Approfondimenti

A Parigi la nuda lotta di classe

Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. 24 giugno 1793, Parigi, Francia.

Art. 33 – La resistenza all’oppressione è la conseguenza degli altri diritti dell’uomo.

Art. 34 – Vi è oppressione contro il corpo sociale quando uno solo dei suoi membri è oppresso. Vi è oppressione contro ogni membro quando il corpo sociale è oppresso.

Art. 35 – Quando il governo viola i diritti del popolo, l’insurrezione è per il popolo e per ciascuna parte del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri.

Karl Marx scrive nel 1842 uno dei suoi primi articoli politici. É appena laureato all’università di Jena, ma già attivo nell’area dei cosidetti hegeliani di sinistra. La questione in ballo è una legge che, per salvaguardare i boschi, vieta ai contadini di tagliare i rami, comminando varie pene ai trasgressori. Una legge che oggi potremmo definire ecologica. Epperò i contadini, in specie poveri, altro non possono che continuare nel “furto del legno boschivo”, a meno di non morire dal freddo. Marx li difende accanitamente. Anzi arriva a assumerli come punta di lancia delle ribellione contro lo stato prussiano, alfieri di una rivoluzione che egli già intravede come necessaria. Non così i suoi amici hegeliani, molto rispettosi del bosco, e delle leggi. Si può dire che con questo lavoro Marx diventa marxista, ovvero materialista mettendo i piedi nel piatto della condizione materiale e nei bisogni degli uomini in carne e ossa, e quello di scaldarsi in inverno non è dei minori.

A Parigi e in tutta la Francia da alcune settimane centinaia di migliaia di persone sono in rivolta contro il Presidente Macron e il suo governo (“La Francia ha una piramide sociale e al suo vertice siede Macron. Vogliamo che venga a sentire l’odore che c’è qua, in basso”). Si sentono sfruttati e si ribellano. Uomini e donne da ogni parte delle terre di Francia e di Navarra indossano la pettorina gialla mettendosi in cammino contro il potere costituito, assunto come il responsabile primo della loro oppressione. Crescono di giorno in giorno, con la solidarietà della grande maggioranza dei loro connazionali. Finora non avevano altro che i loro nudi corpi, e la fatica del lavoro, quando c’è, tirando la cinghia. Adesso hanno deciso di esistere, come corpo sociale collettivo. Di farsi classe insorgendo attraverso la lotta, in presa diretta. Con una loro organizzazione orizzontale in gran parte veicolata attraverso la rete, in altra parte coi contatti diretti, nel villaggio, nel caseggiato, nel quartiere, sul treno, nel pulman, nel parcheggio quando si parte per Parigi, Tolosa, Marsiglia, la capitale e le grandi città dove altri Gilet Jaunes li aspettano. Ma senza alcuna politica, senza alcuna mediazione politica. Non sono di destra, non sono di sinistra, il centro poi chissà cos’è. La loro è nuda lotta di classe. Col che la loro stessa insorgenza come corpo sociale che si fa classe nella lotta mette in crisi il paradigma algoritmico del controllo su cui Macron ha fondato il suo potere, la sua autorità. Quando i corpi si mettono in movimento imprevisto e imprevedibile, quando il libero arbitrio individuale insorge fondendosi con gli altri mille aneliti di libertà e eguaglianza, quando le antiche tradizioni di lotta di strada che vengono dalla Rivoluzione dell’89 e dalla Comune sembrano rinascere, e le menti si forgiano nella rivolta, l’intera rete delle nervature sociali cambia e si stravolge, fin dove, e come, oggi è difficile dire. Assisteremo a una torsione verso destra, autoritaria e/o parafascista. Oppure le grandi parole di libertè, egalitè, fraternitè e di lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo acquisteranno un nuovo spessore e slancio.

La nuda lotta di classe degli sfruttati contro gli sfruttatori di per sè non garantisce che i valori della sinistra e/o anticapitalistici e/o libertari e/o egualitari e/o ecologisti e/o della differenza sessuale, e quant’altro, diventino materia costituente il corpo sociale. Ci vuole la coscienza di classe, giungendo finanche alla coscienza rivoluzionaria. Quella che Lenin intendeva dovesse essere iniettata dall’esterno, perchè non insorge spontaneamente con la rivolta. A questo proposito un gruppo di giovani studenti il cui nome in italiano recita “soffia il vento, urla la bufera”, dove democratici radicali e ribelli anarco marxisti camminano e manifestano la mano nella mano – si impegna su due fronti. Per un verso portano il verbo rivoluzionario alle masse “sulle barricate”, e/o comunque in tutte le occasioni di lotta e azione cui attivamente partecipano, non credo avendo in mente Lenin ma piuttosto praticando una discussione politico ideologica, dove apprendono dai Gilet Jaunes la dura materia dei bisogni “proletari”, mentre a loro volta propongono linguaggi e obiettivi che vanno oltre le rivendicazioni sociali, in un certo senso dicendo: questa è una lotta per il potere e non soltanto per abolire la tassa sul macinato (benzina e gasolio). Sul secondo fronte lavorano a allargare l’arco sociale della rivolta alle scuole e università, con un buon successo dal punto di vista del blocco della didattica e del numero di istituti occupati, seppure è difficile dire quanti studenti siano realmente coinvolti in prima persona. E non è l’unico gruppo d’azione in tal senso. Tutta la costellazione dei gauchistes è presente, in particolare nelle grandi città, Parigi, Tolosa, Marsiglia dove i militanti si sono buttati a corpo morto dentro il movimento, quasi non credendo ai propri occhi. Con loro i sindacati, CGT in testa, le associazioni laiche e cattoliche di mutuo soccorso e molti collettivi di lavoratori sotto le più varie sigle. D’altra parte i Gilet Jaunes (GJ) vanno a dare il proprio sostegno per esempio ai lavoratori di Amazon in sciopero, mentre i ferrovieri si schierano coi giubbetti gialli, scaldando i motori per scendere in pista. Insomma più passa il tempo più la nuda lotta di classe dei GJ diventa composita e complessa. Ovviamente si immergono nel movimento anche i gruppi di estrema destra, a quel che ho potuto constatare soprattutto con azioni “militari”, ma per ora senza un lavoro ideologico e una presa politica sul movimento o sue parti significative. Per fare un paragone con l’Italia, non si sono viste fin qui all’opera organizzazioni come casa Pound e/o Forza Nuova che si nutrono di obiettivi sociali, e anche i miltanti del Front National stanno schisci, con un basso profilo. Sempre in confronto al nostro paese, sono piuttosto presenti gruppi di picchiatori come i naziskin e/o Ordine Nuovo.

Per ora in generale nessun partito è riuscito a mettere le braghe ai moderni sansculottes, e d’altra parte Macron stesso aveva ridotto le formazioni tradizionali, repubblicani eredi del gaullismo e socialisti eredi di Mitterand, a larve, dando fiato alle trombe della sua appendice “En Marche”, inabile però di fronte a una crisi delle dimensioni attuali; En Marche dove proliferano gli yes man tecnocratici, quando va bene, altrimenti decerebrati e basta. In presenza di uno scontro sociale così duro, esteso e fondamentale, l’assenza della mediazione e rappresentanza politica apre un varco naturale al confronto diretto sulla base della forza, che quindi può in un batter d’occhi diventare pratica della violenza. Così le manifestazioni diventano un mero problema di ordine pubblico, da tenere a bada o reprimere. Ho esaminato molti video degli scontri a Parigi sugli Champs-Elysées e anche in altri luoghi, dove è evidente l’intento della Polizia a sgomberare i manifestanti del tutto pacifici costi quel che costi, e a tentare di mettere loro paura con pestaggi violentissimi su persone inermi, spesso giovanissimi/e. Una politica dell’ordine pubblico demenziale, se sul serio si fosse voluto mantenere l’ordine urbano; invece spiegabile come il tentativo di “spezzare le reni al movimento col manganello”, che però non ha funzionato, perchè nessuno è scappato, anzi i GJ hanno resistito, spesso con mezzi di fortuna, e col contributo di molte donne anziane e/o di mezz’età che facevano scudo e velo alle cariche, molte, moltissime in prima fila. E i famosi, famigerati casseurs o black bloc come qualche giornalista italiano in preda alle traveggole ha detto? Certamente ci saranno stati, fatto è che gli arrestati e immediatamente processati sono falegnami, saldatori, elettricisti, muratori, cantonieri, fattorini, conduttori di trattore, disoccupati, ecc..: tra le 70 persone comparse davanti ai giudici lunedì mattina non c’è neppure un teppista, o un facinoroso, o un casseur, no tutte persone comuni, molte venute dalla provincia tutte incensurate e onesti cittadini, con alcuni episodi grotteschi come i quattro arrestati appena scesi dall’auto che avevano parcheggiato lontano dagli scontri, e considerati dal PM potenziali colpevoli perchè si stavano recando all’Arc de Triomphe dove si svolgeva un “raduno proibito con violenze contro la polizia” (fonte Le Monde). Tra l’altro l’autorità del Presidente Macron in termini di ordine pubblico aveva subito un duro colpo per l’affaire Benalla, quando il sopradetto capo della scorta presidenziale, era stato fotografato e filmato durante la manifestazione del primo maggio mentre in tenuta antisommossa pestava a sangue due giovani manifestante senza averne nessun titolo, non facendo egli parte delle forze di polizia. Macron lo aveva giustificato e difeso, cumulando bugie e omissioni, finchè in Luglio aveva dovuto cedere, licenziandolo. Ma la frittata ormai era fatta e la linda camicia bianca del giovane leone imbrattata in modo indelebile. Forse l’intervento inconsulto e violentissimo di Alexandre Benalla fu la spia di una tendenza dello stesso Presidente a “presiedere” un uso della forza e della violenza contro i “contestatori” e critici del suo potere, chissà. Comunque sia un Presidente così non piace ai francesi, e infatti l’indice di gradimento nei sondaggi è ormai al 21%, o meno.

A questo punto dobbiamo vedere quali obiettivi, al di là della goccia di benzina e gasolio che ha fatto traboccare il vaso, questo movimento si sta dando. In sintesi per quel che fin qui è possibile leggere, siamo in presenza di un movimento massivo per la redistribuzione della ricchezza e del reddito, per la giustizia sociale con forti venature nazionaliste. Citiamo alcune proposte e obiettivi di un documento, discusso e approvato in rete da, dicono gli “autori”, 30000 persone, indirizzato ai deputati della Republique sotto il titolo: Le direttive del popolo perchè voi le trasformiate in legge.

Zero senza domicilio fisso: URGENTE, Imposta più progressiva sul reddito, SMIC, salario minimo, a 1300 euro netti,(..)nessuna pensione sotto i 1200 euro, salario massimo fissato a 15000 euro, scala mobile, limitazione degli affitti + alloggi a affitto moderato, divieto di vendere i beni appartenenti alla Francia, pensione a 60 anni per tutti, e per i lavori usuranti (per esempio muratore) a 55 anni, gas e elettricità vogliamo che tornino pubblici, fine della politica d’austerità col rimborso del solo debito e non più degli interessi dichiarati illegittimi, protezione all’industria francese, vietate le delocalizzazioni, e via così in una mixitè di obiettivi alcuni volti a ridurre fortemente le diseguaglianze e altri a “rinforzare” la nazione, senza però razzismo contro i migranti seppure la politica di integrazione venga forzata fino a: vivere in Francia implica diventare francesi eccetera, e infine non possono mancare le tracce di una politica ecologica, come lo sviluppo dell’autombile a idrogeno e la costruzione di immobili a basso consumo energetico.

A questo punto i Gilet Jaunes si ergono invitti, e Macron giace reclino essendo però sempre il capo dello Stato, il Presidente della Republique. Ci sarà alla prossima mobilitazione a Parigi una palingenesi rivoluzionaria nello scontro frontale tra lo Stato e gli insorti? Oppure il Presidente sarà capace di trovare una soluzione politica giusta e democratica, senza schierare e muovere le truppe? Macron potrebbe convocare un referendum, che però con tutta probabilità perderebbe. Oppure potrebbe dimissionare il governo, ma chi altro poi potrebbe scegliere non si sa. Altra soluzione in campo potrebbe essere lo scioglimento del Parlamento con elezioni anticipate. Al buio, con i partiti tradizionali in pappa, mentre il suo movimento En Marche non pare proprio sulla breccia, possibile che si afflosci come un soufflè mal cotto. Elezioni non facili dunque nel bel mezzo d’ una tempesta sociale senza precedenti. Infine i GJ potrebbero dotarsi in un tempo strettissimo di una rappresentanza politico sociale in grado di iniziare una trattativa con lo Stato, il che a tutt’oggi non pare proprio una soluzione a portata di mano.

Comunque sia, per dirla con Camus: Je me révolte, donc nous sommes.

  • Autore articolo
    Bruno Giorgini
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    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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