Approfondimenti

Il cuore dell’arte nera

Il grande punto di forza di Dak’Art sta nella sua continuità, e nella sua sostanziale unicità nel panorama dell’Africa subsahariana: nell’ultimo quarto di secolo diverse manifestazioni dedicate all’arte contemporanea sono nate in Africa nera, anche in Paesi con maggiori risorse del Senegal, come per esempio la biennale di Johannesburg in Sudafrica e la triennale di Luanda in Angola, ma sono durate lo spazio di un mattino.

La Biennale di Dakar nel frattempo ha invece accumulato edizioni – il 3 maggio si è inaugurata la dodicesima – e nel nuovo millennio è sempre tornata regolarmente ogni due anni, anche resistendo a venti e maree. Nel maggio 2012 era riuscita ad essere puntuale anche subito dopo il difficile periodo che il Senegal aveva attraversato, con la rivolta contro la ricandidatura alla presidenza di Abdoulaye Wade e poi le elezioni che avevano visto la sua sconfitta: l’edizione 2012 di Dak’Art – con un governo senegalese alle prese con pesanti problemi di budget, dopo che Wade e suo figlio Karim (quest’ultimo attualmente in galera) avevano svuotato le casse dello Stato – aveva dovuto fare i conti con una grave carenza di risorse, ma, anche se in tono minore, Dak’Art poteva andare ben orgogliosa di avere tenuto la posizione.

Dak’Art 2014 si è presentata poi come una edizione caratterizzata dalla volontà di rilancio, con addirittura l’ambizione piuttosto esplicita di mirare ad inserire Dakar nel grande circuito gobale delle biennali, in modo anche da raccogliere tutte le ricadute materiali e simboliche di cui le maggiori manifestazioni di arte contemporanea sono portatrici. Diverse iniziative del direttore dell’edizione 2014 Boubacar Diop puntavano a cominciare a creare delle premesse per la concretizzazione di un’aspirazione di questo genere. Alla selezione di arte africana e della diaspora era stata restituita una apprezzabile consistenza e brillantezza ed era stata data collocazione in un nuovo e più ampio spazio; nel giardino botanico dell’università era stata data vita – idea à la page ma anche capace di creare curiosità per la Biennale fra gli studenti – ad una serie di suggestive opere effimere; e con importanti retrospettive di figure storiche dell’arte moderna e contemporanea senegalese era stato posto con forza il problema della mancanza a Dakar di una sede permanente per l’arte contemporanea: una assenza stridente non solo con l’ormai lunga esistenza della biennale, ma anche con la tradizione culturale e artistica di Dakar, e specificamente con una storia espositive precedente la biennale, con le grandi mostre (fra cui Picasso) proposte sotto la presidenza Senghor al Musée Dinamique.

Dakart

Frutto di donazioni allo Stato senegalese e del rientro in Senegal per l’occasione di rilevanti patrimoni di opere (strordinario quello del compianto scultore Mustapha Dimé, battistrada della più innovativa arte contemporanea senegalese), le retrospettive sottolineavano la questione dell’accessibilità del lavoro dei maggiori artisti senegalesi al pubbico del loro Paese: e con questa allusione/preludio ad un museo di arte contemporanea convergeva l’esposizione dedicata dalla società Eiffage a Ousmane Sow, il più grande scultore africano vivente, cittadino di Dakar, ma le cui opere in città non ci sono.

La scelta come direttore artistico per questa edizione 2016 di Simon Njami sembra confermare l’intenzione di far crescere Dak’Art come riferimento non solo per il continente ma globale. Nato in Svizzera, di origine camerunese, parigino di adozione, Njami è stato uno degli animatori della Revue Noire, una sofisticata rivista che ha avuto non poca importanza nella promozione a livello internazionale dell’arte contemporanea africana; è stato fra l’altro responsabile della Biennale di fotografia di Bamako, in Mali; e negli ultimi anni ha curato una mostra che ha avuto molta fortuna, in cui ha fatto dialogare artisti africani con la Divina Commedia: in estrema sintesi Njami è il curatore di origine africana più importante a livello internazionale dopo Okwui Enwezor, che ha diretto l’ultima Biennale di Venezia. E tuttavia proprio una direzione cosi di prestigio rende per contrasto ancora più evidenti i limiti che permangono in Dak’Art, per certi versi – Njami è stato incaricato piuttosto tardivamente – anche maggiori che nell’edizione precedente.

Njami ha dato come titolo a questa biennale “Réenchantements”, un invito agli artisti, e in generale agli africani a cercare nuove strade per “ri-incantare” il mondo e il continente, per ritrovare lo spirito e il sogno dell’Africa dell’era delle indipendenze. Il maggiore successo che puo’ essere ascritto a Njami è quello di avere portato l’esposizione internazionale – opere di 65 artisti, scelti da una giuria attraverso un concorso, più alcuni cooptati personalmente dal direttore artistico, di 24 Paesi – all’Ancien Palais de Justice, alla punta sud del Plateau. L’ex palazzo di giustizia – a suo tempo abbandonato per problemi di stabilità dovuti al terreno sottostante, vicino al mare, ma evidentemenete giudicato non a rischio malgrado le vistose crepe nei pavimenti e nei muri – è una struttura di architettura moderna pregevole e nelle forme e nelle soluzioni consapevole del contesto: era già stato utilizzato diverse edizioni fa per ospitare opere e installazioni di artisti internazionali, come per esempio Kounellis, ma impiegando solo la grande, ariosa e luminosa, sala di ingresso, con le sue slanciate colonne e il suo patio centrale. Njami, con una corsa contro il tempo, è riuscito invece a farne un uso molto più ampio e significativo, coinvolgendo nell’esposizione per esempio anche alcune di quelle che erano sale per le udienze, che si rivelano ambienti assai congeniali per installazioni “site specific”.

In una stanza l’algerino Kader Attia ha dato vita a “Les rhizomes infinis de la révolution”, una sorta di giardino dove i rizomi sono piante fatte di grossi tondini di ferro, con rami che si biforcano attaccate ai quali pendono delle fionde di gomma: l’installazione è corredata di stampate da internet di notizie sull’intifada, rivolte arabe, eccetera, con dovizia di foto in cui appaiono queste armi di popolo povere ma efficaci. Ma tra tutti i lavori proposti spicca “Maqam” dell’egiziano Youssef Limoud, che occupa da solo appunto una delle sale delle udienze: anche qui c’è una specie di giardino, ma di carattere completamente diverso, allestito con terra, cemento, pezzi di legno, di ferro e di vetro, piccole lampadine accese, ghiaia, pietre, mattoni, materiale di recupero; una specie di giardino delle meraviglie, benché fatto di materiali cosi poveri, di città della fantasia. Uno scenario che colla perfettamente con i colori e i disegni delle piastrelline alle pareti e sul pavimento, un piccolo universo che si resta li a lungo a contemplare, e da cui si fa fatica a staccarsi, perché evidentemente rimette prepotentemente in moto un piacere infantile per il fantastico, per i microcosmi. Di tutta l’esposizione è il lavoro che ci ha affascinato di più: e giuriamo al lettore che mentre lo ammiravamo non sapevamo ancora che proprio l’opera di Limoud si era aggiudicata il Gran premio Léopold Sedar Senghor della Biennale. Perfetto, perché davvero Limoud ha operato il suo “reincanto”, reincantando il materiale utilizzato, il luogo, e noi. Sui problemi della Biennale torneremo in un’altra corrispondenza, ma intanto, se come pare resterà direttore anche della prossima edizione, e se, come pure sembra, ha ottenuto che l’Ancien Palais de Justice sia destinato a Museo di arte contemporanea, dobbiamo riconoscere che Simon Njami ha già cominciato a reincantare Dak’Art.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    GR mercoledì 24/04 19:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle 16 edizioni quotidiane del Gr. Un appuntamento con la redazione che vi accompagna per tutta la giornata. Annunciati dalla “storica” sigla, i nostri conduttori vi racconteranno tutto quello che fa notizia, insieme alla redazione, ai corrispondenti, agli ospiti. La finestra di Radio Popolare che si apre sul mondo, a cominciare dalle 6.30 del mattino. Da non perdere per essere sempre informati.

    Giornale Radio - 24-04-2024

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di mercoledì 24/04/2024

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 24-04-2024

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di mercoledì 24/04/2024 delle 19:47

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 24-04-2024

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    News della notte di mercoledì 24/04/2024

    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

    News della notte - 24-04-2024

  • PlayStop

    Percorsi PerVersi di mercoledì 24/04/2024

    Poesie, liriche, sonetti, slam poetry, rime baciate, versi ermetici, poesie cantate. Ogni settimana Percorsi PerVersi incontra a Radio Popolare i poeti e li fa parlare di poesia. Percorriamo tutte le strade della parola poetica, da quella dei poeti laureati a quella dei poeti di strada e a quella – inedita – dei nostri ascoltatori.

    Percorsi PerVersi - 24-04-2024

  • PlayStop

    Il giusto clima di mercoledì 24/04/2024

    Ambiente, energia, clima, uso razionale delle risorse, mobilità sostenibile, transizione energetica. Il giusto clima è la trasmissione di Radio Popolare che racconta le sfide locali e globali per contrastare il cambiamento climatico e ridurre la nostra impronta sul Pianeta. Il giusto clima è realizzato in collaborazione con è nostra, la cooperativa che produce e vende energia elettrica rinnovabile, sostenibile, etica. In onda tutti i mercoledì, dalle 21 alle 22. In studio, Gianluca Ruggieri ed Elena Mordiglia. In redazione, Sara Milanese e Marianna Usuelli.

    Il giusto clima - 24-04-2024

  • PlayStop

    Quel che resta del giorno di mercoledì 24/04/2024

    I fatti più importanti della giornata sottoposti al dibattito degli ascoltatori e delle ascoltatrici. A cura di Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro

    Quel che resta del giorno - 24-04-2024

  • PlayStop

    Esteri di mercoledì 24/04/2024

    Il giro del mondo in 24 ore. Ideato da Chawki Senouci Data di nascita: 6 ottobre 2003 (magazine domenicale di un’ora dalle 11.30 alle 12.30) Ogni giorno Chawki Senouci e Martina Stefanoni scelgono alcuni fatti che ritengono interessanti da segnalare agli ascoltatori e li propongono sotto forma di racconto, rubriche, reportage, piccole storie, interviste, approfondimenti e analisi. Essendo Esteri un magazine radiofonico i modi per “comunicare “ sono i titoli, un breve notiziario e i servizi lunghi. Il tutto inframezzato dai cosiddetti “intrusi” (notizie telegrafiche) e da stacchi musicali.

    Esteri - 24-04-2024

  • PlayStop

    Muoviti Muoviti di mercoledì 24/04/2024

    Quando le prime luci della sera… no, non è l’incipit di un romanzo. E’ l’orario in cui va in onda “Muoviti, muoviti” la trasmissione che vi accompagna nel rientro a casa dopo una giornata di lavoro, di studio o di semplice e puro fancazzismo (voluto o subito). Il racconto dei fatti principali della giornata, le piccole notizie che assurgono a tema di interesse generale, gli argomenti più dibattuti sui social, l’andamento del primo anno scolastico in presenza post-Covid, le elezioni (amministrative e del Presidente della Repubblica ma anche quelle dei consiglieri di condominio nel caso…), il presente e il futuro dell’atletica leggera dopo i successi di Tokyo. Tutto questo e molto altro lo trovate in “Muoviti muoviti” dalle 17.30 alle 19 dal lunedì al venerdì su Radio Popolare con Davide Facchini, Luca Gattuso e Marta Zambon.

    Muoviti muoviti - 24-04-2024

  • PlayStop

    Playground di mercoledì 24/04/2024

    Canzoni dall'alternative e indie contro il fascismo. E 30x30 di Francesco Locane, BLUR!

    Playground - 24-04-2024

  • PlayStop

    Soulshine di mercoledì 24/04/2024

    1. “Initials B.B.” – Serge Gainsbourg 2. “Initials B.B.” – Iggy Pop 3. “50 Ways to Leave Your Lover” – Scott Bradlee's Postmodern Jukebox 4. “Posztmodern Gospel” – áRON, Szakonyi Milán, Sharay Reed 5. “Most élj!” – áRON, Szakonyi Milán 6. “Rational Man” – Kula Shaker 7. “The Big Decider” – The Zutons 8. “David Byrne Does Hard Times” – David Byrne 9. “United States of Division” – Prince 10. “Molly Malone” – Aerotrem 11. “Pink City” – CEYLON 12. “Coming Back To Me Good” – Kasabian

    Soulshine - 24-04-2024

  • PlayStop

    Jack di mercoledì 24/04/2024

    Ospite della puntata Toco che ci racconta Riviera con una bella intervista e tre brani live

    Jack - 24-04-2024

  • PlayStop

    Considera l’armadillo di mercoledì 24/04/2024

    Per riascoltare Considera l'armadillo noi e altri animali che ha ospitato Daniela Campobello, docente di Zoolohia all' @Università di Palermo per parlare del Cuculo e delle sue stranezze, ma anche di @Rosario Balestrieri, del Gr Animali di Bianca Nogara Notarianni e scopriamo che Daniela voleva essere Cuculo

    Considera l’armadillo - 24-04-2024

  • PlayStop

    Poveri ma belli di mercoledì 24/04/2024

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 24-04-2024

  • PlayStop

    Cult di mercoledì 24/04/2024

    Oggi a Cult: una nuova sezione ANPI al Piccolo Teatro; a Brescia una mostra su Gabriele Micalizzi al Photo Festival di Brascia; il Teatro delle Ariette sul festival "Feste d'altri tempi" dal 25 aprile al 1° maggio in Valsamoggia; Mauro Gervasini sul Trento Film Festival 2024...

    Cult - 24-04-2024

  • PlayStop

    Pubblica di mercoledì 24/04/2024

    Mimmo Franzinelli è uno storico, studioso del fascismo e dell’Italia repubblicana. E’ autore – tra gli altri - di una storia della resistenza e di una storia della repubblica sociale italiana. Il suo ultimo libro si intitola «Matteotti e Mussolini. Vite parallele. Dal socialismo al delitto politico» (Mondadori 2024)). Nel corso della puntata di oggi abbiamo cercato di parlare con Franzinelli di Matteotti e della pista politica che porta al mandante del suo assassinio il 10 giugno 1924, Benito Mussolini. Quali rapporti ci furono tra Matteotti e gli altri protagonisti dell’antifascismo delle origini (Gramsci, Gobetti, Carlo e Nello Rosselli)? Passando all’oggi, Franzinelli risponde sull’antifascimo ai tempi del governo Meloni: che cos’è l’antifascismo oggi? Qual è il rapporto tra antifascismo e democrazia? In conclusione, un avviso alle ascoltatrici/tori: la puntata di oggi di Pubblica è ascoltabile con qualche difficoltà per le ripetute interruzioni del collegamento con Mimmo Franzinelli. Vi chiedo scusa in anticipo.

    Pubblica - 24-04-2024

Adesso in diretta