Appunti sulla mondialità

Il dorato mondo delle imprese woke

Non è una novità che si discuta del “ruolo sociale” delle imprese. Ma un’impresa, soprattutto se multinazionale, deve davvero avere un ruolo sociale? E che cosa si intende, in concreto, con questa espressione? Domande che sorgono spontanee quando si osserva che tutte le imprese incluse dalla rivista Fortune nella lista delle 100 più importanti al mondo hanno almeno un programma dedicato alla diversità, all’uguaglianza e all’inclusione. Non importa di che cosa si occupino, né dove e come operino: sono tutte dichiaratamente schierate contro il razzismo e le discriminazioni basate sulla religione o sull’identità sessuale, e a favore dell’inclusione. Tutto molto roseo, tutto molto woke, come usano dire negli Stati Uniti, usando un termine che in origine era un doveroso invito a non abbassare la guardia nei confronti delle ingiustizie sociali o razziali, ma che poi ha assunto significati di crescente rigidità morale, spesso con derive censorie. È una logica che non soltanto permea la retorica delle grandi aziende, ma detta legge anche in ambito accademico, dove la libertà di espressione sta subendo limitazioni in base ai dettami sempre più stringenti del politically correct e la carriera professionale di un docente può dipendere più dall’appartenenza a una qualche minoranza che dalle sue reali capacità e competenze.

Nel mondo delle imprese, la logica woke stride rispetto all’atteggiamento mostrato verso il diritto principale dei lavoratori, quello relativo al reddito, alla sicurezza e alle condizioni di impiego, spesso calpestato nel silenzio generale. È un ambito, questo, sistematicamente escluso dalle intenzioni “altruistiche” di quelle stesse compagnie che ostentano la massima attenzione verso temi quali l’opportunità (in sé più che giusta, sia chiaro) di allestire bagni specifici per le persone transessuali, non mettono minimamente in discussione il loro modello di business: un modello che favorisce solo gli azionisti a discapito sia dei lavoratori sia dei consumatori e della comunità in generale. Per non parlare delle ipocrisie sull’impatto reale dei processi produttivi sull’ambiente e sul cambiamento climatico. Oggi, sui social e sui loro siti, le multinazionali che estraggono e commercializzano fonti energetiche fossili si presentano quasi come associazioni ambientaliste. Tutto è sostenibile, tutto è parte della transizione verso un mondo migliore… Ma non si trovano mai informazioni sui rapporti di queste aziende con le comunità locali dei territori dove il petrolio e il gas vengono estratti, né si parla del pesante lavoro di lobbying fatto in sede internazionale per rimandare sine die la transizione energetica.

Il mondo delle imprese woke si sposa perfettamente con quello delle imprese culturali globali, come le piattaforme che presentano serie TV e film in streaming. Anche qui si racconta una società nella quale ogni differenza è stata abolita, dove di default devono esserci sempre personaggi di tutte le etnie, anche in situazioni storiche improbabili. Questo mondo ideale si infrange contro la realtà quotidiana degli Stati Uniti, dove se un ragazzo di colore esce la sera per divertirsi, i genitori restano in ansia perché temono non tanto che possa essere derubato, quanto fermato dalla polizia, come ebbe a denunciare Barack Obama. Ed è questo il punto: l’approccio woke usato da multinazionali e media globali per prevenire critiche nei loro confronti è solo maquillage, non intacca minimamente la struttura di una realtà che rimane profondamente diversa. Mentre in una serie TV alla corte di Maria Antonietta ci possono stare aristocratiche di pelle scura, nella realtà gli afroamericani continuano a trovarsi ai gradini più bassi della società. E nessuno racconta come e perché siano aumentate in modo smisurato le retribuzioni dei CEO, mentre il lavoro subordinato non è più garanzia di una vita decente.

Il mondo delle imprese woke sta diventando stucchevole e l’inganno ormai è evidente: puntare tutto sui diritti individuali per evitare di parlare di diritti collettivi. Una tecnica innovativa che ha retto a lungo, ma che oggi pare avere i giorni contati.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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    L’esercito israeliano ha lanciato questa notte l’invasione di terra su Gaza City. Da ieri i carri armati sono entrati nel cuore della principale città della striscia, e i bombardamenti hanno colpito senza sosta strade, case, infrastrutture. Da questa mattina, i morti sono 89. Centinaia di migliaia di persone vivono ancora nella città. Migliaia di persone stanno invece cercando di fuggire, in un esodo verso un sud che non ha più spazio per ospitarli. Il servizio di Valeria Schroter.

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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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    Le Guthrie Family Singers portano avanti il messaggio di umanità del nonno Woody

    “E’ stato bello rendersi conto che la figura di Woodie Guthrie è ancora molto viva anche fuori dagli Stati Uniti”, racconta Sarah Lee, nipote dell’icona folk americana. “Le problematiche di cui cantava lui ottant’anni fa sono ancora attuali”, riferendosi al tema dell’immigrazione e alla difficile situazione al confine con il Messico. Con la sua musica Woody Guthrie "affrontava un concetto molto basilare di umanità e speranza, ovvero il trattare le persone come persone, aiutandosi a vicenda nei momenti di difficoltà": lo stesso messaggio che ora le Guthrie Family Singers vogliono portare avanti. Ascolta l’intervista di Elisa Graci alle Guthrie Family Singers.

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    Poveri ma belli di martedì 16/09/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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