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Che cosa è successo oggi? – Mercoledì 10 giugno 2020

salvini selfie sovranisti

Il racconto della giornata di mercoledì 10 giugno 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia diffusi oggi al centrodestra che ha declinato l’invito agli Stati Generali convocati dal premier Conte, passando per le previsioni dell’Ocse sull’economia italiana. Il percorso di colonizzazione che ha portato la sanità lombarda ad essere ciò che è oggi e la decisione dei pm di Bergamo di sentire il premier Conte e i ministri Speranza e Lamorgese sulla mancata zona rossa nella bergamasca. Infine i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Nessun nuovo positivo in sette regioni, nessun decesso nelle ultime 24 ore in 10 regioni. I dati di oggi della Protezione Civile confermano la discesa dell’epidemia di coronavirus in Italia. Oggi vengono registrati oggi 202 nuovi contagi: c’è un rallentamento rispetto a ieri ed è il secondo incremento più basso dall’inizio dell’epidemia.
La metà dei nuovi positivi accertati si trova in Lombardia: sono 99. Dopo la Lombardia, seguono il Piemonte, l’Emilia Romagna e la Liguria. I decessi in Italia nelle ultime ventiquattro ore sono stati 77. Di questi, 32 in Lombardia.

Sono 249 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, 14 meno di ieri. Calano in tutta Italia tranne che in Lombardia, dove passano da 96 di ieri a 98, e in Abruzzo, dove passano da 4 a 5. I malati ricoverati con sintomi sono invece 4.320, con un calo di 261 rispetto a ieri, mentre quelli in isolamento domiciliare scendono a 27.141, con un calo di 887 rispetto a ieri.

Il centrodestra declina l’invito agli Stati Generali

(Di Anna Bredice)

L’unico invito certo, quello alle opposizioni, è stato declinato. Agli Stati generali che inizieranno venerdì il centrodestra non andrà, lo hanno deciso poco fa Salvini, Meloni e Tajani che hanno detto no a Conte chiedendogli invece di incontrarsi nelle sedi istituzionali. Un rifiuto per non legittimare un’iniziativa che agli occhi del centrodestra, ma anche di qualcuno nella maggioranza, darebbe solo maggiore potere e visibilità alla figura e al ruolo di Conte. All’interno del centrodestra non tutti erano convinti, Berlusconi avrebbe chiesto qualche giorno fa invece di partecipare. Il rapporto tra governo e centrodestra sulla gestione della crisi dovuta al coronavirus è sempre stato altalenante in questi mesi, nonostante gli appelli di Mattarella alla condivisione, soprattutto da parte della Lega, c’è sempre stata una collaborazione a metà. L’iniziativa a Villa Pamphili rischia quindi di iniziare già ridimensionata a livello politico, ci sono poi i dubbi della maggioranza, con il ministro dell’economia Gualtieri che sembra avere un ruolo marginale nella gestione di questi stati generali. Conte ha incontrato i ministri e da stasera separatamente i gruppi di maggioranza, ma quali obiettivi raggiungere e che idee avere dell’uso dei fondi che arriveranno non si nulla. Anche lo stesso Colao, autore del piano che sta facendo discutere per la mancanza di idee forti e invece l’esistenza della solita proposta di condono, non si sa nemmeno se sarà invitato, così come in attesa di un invito sono ancora i sindacati.

Le previsioni dell’Ocse sull’economia italiana

(Di Alessandro Principe)

Le previsioni dell’Ocse sull’economia italiana confermano: quest’anno il prodotto interno lordo avrà una caduta pesante, senza precedenti. Una situazione destinata ad aggravarsi se in autunno una nuova ondata di coronavirus dovesse imporre nuovi blocchi delle attività.
Meno 11,3%. Il crollo del Pil, secondo la previsione dell’Ocse, sarà quest’anno ancora più pesante rispetto alle stime dell’Istat. Ma c’è di più. C’è la fotografia di un paese che era già in sofferenza prima della pandemia. Lo stesso Istat aveva ricordato che, all’esplosione della crisi del coronavirus, l’economia Italia era in stagnazione. E dunque, da noi, le inevitabili conseguenze della situazione, colpiscono più duro. Se il 2020 è andato, è l’anno prossimo che l’Italia si gioca le sue chance di ripresa. L’Ocse elenca una serie di punti deboli che preesistono alla pandemia. A parte il debito pubblico che schizzerà ancora più in alto, ci sono proprio delle carenze del sistema paese che sono sempre state una zavorra. Eccone alcune: la pubblica amministrazione poco efficiente, il sistema giudiziario, soprattutto la giustizia civile, troppo lento, infrastrutture che l’Ocse definisce “vetuste”, il costo del lavoro troppo alto, la burocrazia. E ancora: gli scarsi investimenti della scuola e nell’innovazione, un sistema di protezione sociale debole: per l’Ocse, ad esempio, il reddito di cittadinanza, andrebbe potenziato. Non è solo questione di quanti soldi arriveranno dall’Europa. E del resto lo stesso accesso al fondo europeo è condizionato alla presentazione di un piano di riforme che vanno nella direzione suggerita dall’Ocse. L’avvertimento al governo, che si appresta ad aprire gli Stati Generali, è questo: l’Italia ha problemi antichi che l’hanno inchiodata a una crescita asfittica. Questa crisi è l’ultima chiamata: o si affrontano o non basterà nessun “Recovery fund”.

Zona rossa ad Alzano e Nembro, i pm sentiranno Conte, Lamorgese e Speranza

(Di Michele Migone)

È la tarda sera del 27 aprile. Giuseppe Conte è nel cortile della prefettura di Bergamo. È la prima visita del Presidente del Consiglio in Lombardia dopo lo scoppio dell’epidemia. Conte accetta di parlare con la stampa. La prima domanda: perché il governo non ha istituito la Zona Rossa ad Alzano Lombardo e Nembro? Conte risponde di aver ricevuto il parere favorevole del comitato tecnico scientifico il 5 marzo, ma di aver deciso due giorni dopo, il 7 marzo di trasformare l’intera Lombardia in Zona Rossa. Interviene una seconda cronista. Ma quella era una zona arancione, non rossa. Le attività produttive sono andate avanti, grida al presidente del consiglio. Conte, stizzito, le risponde gelido: se avrà ruoli di governo, scriverà lei i decreti. E se ne va. L’episodio è molto importante e andava ricordato. La questione è tutta lì. In quella domanda della giornalista. La Lombardia è stata in un lockdown ricco di molte deroghe, ma non è mai stata una Zona Rossa sigillata, come avrebbero dovuto essere Alzano e Nembro. È questa l’ambiguità su cui Conte ha sempre giocato per giustificare le sue scelte. È l’ambiguità dietro la quale si sono nascosti anche i vertici della Regione Lombardia per scaricare proprio su Conte la responsabilità di una mancata scelta, una scelta che in realtà Fontana e Gallera avrebbero potuto fare in totale autonomia. Gli strumenti c’erano. Conte, Lamorgese e Speranza dovranno fornire la loro versione ai magistrati. Spiegare perché hanno trattato Alzano e Nembro come il resto della Regione. Indicare se c’è stato qualcuno che a un certo punto abbia detto: inutile istituirla. E i magistrati dovranno invece capire se il discorso su quella Zona Rossa sia stato fatto cadere nel vuoto da tutti, dal Governo, ma anche dalla Regione, perché nessuna la voleva veramente. Come sappiamo da tempo gli imprenditori della zona non volevano chiudere le attività.

Venticinque anni di colonizzazione della Sanità Lombarda

(Di Fabio Fimiani)

Venticinque anni di potere continuo nella sanità lombarda grazie alle giunte del presidente Roberto Formigoni, con un’appendice anche all’inizio degli anni ’90, con l’assessore alla sanità Antonio Simone. È una colonizzazione quella avvenuta tra ospedali e ambulatori pubblici lombardi, ma anche nelle strutture private, peraltro spesso favorite anche dagli appalti pubblici, se non da leggi. Proprio per quella sui rimborsi delle prestazioni non quantificabili, lo scandalo della Fondazione Maugeri, sono stati coinvolti Formigoni e Simone, diventato nel frattempo imprenditore sanitario, e altri esponenti legati a Cl. I ciellini nella sanità in Lombardia sono un classico ovunque, anche nelle battute di spirito, non a caso nelle strutture pubbliche lombarde è difficile trovare medici ginecologi che praticano anche aborti, la gran parte sono obiettori di coscienza. Dal punto di vista manageriale i dirigenti regionali sono sempre stati preparati nei quasi vent’anni formigoniani, soprattutto a introdurre e realizzare la riforma del ’97. Dietro allo slogan della libera scelta tra strutture pubbliche e private accreditate, è avvenuta la trasformazione di un sistema sanitario con radici di quattro secoli, cui aggiungere i due di quello assistenziale.
C’è stata la sostanziale riduzione dei servizi territoriali e di prevenzione, e l’ospedalizzazione spinta come sistema di cura. Dal 90% di prestazione pubbliche e 10 dei privati accreditati, si è passati al
60 e 40. Nel 2015, dopo gli scandali che hanno travolto Formigoni, la riforma del presidente leghista Roberto Maroni avrebbe dovuto ripristinare i servizi territoriali. Dopo tante mediazioni nel centrodestra lombardo ne è uscita svuotata. La pandemia di COVID ha evidenziato proprio l’insufficienza dei servizi di prevenzione e territoriali, e l’ospedalizzazione spinta.
Unico cambio avvenuto quello con numerosi manager leghisti, decisamente meno preparati dei predecessori ciellini, che adesso ritornano alla guida dell’assessorato.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale

    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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