Breaking Dad

“Papà, ma tu dov’eri?”

“Noi eravamo nati?”

“Se sono passati 20 anni, secondo te eravamo nati? C’ho vent’anni io?”

Francesco mette il fratello davanti all’evidenza: non erano nati. Però lo sanno – più o meno – cosa successe quel giorno. Hanno visto i video, le foto, le prime pagine dei giornali del mondo sul numero speciale di Internazionale, appena ritirato nella cassetta della posta. Due grattacieli, due aerei, il fuoco, il fumo, le facce stravolte, le divise dei pompieri ricoperte di polvere.

Francesco – che si prepara al debutto alle Scuole Superiori – va sullo specifico. “Senti – mi chiede – ma Bin Laden era il capo dell’Isis, giusto?”

“No, Franci, era il capo di Al Qaeda. L’Isis non c’era ancora”.

“Ah ok. E che differenza c’è tra le due? E Al Qaeda che fine ha fatto?”

Ehm…

Fabrizio – che ha appena finito i compiti delle vacanze e lunedì comincerà la quinta Elementare – vuole approfondire. “Quanti morti ci sono stati?”. “Tanti, Fabri: circa tremila”. “Come hanno fatto a dirottare gli aerei?”.

Una domanda dopo l’altra, provo a raccontare, a spiegare. Guardiamo dei video su YouTube. Cerchiamo il titolo dei film su quel giorno.

Poi, viene fuori quella più naturale: ma tu, papà, dov’eri, cosa stavi facendo?

E pazienza se è banale, se è diventato un format  – “tu-dove-eri-quel-giorno” – , se messo sui giornali suona un po’ come un giochino. Tutto vero. Ma quando un bambino resta tanto colpito da un fatto, che nella sua testa è quasi come una favola antica, eppure è vero, non c’è dubbio, ha visto le foto… bè lo vuole sapere dov’era il papà.

E così il papà tira fuori metaforicamente la pipa, le luci si attenuano come per magia, il tono della voce si abbassa. Insomma, mi tocca il ruolo del vecchio che racconta una storia della gioventù. Un po’ come quando mia nonna mi raccontava delle sirene che lanciavano l’allarme per i bombardamenti sulla città.

Cari bambini, dovete sapere che tanto, tanto tempo fa…

Il racconto diverte i ragazzi: in effetti, il singolare episodio del furto dell’auto subìto proprio quel mattino, ha un ché di fatale e grottesco. E le pratiche dell’assicurazione fatte in redazione – anche se ci hai appena messo piede, stai facendo il tuo primo stage –  perché lì c’è la stampante. E mentre si prende un caffè alle macchinette, in tv compare un grattacielo col fuoco sopra. E’ New York, sì, sì. E non si capisce. E poi si capisce. E poi in diretta lo vediamo tutti il secondo aereo che si schianta. E le urla del Direttore Piero: “In onda, in onda, subito, subito!!!”.

E insomma, la storia piace ai ragazzi. In qualche momento mi viene la pelle d’oca, mi interrompo per bere un bicchiere di acqua.

“Era Trump il capo degli Stati Uniti?”

“No, si chiamava Bush”

“Era vecchio?”

“No, no, era piuttosto giovane. Era il figlio, lui…”

“Ma quanti ce n’erano di Bush, scusa?”

“Eh, un po’ troppi”

E poi Francesco fa: “Ma pensa, sono passati vent’anni e adesso in Afghanistan ci sono un’altra volta i Talebani. Non è che la guerra è servita a tanto, vero?”.

“Papi, chi sono i Talebani? Ah, sì sono quelli che non vogliono che ascolti la musica, tipo la trap, e se sei una donna devi stare in casa, giusto?”

“Sì, Fabri, sono loro”.

Insomma, è l’11 settembre 2021, sono passati vent’anni. E’ sabato e tra due giorni cominciano la Quinta Elementare e la Prima Superiore. Passaggi importanti. Francesco è molto emozionato e lo sono anch’io. Ha comperato lo zaino, abbiamo fatto la tessera dei mezzi, che è un po’ come una patente che sei diventato grande. Ha già studiato il percorso da casa al Liceo. Fabrizio, invece, ha un po’ di paura perché sarà l’ultimo anno da bimbo, con la sua maestra e i suoi amici. Ma c’è tempo.

Cominciano la scuola, il calcio, la chitarra, forse pure la batteria – con relative chat dei genitori (!) – comincia “me lo vai a prendere tu per favore?” e “fanno merenda da me”; “hai studiato?” e “stasera pizza!”. E’ l’11 settembre ed è l’ultimo weekend dell’anno. Altro che il primo gennaio: il nuovo anno inizia qui.

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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