
Una frase, forse incauta nel contesto, e, come prevedibile, il caso Almasri diventa subito terreno di scontro tra il governo e i magistrati. La frase è quella del presidente della ANM Cesare Parodi. Ospite di Radio Anch’io, risponde a una domanda del conduttore sugli effetti di un possibile processo a Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministero della Giustizia.
Parodi dice che, nell’eventualità, ci sarebbero ripercussioni politiche neanche troppo indirette sulle persone coinvolte. Significa che se, come è certo, Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano saranno salvati dal processo perché la maggioranza respingerà in Parlamento la richiesta di rinvio a giudizio per loro, se a giudizio dovesse andare Giusi Bartolozzi, in quell’aula di tribunale emergerebbero anche le responsabilità dei politici. Niente di più. Ma è bastato per scatenare la dura reazione di Nordio e della Destra.
Ma perché è stato evocato il nome di Giusi Bartolozzi? Dalle carte del Tribunale dei Ministri sembra piuttosto chiaro il ruolo che ha avuto nella gestione del Caso Almasri. Quella domenica 19 gennaio, l’allora capo del Dipartimento degli Affari di Giustizia, Luigi Birritteri, con una mail segnalava la mancanza dell’autorizzazione al fermo del Generale libico, e il modo per convalidarlo in arresto. Un’ora dopo, Giusi Bartolozzi rispondeva a Birritteri di essere già informata, raccomandando “massimo riserbo e cautela”, e l’utilizzo di Signal, una chat criptata, evitando mail e protocolli ufficiali per “non lasciare alcuna traccia.
Sul destino giudiziario dell’ex deputata di Forza Italia deciderà la magistratura. Definita la Zarina di Via Arenula, Giusi Bartolozzi è sicuramente il personaggio chiave a fianco di Carlo Nordio. Gestisce tutti i dossier più importanti, tra cui la riforma della separazione delle carriere dei magistrati. Nordio Piantedosi e Mantovano non hanno ancora ricevuto notifiche dal tribunale dei ministri. Segno che l’inchiesta probabilmente deve definire le posizioni di altre persone.