggio, quando si capirà se la battaglia si sta vincendo e dove.
Il ministro Francesco Boccia ha avvertito le Regioni questa mattina chiedendo di essere coerenti con l’ultimo decreto, se ci saranno allargamenti e aperture non autorizzate, verrà chiesta una modifica, e se questa non arrivasse partirà una diffida, che potrebbe arrivare al Tar.
Le Regioni del centrodestra dal canto loro hanno evocato la Corte Costituzionale alla quale sono pronte a chiedere un giudizio sulla legittimità dei decreti di Conte. Una guerra a colpi di possibili diffide e sentenze, con il Presidente della regione Veneto Zaia in primo piano, pronto ad allargarsi ad altri permessi non previsti nel provvedimento del governo.
Domani Conte parlerà della fase due in Parlamento, e dovrà anche dire ciò che il ministro Speranza e il comitato scientifico stanno decidendo con le Regioni in queste ore, cioè come stabilire il monitoraggio quotidiano dei dati, con quali parametri e a chi compete intervenire se in alcune zone si assiste ad un aumento dei contagi, chi dovrebbe istituire una eventuale zona rossa? E in vista del 4 maggio quanti tamponi saranno fatti per tornare al lavoro in sicurezza?

Chi potremo incontrare dal 4 maggio?

(di Luigi Ambrosio)

Il sottosegretario alla salute, Sileri, dice che anche gli amici sono affetti stabili. Ma pone dei paletti: “Purché siano amici veri” ha detto.
Il governo torna così sul tema “chi possiamo incontrare”. Dopo che Conte, affermando che si sarebbe potuto andare a trovare solo “i congiunti”, aveva scatenato la polemica, il governo aveva precisato che il concetto di “congiunti” comprende anche “fidanzati e affetti stabili”.
Ora, si aggiunge la categoria degli “amici veri”.
È una modalità da paternalista, da genitore che si prende cura dei figli un po’ indisciplinati.
I cittadini italiani non sono bambini, sono persone adulte. Alle persone adulte si dice la verità. La verità è che i contatti sociali sono pericolosi. Contatti sociali che si potranno coltivare, mantenendo le distanze e prendendo misure di sicurezza. Sono le misure di sicurezza che contano, non il tenore delle relazioni.

Gli Stati Uniti sono in recessione

(di Roberto Festa)

Gli Stati Uniti sono ufficialmente in recessione. La contrazione del PIL del 4,8% nel primo trimestre 2020 è il peggior risultato dalla crisi del 2008 ma è comunque solo un primo effetto dell’emergenza COVID-19. Gran parte delle attività economiche hanno infatti chiuso nella seconda metà di marzo e quindi il vero crollo lo si registrerà con i prossimi dati. A giudizio di alcuni economisti, la contrazione del secondo trimestre potrebbe essere addirittura del 30%, una caduta che nella storia è avvenuta soltanto ai tempi della Grande Depressione.
Il problema vero è cosa succederà ora. Steven Mnuchin, il segretario al Tesoro, prevede una ripresa a partire dall’estate. Alcuni esperti sono meno ottimisti. Ritengono che prima che il sistema riparta a pieno ritmo bisognerà attendere almeno l’autunno. E comunque il PIL dovrebbe tornare ai livelli pre-pandemia soltanto nel 2022. Il dato sul prodotto interno lordo, insieme ai 26 milioni di nuovi disoccupati in cinque settimane, è destinato ad avere un sicuro contraccolpo sulla politica, alimentando le richieste di chi chiede una riapertura in tempi brevi delle attività economiche.

Proteste e scontri in Libano

(di Emanuele Valenti)

Se non ci faranno tornare subito al lavoro moriremo di fame“. È uno degli slogan che negli ultimi giorni i manifestanti libanesi hanno gridato alle forze di sicurezza schierate davanti a loro per bloccare le proteste che da domenica riempiono le principali città del paese, da Tripoli a nord, fino a Sidone a sud, passando per la capitale Beirut e alcuni centri nella valle della Bekaa, lungo il confine con la Siria.
Scontri e disordini con polizia ed esercito hanno fatto decine di feriti. La mobilitazione ha subito un’accelerazione martedì pomeriggio, dopo la morte di un giovane di 26 anni ferito la notte precedente a Tripoli, la città da dove è partita quest’ultima ondata di proteste. Con ogni probabilità l’uomo è stato colpito dal fuoco dei militari.
Il Paese è in un vero e proprio stato d’emergenza da parecchi mesi, dallo scorso autunno. Una grave crisi economica, l’insofferenza verso la corruzione e l’inadeguatezza della classe politica, la rabbia nei confronti di un sistema organizzato in maniera molto rigida seguendo le divisioni etnico-religiose – una formula che finora aveva garantito in linea di massima la governabilità e la convivenza tra le diverse anime del Paese e le sue tante comunità, ma che inevitabilmente sul lungo periodo ha bloccato sviluppo e crescita in tutti i settori, alimentando solo corruzione e clientelismo.
Da ottobre la piazza chiede cambiamenti radicali. La risposta delle autorità, per contenere la crisi economica, è stata un’ulteriormente stretta: per esempio grosse limitazioni al ritiro di denaro e niente dollari in circolazione. La svalutazione ha superato il 50% e l’inflazione è schizzata alle stelle. La crisi era stata provocata da un drastico calo degli investimenti stranieri e dalle rimesse degli uomini d’affari libanesi che vivono all’estero.
Secondo il governo oltre il 50% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, mentre il 60% va avanti grazie ai sussidi pubblici. Da alcune settimane il Libano è già in default, fallimento, visto che non è riuscito a ripagare il debito in valuta estera. Tutto questo, ricordiamo, nel terzo Paese più indebitato al Mondo ma dove da sempre girano un sacco di soldi.

Non è difficile capire per quale motivo il lockdown per contenere la pandemia da coronavirus – ufficialmente il Libano ha numeri molto bassi, 700/800 contagi e alcune decine di decessi – abbia provocato il caos. Le restrizioni sono già state allentate la scorsa settimana, ma per un Paese che in buona parte vive di economia informale non è sufficiente.
Rispetto ai mesi scorsi c’è stato poi uno sviluppo pericoloso. In questi giorni, per la prima volta, i manifestanti hanno attaccato l’Esercito, una delle poche istituzioni super partes in un Paese storicamente diviso.
Se pensiamo alla presenza di oltre un milione di profughi siriani, se ricordiamo che il Libano è uno dei teatri dello scontro tra potenze regionali – Iran e Arabia Saudita – e se non dimentichiamo la guerra civile 1975-1990, è ben chiaro come la situazione sia da monitorare con molta attenzione.
Il Libano rappresenta alla perfezione la dicotomia tra salute ed economia. Soprattutto perché come ha certificato questa settimana l’ILO, l’Organizzazione Mondiale del Lavoro, l’impatto più duro lo stanno sentendo coloro che lavorano nell’economia informale, esattamente come molti giovani libanesi che in questi giorni protestano nelle piazze del loro paese.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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