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Affitti brevi, raccolta di firme per chiedere al governo una regolamentazione

Protesta contro gli affitti brevi a Bologna

Sono molte le piattaforme online per gli affitti brevi, non solo la più famosa AirBnb, che vanno a saturare i centri storici delle nostre città, e in modo particolare le città d’arte, e fanno salire i prezzi degli affitti che diventano inaccessibili per le fasce più deboli come gli studenti o le giovani coppie.

Il governo ha fatto un primo tentativo di regolamentare la questione con un emendamento al decreto Milleproroghe, presentato da due deputati del Partito Democratico, che puntava ad aggiornare la normativa esistente andando ad introdurre delle misure già adottate da grandi e piccole città a livello internazionale.

L’emendamento è stato bocciato da Italia Viva e successivamente ritirato, ma c’è chi sta raccogliendo delle firme per chiedere al governo di tornare a discutere la regolamentazione degli affitti brevi. È il caso del comitato Pensare Urbano di Bologna. Ne abbiamo parlato con Fabio D’Alfonso, membro del comitato.

L’intervista di Alessandro Braga a Fino alle Otto.

Come si vorrebbe regolamentare la questione degli affitti brevi turistici?

La novità sta nelle misure contenute nell’emendamento ritirato qualche giorno fa. Sono tre misure molto semplici che rispecchiano quello che avviene già a Barcellona, Berlino ed Amsterdam: un tetto massimo di giorni per anno durante il quale è possibile affittare il proprio appartamento su AirBnb, licenze comunali che vengono concesse con un tetto massimo fissato da ciascun comune e l’inversione dell’onere della prova, ovvero un nuovo criterio per differenziare le attività imprenditoriali da quello che non è attività imprenditoriale. Si tratterebbe di fissare un limite di tre stanze per proprietario, anche in tre appartamenti diversi, superato il quale scatterebbe l’imprenditorialità e l’obbligo di avere una partita IVA.

È un modo di restituire la città ai cittadini e a chi vorrebbe viverci senza trasformarla in un parco per turisti.

Sì, bloccare l’aumento di questi annunci significa avere maggiori case a disposizione per gli affitti a lungo termine, perché una contrazione di questi significa, come sta accadendo in molte città italiane, avere un aumento accelerato dei prezzi d’affitto. E questo permetterebbe anche di pianificare a livello urbanistico lo sviluppo della città senza che si debba fare sulla base del mercato libero di AirBnb.

Immagino che questo sia anche un modo per aiutare e facilitare le cosiddette fasce più deboli, come gli studenti universitari fuori sede che rischiano di ritrovarsi con prezzi d’affitto esagerati.

Esattamente. Il problema è già presente in tante città italiane e non è un caso che le firme che abbiamo raccolto siano così tante. È un problema molto sentito in tutto il Paese.

Dove si può firmare per il vostro appello?

L’appello è disponibile sul nostro sito, pensareurbano.it

Foto dalla pagina Facebook di Pensare Urbano

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