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A caccia del boss Messina Denaro

“Se Matteo Messina Denaro non è stato ancora arrestato significa che gode di molte protezioni nelle fasce sociali, imprenditoriali, che contano, un intricato amalgama tra massoneria deviata, politica, istituzioni, borghesia”. Non usa mezzi termini Maria Teresa Principato, il procuratore della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Palermo, che insieme alla squadra di investigatori che coordina, dà la caccia al boss, latitante da oltre vent’anni.

Principato è una donna ostinata, tenace, molto preparata, un magistrato nel mirino della mafia, di Messina Denaro, costretta da anni a fare una vita blindata. La sua scorta era stata rafforzata dopo i sospetti su un attentato con il tritolo in preparazione contro di lei.

Matteo Messina Denaro, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, fu tra i boss di Cosa Nostra che ordinarono le stragi di Capaci e via D’Amelio, che costarono la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e alle loro scorte.

I pm nisseni hanno passato in rassegna una serie di collaboratori di giustizia, da Vincenzo Sinacori a Francesco Geraci, che hanno raccontato di come Messina Denaro fosse presente al summit mafioso organizzato nel settembre del 1991 per decidere di assassinare Falcone. La procura di Caltanissetta ha emesso contro il boss un ordine di custodia per le due stragi. Messina Denaro è tra i latitanti ricercati più pericolosi a livello internazionale.

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Procuratore lei ritiene che Matteo Messina Denaro sia nascosto nel Trapanese, nella zona di Castelvetrano?

“Ritengo che attualmente sia in Sicilia, sicuramente nel territorio della provincia di Trapani. Pur essendo una persona che viaggia molto ci sono dei segnali in questo senso”.

Ma per restare latitante così tanti anni deve godere di protezioni molto forti. Chi lo protegge?

“Chi lo protegge è una bella domanda. Forse per rispondere a questa domanda bisognerebbe partire da quello che è il territorio di Messina Denaro, il territorio trapanese che non presenta assolutamente una Cosa Nostra come quella palermitana”.

Di che si tratta?

“Si tratta di una Cosa Nostra molto più tradizionale, e soprattutto è un territorio in cui è molto difficile scindere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto. C’è un intricato amalgama tra criminalità mafiosa, massoneria deviata e naturalmente imprenditori, professionisti, anche gente insospettabile”.

Intende la borghesia trapanese?

“Certo. Nei processi già celebrati abbiamo già avuto molti segnali di talpe che hanno riferito notizie a Messina Denaro sulle sue vicende giudiziarie. Ecco perché ritengo che il boss si sottragga con una certa facilità alle nostre ricerche che sono capillari, continue, che sono state accompagnate dagli arresti dei suoi familiari, dei suoi sodali, dalla confisca di beni per miliardi, e tuttavia questa persona continua a rimanere nel buio”.

Il fatto che ci siano delle talpe, come lei dice, che informano in anticipo Messina Denaro è molto grave.

“E certo che è molto grave. Lorenzo Cimarosa, il primo collaboratore che ha parlato, appartenente a una famiglia che ha rotto il muro di omertà, ha detto che il nipote di Messina Denaro sapeva in anticipo che andavano ad arrestarli. Quindi le propaggini di potere di questa persona (Messina Denaro, ndr) arrivano anche nei luoghi istituzionali”.

Quando si vota la gente si rivolge agli uomini di Messina Denaro?

“Nel Trapanese è così. Abbiamo fatto dei processi in cui abbiamo proprio contestato l’illecito scambio di voti politico-mafiosi. Sta di fatto che diversi Comuni nel Trapanese sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose”.

Quindi coinvolgimenti di figure istituzionali.

“Molte delle persone che fanno parte di ruoli rilevanti di questi organismi sono assolutamente collusi con la mafia”.

A proposito di Comuni, quello di Castelvetrano, da cui proviene il boss, si è sciolto. Lei ritiene che anche il sindaco dovrebbe dimettersi?

“Queste sono valutazioni politiche che spettano a loro. Io non mi posso intromettere”.

Le chiedo allora se nelle istituzioni ci sono persone che proteggono Messina Denaro.

“Sono portata a ritenere di sì, anche le nostre indagini sono volte a individuare queste persone”.

Mi colpisce il fatto che in oltre vent’anni di latitanza di Messina Denaro, nessuno lo abbia mai tradito. Perché?

“Perché Messina Denaro ancora oggi viene vissuto come una specie di eroe, di salvatore della patria, colui che dà lavoro e soldi, dà possibilità di impiego ai suoi sodali. Pensi che tante volte abbiamo trovato delle scritte anonime in cui si auspicava il ritorno di Messina Denaro perché ‘abbiamo bisogno di soldi’”.

Quindi?

“Quindi oltre a essere una primula rossa, esercita un certo fascino, come colui che si contrappone allo Stato con successo, nonostante gli sforzi dello Stato. Continua quindi a essere molto amato, anche se ormai con la terra bruciata che gli abbiamo fatto intorno e che continueremo a fargli senza sosta, la sua popolarità dovrebbe essere un po’ diminuita, un po’ scemata”.

Dire che il cerchio si sta stringendo intorno a Messina Denaro è corretto oppure no?

“Queste sono espressioni che lasciano il tempo che trovano”.

Allora le chiedo come potrebbe avvenire la sua cattura?

“Una cattura come questa può avvenire da un momento all’altro, come può non avvenire per anni. Dipende dalle circostanze, dalla fortuna e dalla capacità di questi specializzatissimi investigatori che, coordinati da me, indagano, ascoltano, seguono tantissime piste”.

Per chiudere questa nostra conversazione, una domanda personale: lei vive blindata, è nel mirino da tempo dei boss mafiosi, cosa ha voluto dire tutto ciò per la sua vita?

“Dal punto di vista personale è stato devastante, sì devastante. Sono trent’anni che vivo con la scorta”.

Ha paura?

“Non è questione di paura, poi lei capisce che vivendo giorno dopo giorno, lavorando, non si può certo pensare alla paura. Si vive… Si vive, si programma, ci si attiva, si fanno strategie… Il resto… Il resto diventa quasi normale”.

Un’ultima domanda, se vuol rispondere. Lei come si definirebbe?

“Credo che possa bastare dire che io sono un magistrato, un magistrato che ha scelto di rimanere, per tanto tempo, al suo posto con l’obiettivo di raggiungere uno spessore accettabile di legalità”.

Ascolta qui l’intervista integrale con Maria Teresa Principato

 

  • Autore articolo
    Piero Bosio
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