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Argentina, voto mai così incerto

Il primo ballottaggio nella storia elettorale argentina è già in sé un fatto politico.

Il candidato peronista, Daniel Scioli, dato come sicuro vincitore al primo turno, è riuscito a ottenere soltanto 700.000 voti in più del suo inseguitore Mauricio Macri, fermandosi al 36%. Questo è il livello di consenso che ottiene il peronismo kirchnerista a 12 anni dalla sua salita al potere.

Si delinea, quindi, uno scenario incerto che vedrà il Paese oggi scegliere tra una prospettiva di continuità “intra-peronista” (difficile dire a questo punto quale sarebbe il grado di continuità kirchnerista), rappresentata da Daniel Scioli, e una prospettiva di discontinuità, rappresentata dalla storica ascesa di Mauricio Macri che, partendo dal governo della città di Buenos Aires, grazie all’alleanza con i principali partiti anti-kirchneristi, è riuscito a costruire una forza politica in tutto il Paese.

Gli oltre due milioni di voti in meno ottenuti da Daniel Scioli rispetto a quelli che premiarono Cristina Fernández Kirchner nel 2011 rappresentano il segno più chiaro del colpo subito dal Frente para la Victoria (FBv) fondato da Néstor Kirchner.

Molte sono le cause di questo fenomeno: di sicuro ha influito il diverso contesto economico e sociale. Nel 2011 l’Argentina usciva da un decennio di crescita e di euforia, dopo il default del 2001, e credeva nella narrazione kirchnerista di crescita con ridistribuzione del reddito. Ma l’incantesimo si è rotto con il precipitare della crisi economica, le discutibili scelte di politica monetaria, l’impazzimento dell’inflazione e l’entrata in recessione del Paese, alle prese con i colpi della crisi globale e con il rallentamento dell’economia cinese.

Sul voto del primo turno hanno influito anche le vicende giudiziarie, dallo scandalo relativo alla misteriosa morte del pubblico ministero federale Alberto Nisman alle accuse di corruzione che hanno toccato vari esponenti di governo, fino a sfiorare la stessa  “Presidenta”. Scioli è apparso “appesantito” inoltre dalla presenza di vecchi cimeli del passato come Carlos Zannini, che gli è stato imposto come candidato vicepresidente, e Aníbal Domingo Fernández, già sconfitto rovinosamente nell’elezione a governatore della Provincia di Buenos Aires.

Molto ha pesato poi il voto delle zone rurali, che ha portato il FpV a perdere il primato in alcuni collegi portanti del Paese, come Córdoba, Santa Fe, Mendoza e le aree rurali della Provincia di Buenos Aires, divenute negli ultimi anni la culla di un malcontento legato alla produzione agricola e all’imposizione fiscale che Mauricio Macri ha saputo ben interpretare.

Sergio Massa, il terzo arrivato al primo turno, rappresenterà forse l’ago della bilancia in questo storico ballottaggio. Nei giorni scorsi, molte voci si sono susseguite in merito ai potenziali apparentamenti, ma numerosi sono anche i segnali che lasciano presagire un’indipendenza del Frente Renovador di Massa, i cui voti potrebbero distribuirsi tra i due candidati.

Mauricio Macri ha un’opportunità storica per portare al governo una compagine con un nucleo centrale liberale, che appartiene alla tradizione della sua forza politica, stemperato dall’alleanza con l’Unione Civica Radicale, di tradizione socialdemocratica, e con la forza politica di Elisa Carrió, una delle voci più critiche sui temi di corruzione. Presenta una proposta politica di rottura rispetto ad alcuni cardini delle passate amministrazioni, ma senza strappi radicali su temi quali il welfare o il ruolo del pubblico in economia, capisaldi della gestione kirchnerista. Il voto di oggi ha infatti perso molto della sua carica ideologica, del confronto tra due visioni dello Stato, per diventare uno spartiacque su temi “trasversali”.

Corruzione, trasparenza, libertà di opinione, efficienza amministrativa: sono questi gli argomenti sui quali saranno chiamati a esprimersi gli elettori argentini. Tuttavia, non è possibile dimenticare che l’Argentina di Scioli continuerebbe a essere ancorata a una visione in parte autarchica e in parte ideologica sulle alleanze e la gestione dell’economia, mentre un Paese guidato da Macri tornerebbe più facilmente nel circuito internazionale dei capitali, farebbe felici i mercati e produrrebbe un riposizionamento “occidentale” in politica internazionale.

Comunque vada, l’Argentina dei Kirchner sarà un ricordo del passato, anche se molte delle politiche varate in questi anni, nel bene e nel male, continueranno a condizionare la vita degli argentini.

  • Autore articolo
    Alfredo Somoza
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    C’è un tesoro in Italia, ambito da sempre, ed è il tesoro delle Assicurazioni Generali. Chi comanda a Trieste, comanda su un pezzo importante del paese. Per 70 anni il tesoro delle Generali è stato controllato da Mediobanca, che una volta era il salotto del capitalismo familiare italiano e oggi è una solida banca milanese. Nell’ultimo anno, grosso modo, due capitalisti nostrani, non si sa se anche coraggiosi, Francesco Gaetano Caltagirone, insieme a Francesco Milleri, hanno portato a termine il colpo del secolo: con un’operazione di scambio di azioni – e con il concorso esterno del MPS, fino a qualche mese fa banca di stato - hanno cacciato i vecchi azionisti dagli uffici di piazzetta Cuccia a Milano (Mediobanca) e al loro posto ci hanno messo se stessi più alcuni amici. In questo modo l’immobiliarista e editore Caltagirone, insiene al socio un po’ litigioso degli eredi Luxottica, hanno preso il controllo di Mediobanca. E lo hanno fatto con l’aiuto del MPS, banca pubblica privatizzanda. Preso il controllo di Mediobanca, i “nostri” Caltagirone&Soci hanno cominciato a vedere terra, la costa triestina, la casa mitteleuropea di Generali. Ora, su tutta questa operazione – sommariamente sintetizzata – qualcosa non ha funzionato. La Procura di Milano sta indagando per il mancato rispetto di alcune importanti formalità da codice penale: il “concerto” non previsto, il rispetto del “mercato” e delle autorità di controllo. Aspettiamo fiduciosi che la giustizia faccia il suo corso, mentre la politica rivendica i suoi meriti, giusti o sbagliati che siano. Pubblica oggi ha ospitato il giornalista e saggista Vittorio Malagutti (Domani) e il senatore del Pd Antonio Misiani.

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