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“Ogni gesto violento va condannato”

Cécile Kyenge Kashetu, ex ministro per l’integrazione durante il governo di Enrico Letta e ora Eurodeputata per la circoscrizione Italia nord-orientale, è stata vittima di un’aggressione ai danni della sua abitazione in provincia di Modena. Ignoti, durante la notte, si sono introdotti nel giardino di casa sua e hanno vandalizzato le pareti esterne, arrivando anche a imbrattarle di escrementi.

Abbiamo raggiunto al telefono l’Eurodeputata per farci raccontare cosa è successo:

Lei vive in provincia di Modena, a Gaggio di Piano per la precisione, e l’altra notte è successa una cosa molto antipatica. Casa sua è stata imbrattata l’altra notte in un’aggressione, la possiamo definire così sicuramente, di stampo razzista. Lei come si sente, come ha reagito dopo questa cosa?

La prima cosa che devo fare è ringraziare tutte le persone che hanno manifestato una solidarietà enorme, immensa, e mi hanno fatto capire che c’è una maggioranza silenziosa che vede e apprezza tutto. Per la prima volta ero molto abbattuta, ho scritto anche un post, perchè ignoro le motivazioni di quel gesto. Trovarsi la mattina in quelle condizioni, qualunque siano state le motivazioni che hanno spinto una persona a fare una cosa del genere, ha violato il mio intimo privato e questo non lo auguro a nessuno. Il gesto di questa persona è un gesto da condannare. Lo ripeto, qualunque siano state le motivazioni che hanno spinto questa persona. Ritengo di poter dire che la solidarietà di tutte le persone ha aiutato me e la mia famiglia a poter reagire prontamente e soprattutto a denunciare, perchè noi abbiamo denunciato e su questo la Polizia e la Digos stanno andando avanti con le indagini. Mi sembra una cosa positiva, perchè ho specificato nel mio comunicato che noi pratichiamo comunque una vita verso il dialogo, verso la convivenza pacifica e questo ci contraddistingue anche nel nostro modo di vivere sia nel nostro quartiere sia per quanto riguarda la politica che porto avanti

Lei è stato ministro, oggi Eurodeputato. Che tipo di politica sta facendo al Parlamento Europeo?

Al Parlamento Europeo sono nella Commissione LIBE, la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, e mi occupo di immigrazione e asilo. Sono quella che ha scritto la strategia per il Parlamento Europeo su come gestire meglio immigrazione e asilo con delle proposte concrete, cioè a breve, medio o lungo termine, a partire dalle cause profonde che spingono le persone a muoversi e a lasciare il proprio Paese fino ad arrivare a una politica di accoglienza e di integrazione. Tutto questo combacia con un altro lavoro che è quello dello sviluppo e cooperazione internazionale allo sviluppo, gli strumenti per sostenere questo tipo di proposte e di politiche come il nuovo piano Marshall europeo che abbiamo messo in campo, e intervenire sulle cause profonde. E l’ultimo che mi porta maggiormente anche in Italia è la lotta al razzismo e alla discriminazione.

A suo parere è questo lavoro che ha mosso chi ha compiuto questa intimidazione?

Sì, collegarlo direttamente diventa complicato. Io ho fatto la denuncia proprio per accertarmi e far uscire fuori proprio le cause di tutto questo. È giunta la voce, ho letto questa mattina sul giornale, che un vicino di casa è andato ad auto-denunciarsi. Io lo trovo molto grave, soprattutto perchè il mio stile di vita e della mia famiglia è sempre stato quello del dialogo, mai litigato con nessuno, mai avuto problemi con nessuno. Io approfitto anche di questo spazio per poterlo dire: se c’erano delle motivazioni razziste o non razziste esistono altri strumenti di dialogo, uno suona il campanello e ne parla. Un gesto così è un gesto da condannare.

Quindi c’è un cittadino che si è autodenunciato?

Ho letto così sui giornali, ma non è andato alla polizia, è andato sui giornali. Molte volte possono anche essere i gesti di un folle per avere popolarità. Io cerco di non pronunciarmi e di aspettare i risultati della polizia. Nessuno può permettersi di andare a violare il privato intimo di una persona. Ripeto: non si è fermato fuori dai cancelli, ma è entrato dentro.

Le faccio una domanda di politica più generale. In riferimento al voto del 4 marzo e al risultato delle elezioni, come vede il futuro prossimo di questo Paese?

È difficile e complicato, anche perchè credo che il Paese si sia espresso votando per una coalizione che ha vinto e votando per un partito che è diventato il primo partito ed è giusto che siano loro a cercare una soluzione per formare un governo. È chiaro che il Partito Democratico ha perso e di questo ne prendiamo atto, è un’analisi che stiamo facendo al nostro interno. Qualunque decisione possiamo prendere, che sia quello che chiederà il Presidente Mattarella, noi dobbiamo ripartire dal nostro interno e dal nostro elettorato.

Dal un punto di vista sociale o culturale, questa scomparsa della sinistra sinistra, questa sconfitta grave del Partito Democratico, è un campanello d’allarme? Cioè lei vede un rischio di crescita di intolleranza e razzismo in questo Paese?

Sì, esatto. Questo ha cominciato a prendere un’ondata di massa dal 2013, quando sono stati sottovalutati alcuni segnali. È chiaro che scusare ogni gesto, anche il più folle possibile, equivale a legittimarlo. Ecco perchè io non sottovaluto nessuna piccola azione che va nella strada dell’illegale, che è sempre da condannare, e noi non abbiamo visto molti segnali. Da un’altra parte la crisi economica ha colpito tutti, sia i cittadini italiani sia le persone di origini straniere. La sinistra deve riuscire a comunicare, a dare delle proposte che devono mettere la persona al centro. Abbiamo fatto tanto, ma non è sufficiente. La sinistra deve tornare fuori, a testa alta, rincorrendo le risposte della destra, ma cercando di far capire che per noi la grande sfida è la sfida dell’integrazione e di una politica di inclusione che mette dentro tutti, indipendentemente dal colore della pelle e dall’origine. Una politica che deve andare a ridurre le disuguaglianze. Oggi le disuguaglianze sono profonde e i disagi si pagano. Molte volte le persone rispondono a una richiesta che magari non è quella convenzionale perchè dietro c’è un disagio enorme. E noi dobbiamo cercare di rispondere. Se la sinistra scompare, molti problemi come il razzismo e la discriminazione aumentano perchè le persone si sentono legittimate ad escludere il diverso.

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    Il grande flop delle case della salute. Solo il 5% è pienamente funzionante. La denuncia del Pd lombardo

    Dovevano essere i presidi con cui ricostruire la sanità sul territorio in Lombardia, ma finora le case di comunità sono state un flop. 216 sono quelle previste entro la scadenza dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che arriverà a giugno 2026. Al momento 140 hanno aperto, ma solo otto in tutta la regione (sei in provincia di Bergamo e due nel varesotto) hanno tutti i requisiti obbligatori previsti dalla legge. In totale sono meno del 6 percento. La denuncia è del gruppo consiliare del Partito democratico lombardo che ha fatto un accesso agli atti alla direzione generale Welfare per ognuna delle case di comunità attive in Lombardia. L’assessorato ha replicato che i numeri diffusi “sono usati in modo difforme dalla realtà. Le rilevazioni mostrano percentuali elevate di attuazione per la maggior parte dei servizi obbligatori”. Per il capogruppo del Pd al Pirellone, Pierfrancesco Majorino, “Regione Lombardia è in colpevole ritardo”.

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