Breaking Dad

La febbre del sabato sera

Sabato sera, ore 22.35. Autostrada A4, direzione Cormano. Cosa ci faccio qui? Ho mal di testa, il naso completamente tappato e nello stesso tempo gocciolante (ma come fa a essere entrambe le cose contemporaneamente?). Ho i brividi, gli occhi sono due fessure (a tratti una, in realtà: si danno il cambio). Eppure era cominciata diversamente.

 

Papà, posso andare a dormire dal mio amico, domani sera? Daaaai….”

“Può venire Fabri a dormire da me domani sera? Daaaai….”

“Senti, Fabri viene da noi domani sera? Per me no problem, poi lo vieni a prendere il mattino”

Tre indizi fanno una prova che non si può confutare: Fabrizio andrà a dormire dal suo amico. Va bene, ottimo. Potrò dedicare la serata a suo fratello, Francesco, che è grande ormai (anche se nella mia testa ha appena smesso di guardare Peppa Pig) e di certo sarà ben felice di una bella cena e chiacchierata con il maschio adulto di riferimento, che sarei io. “Vedi Franci, la vita, a volte,… ma passami il whisky mentre io metto su questo vinile di jazz…”    E invece.

“Papà, io domani sera vado al compleanno di Tizio-che-fa-musica-con-me”

“Ma… di sera?”

“Sì, certo”

Il whiskey resterà in dispensa, il vinile fermo, la voce non assumerà il tono da Humphrey Bogart che avevo immaginato. Sarà per un’altra volta.

La festa a cui è stato invitato è un inedito assoluto. Non si svolgerà al parchetto, con i tavolini del pic-nic, e nemmeno a casa dei nonni del festeggiato, che hanno fatto la torta e comperato la tovaglia di carta dei Super Eroi. Macché. Sarà nel salone di un albergo di un noto Corso del centro di Milano. Ma sei sicuro Franci? Sì, è sicuro. A mezzanotte finiscono. Oh, sollievo, un limite orario a questa sfacciata ostentazione di crescita repentina. A mezzanotte ci sarò, ti vengo a prendere, tanto Fabri dorme dal suo amico. In macchina sono dieci minuti.

Nel frattempo, mentre tutto questo accade, il capo dei capi dei rhinovirus –  che non aveva evidentemente niente di meglio da fare – decide di infilarsi nelle mie vie aeree e fare un po’ il cavolo che gli pare. Nel giro di un paio d’ore capitolo e divento come quello della pubblicità dell’aspirina con la voce intasata, la copertina sulle gambe, i termometro in bocca. Ma proprio quando sto per vergare le mie ultime volontà, realizzo: questa sera sarò solo! Fabri dall’amico, Franci alla festa. Sarò in silenzio. In penombra. Al calduccio. Allora posso farcela!

Alle 20.30 tutto è compiuto. Figlio medio-piccolo sta divorando una pizza davanti alla playstation a casa del suo amico (“qui tutto bene, papà!), Figlio medio-grande sta cenando e mi ha appena mandato la foto di un risotto elegantemente impiattato (“oh papà, ci sono i camerieri!)”.

Io mi sto godendo la quiete che mi dà forza per combattere contro Rhino, che però resiste, malefico. Non sto benissimo, per la verità. Ma queste tre ore al caldo faranno la differenza. Ce la posso fare.

La telefonata arriva alle 22. Fabri la prende larga. “Papà come stai? Io bene. La pizza era buona… però… ho nostalgia…”. La voce barcolla. Tre, due, uno. “Vieni a prendermi?”. Il dio del Raffreddore guarda giù e ghigna, sadico. No, no, non può essere vero! E non è giusto: mi opporrò, farò ricorso alla Corte Internazionale dei diritti dei papà.

Ma certo, Fabri, mi vesto e arrivo”.

E così, eccomi qua, nel posto dove ogni uomo con il naso costipato, gli occhi arrossati e la testa che pulsa vorrebbe trovarsi alle dieci e mezzo di sera, a novembre. Sulla tangenziale. E cosa c’è di meglio? Ho i brividi. Alzo il riscaldamento ma ho freddo lo stesso.

Ah, nel frattempo ho aggiornato Franci. Perché la situazione si complica. A mezzanotte il figlio medio-piccolo sarà addormentato. Come faccio ad andare all’albergo a prendere il festaiolo? “Non c’è problema, prendo un taxi”. Ma sei sicuro, figlio medio-grande? E’ sicuro. La sua serata, già eccezionale, del resto, si arricchisce così di un finale quasi hollywoodiano.  “Segua quella macchina”, disse al tassista uscendo in smoking dal party nell’hotel…

Epilogo. A mezzanotte e mezza dormono. Fabri felice di essere a casa, Franci galvanizzato dalla sua serata straordinaria. Io sono inebetito sul divano. Annaspo. Prima di trovare la forza di alzarmi e andarmi a lavare i denti, penso: la cosa importante, in fondo, non è essere sulla tangenziale con la testa che ti scoppia e un taxi da organizzare. Ma avere qualcuno per cui valga la pena di farlo.

  • Alessandro Principe

    Mi chiamo Alessandro. E, fin qui, nulla di strano. Già “Principe”, mi ha attirato centinaia di battutine, anche di perfetti sconosciuti. Faccio il giornalista, il chitarrista, il cuoco, lo scrittore, l’alpinista, il maratoneta, il biografo di Paul McCartney, il manager di Vasco Rossi e, mi pare, qualcos’altro. Cioè, in realtà faccio solo il giornalista, per davvero. Il resto più che altro è un’aspirazione. Si, bè, due libri li ho pubblicati sul serio, qualche corsetta la faccio. Ma Paul non mi risponde al telefono, lo devo ammettere. Ah, ci sarebbe anche un’altra cosa, quella sì. Ci sono due bambini che ogni giorno mi fanno dannare e divertire. Ecco, faccio il loro papà.

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