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Che cosa è successo oggi? – Martedì 5 maggio 2020

Protezione Civile

Il racconto della giornata di martedì 5 maggio 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia diffusi oggi e il commento di Luca Carra allo studio dell’Imperial College di Londra sui tre scenari ipotizzati per l’Italia. Il difficile cammino del decreto economico di maggio e la possibilità sanatoria per i migranti chiesa dalla Ministra dell’Agricoltura Bellanova. Il secondo giorno della Fase 2 a Milano e Bergamo, mentre alle porte di Napoli un incidente sul lavoro ha provocato una vittima. Il Regno Unito, intanto, si prepara a prolungare il lockdown. Infine i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

L’analisi dei dati dell’epidemia diffusi oggi

È stata una giornata positiva in cui contestualmente sono scesi i pazienti in terapia intensiva, i ricoverati, i malati in isolamento a casa. Sono anche diminuiti i nuovi positivi, sono 1.075. Quasi la metà dei quali – cinquecento – si trova nella Regione Lombardia, la più colpita, dove ci sono stati 95 morti. Il dato sui decessi è l’unico negativo della giornata, in totale sono stati 236, 41 in più di ieri.
Ci sono 6 Regioni in cui non ci sono state vittime: Valle D’Aosta, Umbria, Sardegna, Calabria, Molise e Basilicata. In due di queste, Valle d’Aosta e Molise, non ci sono stati nemmeno nuovi casi.

Secondo uno studio dell’Imperial College di Londra, l’Italia rischia fino a 23mila nuovi morti in due mesi se le persone riprenderanno a circolare a meno della metà di quanto era prima delle misure di contenimento.
I provvedimenti presi dal governo, secondo i ricercatori, hanno evitato almeno 320mila vittime.
Lo studio ipotizza tre scenari: con le stesse misure adottate fino a ieri, l’epidemia si estinguerebbe entro fine giugno; con un aumento della mobilità del 20% rispetto al lockdown ci sarebbero 3-5mila morti; con un aumento della mobilità del 40%, si potrebbe arrivare a 23mila morti in più.

Il commento di Luca Carra, direttore di Scienzainrete:

 

Il difficile cammino del decreto economico

(di Michele Migone)

Prima i sindacati e poi gli imprenditori sono stati chiamati da Giuseppe Conte per un confronto sul Decreto da 55 miliardi per il rilancio dell’economia italiana. Due incontri che potrebbero essere utili al Presidente del Consiglio per trovare una sintesi, o al contrario, potrebbero complicare una situazione che è già piuttosto ingarbugliata dalle divisioni all’interno della maggioranza. I nodi da sciogliere sono due. Il primo è il Reddito di Emergenza. C’è accordo sulla cifra (1 miliardo), ma non sul modo di distribuirla. I 5 Stelle vorrebbero un assegno per una platea di 2.5 milioni di famiglie per i prossimi 2-3 mesi. Italia Viva e il PD puntano ad una tantum per evitare che il provvedimento possa diventare strutturale. Non vogliono un secondo reddito di cittadinanza. L’altra questione è l’aiuto alle imprese. Non c’è accordo su ricapitalizzazioni con denaro pubblico delle aziende in crisi e sui prestiti a fondo perduto. I 5 Stelle vedono di buon occhio un intervento diretto dello Stato, Italia Viva vuole norme che garantiscano gli imprenditori, il PD media. Confindustria ha già fatto sapere di essere contraria a questa soluzione. Carlo Bonomi ha esortato il governo a dare i soldi alle imprese senza altri indugi, senza troppe alchimie. Ci penseranno poi gli imprenditori a risollevare l’economia, è stato il suo messaggio. Con lui sarà l’incontro più delicato. Dopo il duro attacco dell’altro giorno, le critiche per i ritardi, per i soldi dati a pioggia, Bonomi appare ora il capofila degli oppositori a Conte. Con i sindacati il nodo sono la cassa integrazione e gli stanziamenti per il trasporto pubblico.

Verso una sanatoria per i migranti

(di Anna Bredice)

Questa volta Italia Viva e Partito Democratico agiscono insieme per approvare già nel decreto economico previsto in settimana la norma che porti alla regolarizzazione di molti migranti in Italia, soprattutto coloro che lavorano nel settore agricolo. Agire insieme per superare la forte resistenza dei Cinque Stelle, che vorrebbero escludere questa norma dal decreto all’esame in queste ore, farla diventare una legge a sé, e in quel caso è evidente che i tempi si allungherebbero, con il rischio di non farne niente.
Per i grillini il tema dell’immigrazione subisce il riflesso del governo con Salvini, su quei temi non hanno mai avuto grandi divisioni con la Lega. Ma questa volta c’è un pezzo di maggioranza che vuole fare sul serio e l’urgenza di evitare l’estensione della pandemia in alcune zone dell’Italia ha dato un’accelerazione. È la Ministra dell’Agricoltura Bellanova, con il suo passato sindacale e politico nel settore bracciantile, a chiedere la regolarizzazione di almeno 600mila migranti. Il motivo è duplice, da un lato il bisogno di concedere un permesso di soggiorno di sei mesi, rinnovabile per altri sei, per dare a queste persone la possibilità di cercarsi un alloggio e soprattutto un’assistenza medica e sanitaria, lasciando baraccopoli, ghetti come quello di Borgo Mezzanone in Puglia, dove vivono ammassate 3mila persone e nello stesso tempo rendere regolare e di nuovo attivo il lavoro nei campi, tornando a raccogliere frutta e ortaggi che altrimenti potrebbero finire al macero, peggiorando la già difficile situazione economica del Paese.
Una regolarizzazione che, dopo gli anni dei decreti sicurezza e di leggi fatte solo nell’ottica dell’ordine pubblico, porterebbe ad una visione orientata ai diritti e all’inclusione. Il PD e Leu chiedono l’estensione anche alle colf e badanti, chi media cercando un accordo, che ricadrà su Conte, punta ad una riduzione del numero dei migranti regolarizzati, agendo solo nel settore agricolo e infine prevedendo che la richiesta di regolarizzazione parta dal datore di lavoro.

Fase 2, il secondo giorno a Milano

(di Fabio Fimiani)

Il centro ancora vuoto e silenzioso per il massiccio ricorso al telelavoro, gli sguardi concentrati dei pendolari sui treni, gli operai al lavoro per disegnare sull’asfalto le nuove piste ciclabili: il giorno due della fase due a Milano.
Rumori ovattati, movimenti lenti e sguardi concentrati. Milano sta proseguendo nella riapertura, anche se una parte della città non si era mai fermata per la pandemia Sars Cov2.
La gran parte degli uffici ha infatti mantenuto la modalità lavoro agile, consentendo così alle infrastrutture del trasporto pubblico di assicurare spostamenti in sicurezza, e alle strade di non essere congestionate. È chiaro che il 18 maggio con le ulteriori aperture ci sarà un’altra verifica, così quando scuole e università riapriranno.
Nelle stazioni ferroviarie e della metropolitana meno frequentate, e in molte strade, gli operai sono al lavoro per installare la segnaletica di separazione dei flussi pedonali o per tracciare le piste ciclabili di emergenza.
Le disposizioni di Regione e Comune sono rispettate con grande concentrazione. I pendolari si muovono lentamente e pensando a ogni passo, gli sguardi concentrati lo testimoniano, insieme alla voglia di sorridere agli operatori che verificano l’uso di mascherine per naso e bocca, e guanti per le mani, pronti a darne una nuova visto che durano poche ore.
Il simbolo del lavoro agile è il centro città. Vuoto e silenzioso come neanche in un agosto degli anni ’70. Nella Galleria Vittorio Emanuele solo un bar ha riaperto con la modalità dell’asporto, l’unica consentita. Camminando per il centro di Milano si vedono altre attività della ristorazione che si stanno preparando ad accogliere clienti. Numerosi cantieri edili della grande crescita pre Covid hanno ripreso a lavorare. Le chiacchiere e i pensieri sono però sempre per il coronavirus.

Bergamo, riapre l’aeroporto di Orio al Serio

Oggi dalla città arriva la notizia della riapertura, su disposizione del ministero dei trasporti, dell’aeroporto di Orio al Serio, finora riservato ai soli voli sanitari e di emergenza. Un annuncio che desta qualche preoccupazione in una zona che vive ancora in una fase acuta dell’epidemia. Paolo Barcella, docente di storia contemporanea all’università di Bergamo:

 

Un morto e due feriti in un incidente sul lavoro a Ottaviano (NA)

La fabbrica aveva riaperto ieri, oggi l’incidente sul lavoro costato la vita ad un operaio di 55 anni e due feriti. È accaduto alla Adler Plastic di Ottaviano, in provincia di Napoli, un’impresa di componenti in plastica e gomma. C’è stata una violentissima esplosione, seguita da un incendio. In aria si è levata una densa nube di fumo nero, visibile in tutta l’area vesuviana.
Lo scoppio è avvenuto nella zona dei forni, ma poi le fiamme si sono diffuse in tutta la fabbrica, compresi gli uffici. Alcune case della zona sono state danneggiate. Gli operai erano impegnati da ieri nella manutenzione, a ranghi ridotti, in previsione della riapertura completa.

La situazione COVID nel Regno Unito

(di Daniele Fisichella)

Le autorità britanniche cercano di scrollarsi di dosso questa etichetta scomoda, precisando che i paragoni con altri Paesi sono da evitare, perché esistono diversi criteri per contare le morti causate dal COVID-19, per esempio contando solo le vittime che erano risultate positive al test.
Tuttavia le statistiche evidenziano ancora una volta il fatto che il Regno Unito si sia fatto trovato impreparato per combattere il virus, e che le case di riposo private abbiano avuto una dotazione di materiali protettivi insufficiente.
Entro giovedì il Governo dovrà fornire le nuove indicazioni riguardo al lockdown, che dovrebbe essere esteso almeno per un paio di settimane anche se Boris Johnson dovrebbe fornire dei dettagli su quali attività potranno riaprire da inizio giugno.
Sarà importante anche il ruolo della app che verrà sperimentata questa settimana nell’Isola di Wight: se avrà successo nel tracciare chi è entrato in contatto con una persona ammalata di COVID, il suo uso potrebbe essere incentivato in tutto il Regno Unito già da questo mese.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Redazione
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