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Anm: legge non al servizio dell’economia

Si rischia molto “accettando l’idea strisciante che a minori controlli della magistratura corrisponda una maggiore crescita dell’economia“. Le parole di Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm ( Associazione nazionale magistrati) assumono una valenza forte perché fatte a Bari , in Puglia, la regione dell’Ilva e del lungo braccio di ferro, tutt’altro che concluso, tra la Procura e il gruppo siderurgico.

Il monito dei magistrati a governo e politica tocca una questione cruciale : il rapporto tra legalità ed economia, tra le scelte dei magistrati e le conseguenze delle loro decisioni sulle imprese, sulla crescita. Secondo Sabelli, se si accoglie il nesso minori controlli/crescita dell’economia, si rischia la “subordinazione della politica e della giurisdizione al potere economico, in una pericolosa prospettiva tecnocratica”.

In questi anni le pressioni politiche, dirette e indirette, sui magistrati sono state molto pesanti. Le toghe hanno risposto alle polemiche contro di loro scegliendo di stare dalla parte della tutela dell’ambiente, dei diritti, delle regole, non subordinandoli alle variabili e le compatibilità economiche. Le polemiche hanno coinvolto i giudici anche per le loro decisioni sulla rivalutazioni delle pensioni e lo sblocco dei contratti pubblici.

Le parole di Sabelli vogliono dunque riaffermare con forza l’indipendenza della magistratura, cui spetta il compito di far rispettare le legge e non di favorire o meno l’economia; nello stesso tempo, pongono una richiesta fondamentale per il buon funzionamento di una democrazia: creare le condizioni perchè si stabilisca “un clima di fiducia intorno alla Magistratura” come ha detto a Radio Popolare la vice presidente dell’Anm Anna Canepa.

No dunque -dice l’Anm- alla politica che vuole delegittimare la magistratura. E’ auspicabile ora che su un tema cosi delicato come quello del rapporto tra economia e magistratura si apra un vero dialogo,un confronto tra Anm e imprese, nell’autonomia dei loro rispettivi ruoli.

Intanto l ‘Anm ha sollevato un altra critica : “ troppo timida la risposta della politica nel contrastare l’evasione “ ha detto Sabelli. Parole che sembrano suonare anche come un riferimento alla decisione dell’esecutivo di innalzare la soglia dell’uso del contante a 3000 euro, ciò che è già stato contestato da autorevoli magistrati come Cantone, capo dell’ Anticorruzione, Roberti dell’ Antimafia e Di Matteo, magistrato di Palermo.

L’Anm, ponendo il tema del rapporto tra legalità e crescita , richiama, sollecita il governo a non sottovalutare il potere che l’economia criminale, mafiosa ha nel penetrare e inquinare l’economia reale. Un allarme, quello delle toghe, che dovrebbe indurre il governo a considerare l’economia criminale il nemico principale, una priorità per lo sviluppo di un Paese.

Ma non è cosi, almeno secondo le osservazioni dell’Anm. C’è una “timidezza nella disciplina dei mezzi di contrasto al fenomeno della corruzione che spesso si unisce a fenomeni di criminalità organizzata e per mezzo delle quali realtà mafiose si insinuano nel tessuto della pubblica amministrazione“. Poi l’affondo finale: “ La questione delle intercettazioni, “ha finito con l’assumere una centralità che risulta persino maggiore  dell’attenzione dedicata ai problemi del processo e ai fenomeni criminali endemici come come la mafia”.

Contestazioni anche a un altro strumento decisivo per portare a termine i processi: i tempi e le modalità della prescrizione. Un tema sollevato , ai nostri microfoni più volte dal magistrato torinese, Raffaele Guariniello, titolare di processi come Eternit, per le morti da amianto. Sabelli sulla prescrizione è stato severo: “ E’ deludente – ha detto il magistrato- il disegno di legge sulla prescrizione ( in esame al Senato ndr.) perchè si limita a prevedere timidamente un aumento dei termini per le fasi di Appello e Cassazione, senza affrontare l’esigenza di una riforma strutturale della prescrizione.

Una riforma che ponga rimedio ai guasti prodotti dalla Legge del dicembre 2005 (la ex-Cirielli) e che accolga i richiami dell’Europa, fino alla recente sentenza della Corte dell’ Unione sulle frodi sull’Iva.

  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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