L'Ambrosiano

Piazze, teatri, cittadini

Roma, piazza San Giovanni: in duecentomila sono accorsi per ritrovare “la via maestra” della Costituzione; tutt’Italia: per la prima volta in 135 teatri contemporaneamente s’è condivisa la tragedia dei quasi duemila morti provocati a Longarone 60 anni fa da ingordigia di danaro, potere, latitanza di etica privata e pubblica. Tra sabato 7 e lunedì 9 una scossa ha attraversato il Paese, la democrazia ha battuto un colpo, è emersa dall’ottundimento, s’è ripresa spazi. L’Italia può non essere solo la Bestia social che cerca di distruggere una donna magistrato (Salvini avrebbe usato identico accanimento se a bocciare il decreto “pizzo di Stato” sui migranti il giudice fosse stato un maschio?), che punta a intimidire la Magistratura tutta; né può ridursi a una Premier che rifiuta il confronto e scarica sul CNEL il ruolo di killer del salario minimo. «Ci sono momenti in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un dovere, un imperativo etico. Sono qui con voi per proteggere la Costituzione, come cittadino, come italiano, come sacerdote»: dal palco della manifestazione di CGIL e di decine d’altre associazioni lo ha detto don Ciotti, il prete che vive sotto scorta per le battaglie antimafia di Libera, fondatore del Gruppo Abele da 40 anni al lavoro per «saldare l’accoglienza con la politica e la cultura». L’Italia c’è dunque, un’Italia della sorgività democratica (la Costituzione antifascista), della memoria (il Vajont archetipo di tutti i moniti), dell’attualità; un’Italia che torna a ritrovarsi, a scendere in piazza, a parlare di diritti civili e sociali, di bisogni che hanno nomi precisi: sanità pubblica (prevenzione, cura, medicina di base, sicurezza nei cantieri e nelle fabbriche), scuola, lavoro dignitoso e pagato il giusto, di casa (edilizia residenziale pubblica e alloggi per studenti), di salvaguardia del territorio, di giovani. Mario Apollonio definì il teatro «luogo dove si dispongono e si precorrono le partecipazioni attive». Il grande studioso di drammaturgia nel 1947 creò a Miano con Strehler e Grassi il Piccolo Teatro, motore civile e culturale della Ricostruzione. Teatri, piazze, cultura, socialità, arte ora come allora per una cittadinanza attiva ritrovata ed una nuova Italia.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Il genere horror governato con maestria, una suspense contagiosa, un ritmo sapiente che coinvolge lettori e lettrici di varia provenienza, ma non solo… “La notte devastata”, romanzo del celebre scrittore francese Jean Baptiste Del Amo, uscito da poco per Feltrinelli Gramma, si addentra nella mente e nelle fragilità di un gruppo di adolescenti di provincia, che vivono negli anni ‘90 in un sobborgo poco entusiasmante di Tolosa, e che cercano la sfida come strumento di auto autoaffermazione. Fino a esplorare una casa maledetta, un classico dell’horror, e ad assistere alla morte violenta di uno di loro. Sul sottofondo dei Nirvana e dei Metallica, Del Amo ci rivela un tempo e un luogo della Francia ancora poco esplorati dalla letteratura. Jean Paul Del Amo è stato ospite di Ira Rubini durante una delle dirette dal Castello Sforzesco di Radio Popolare a Bookcity 2025.

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    In Sardegna quattro operai sono saliti per protesta su un silo a circa 40 metri di altezza, nel contesto della lunghissima vertenza che riguarda la Eurallumina di Portovesme, nel Sulcis. Cgil, Cisl e Uil di categoria sostengono l’iniziativa e spiegano che c’è stata un’assemblea ai cancelli dello stabilimento, dove è stato proclamato uno “stato di mobilitazione generale”. I sindacati chiedono lo sblocco di fondi pubblici che sarebbero necessari per far proseguire l’attività dell’azienda, controllata da una società russa e colpita dalle sanzioni legate all’invasione dell’Ucraina. Enrico Pulisci è uno dei lavoratori che si trovano a 40 metri di altezza.

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