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Bollorè fermato per sospetta corruzione

Vincent Bollorè

Vincent Bollorè, imprenditore miliardario, azionista di Tim, Mediaset e secondo azionista di Mediobanca, è stato fermato in Francia con l’accusa di aver corrotto funzionari pubblici stranieri.

Secondo i magistrati, il gruppo del magnate bretone avrebbe avrebbe usato la sua filiale pubblicitaria Havas per sostenere i leader di Guinea Conakry e Togo e ottenere in cambio la gestione dei porti di Conakry e Lomé, scali cruciali per il traffico marittimo di tutta l’Africa Occidentale dato che porti come Lagos, in Nigeria, e Abidjan, in Costa d’Avorio sono più complicati, il primo per la corruzione e la violenza, il secondo perché dieci anni di guerra civile lo hanno reso obsoleto. Anche in questo caso è Bollore che lo sta rimodernando. Già nel 2016, la sede del gruppo Bolloré Africa Logistics era stata oggetto di una perquisizione nell’ambito dell’inchiesta aperta nel luglio 2012.

L’Africa è Bollorè e Bollorè è l’Africa. L’Africa è il «territorio» di Bollorè. In tutto il continente non si contano le concessioni, le grandi opere, i mega investimenti del gruppo che ha praticamente influenzato, con le sue enormi capacità finanziarie, la politica, l’economia. Le relazioni (economiche, commerciali, di potere) tra la Francia e l’Africa, la cosiddetta «FrançAfrique», è in qualche modo il frutto degli interventi di Bollorè in Africa.

«FrançAfrique» è il legame stretto che la vecchia Madre Patria ha mantenuto con le ex colonie africane anche dopo la fine del colonialismo. Un lascito politico che Parigi ha perseguito e applicato in Africa con il contributo di politici e imprenditori. Il principale, il capo fila è stato Bollorè.

Oggi si scopre, e del resto in molti lo sospettavano, che probabilmente quel rapporto non sempre si è giocato con regole lecite. Il caso della Guinea e del Togo è probabilmente un esempio di quelli che sono state le relazioni della FrancAfrique. In cambio del sostegno del potente gruppo francese i presidenti potevano agilmente pagarsi campagne elettorali e avere dalla loro parte Parigi. Ma dovevano concedere appalti, diritti di sfruttamento e di commercializzazione. I benefici erano chiari: i presidenti potevano rimanere al potere e la Francia otteneva commesse. Commesse che vogliono dire lavoro, occupati, flusso di capitali in patria. Ora sembra che i magistrati abbiano alzato il coperchio.

Vincent Bollorè
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    Raffaele Masto
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    1) “Il mondo non deve lasciarsi ingannare: a Gaza il genocidio non è finito”. Il nuovo rapporto di Amnesty International ci chiede di non voltare la faccia dall’altra parte. (Riccardo Noury - Amnesty Italia) 2) Negligenza e corruzione. Cosa c’è dietro l’incendio del complesso residenziale di Hong Kong costato la vita a decine di persone. (Ilaria Maria Sala, giornalista e scrittrice) 3) Stati Uniti, l’attacco di Washington potrà avere effetti a lungo termine sulle politiche migratorie dell’amministrazione Trump e sulla vita di migliaia di migranti. (Roberto Festa) 4) Francia, dall’estate 2026 torna il servizio militare volontario. Il presidente Macron ha annunciato oggi quello che sembra più che altro un segnale politico e strategico. (Francesco Giorgini) 5) Spagna, una marea di studenti e professori in piazza a Madrid contro i tagli alle università pubbliche. La regione della capitale, guidata dalla destra, è quella che spende meno per gli studenti in tutto il paese. (Giulio Maria Piantedosi) 6) World Music. Entre Ilhas, l’album che celebra diversità e affinità musicali degli arcipelaghi della Macaronesia. (Marcello Lorrai)

    Esteri - 27-11-2025

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    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

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    A Gaza il genocidio non è finito

    A oltre un mese dall’annuncio del cessate il fuoco nella striscia di Gaza, le autorità israeliane stanno ancora commettendo il crimine di genocidio nei confronti della popolazione palestinese. Un nuovo rapporto di Amnesty International, che contiene un’analisi giuridica del genocidio in atto e testimonianze di abitanti della Striscia di Gaza e di personale medico e umanitario, evidenzia come Israele stia continuando a sottoporre deliberatamente la popolazione della Striscia a condizioni di vita volte a provocare la sua distruzione fisica, senza alcun segnale di un cambiamento nelle loro intenzioni. Martina Stefanoni ne ha parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

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    Poveri ma belli di giovedì 27/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 27-11-2025

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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