
Il vertice egiziano dovrebbe rafforzare il cessate il fuoco. In questo momento è il desiderio più grande per i gazawi. Ma la pace è ancora lontana per il popolo palestinese.
Il piano Trump non mira a salvare la Palestina. L’accordo Sharm el-Sheikh è soprattutto una lancia di salvataggio per quei leader occidentali accusati dalle loro opinioni pubbliche di complicità nel genocidio. Si fa sentire dentro i palazzi l’effetto delle manifestazioni oceaniche organizzate ogni settimana in tutto il mondo. E la foto opportunity non basterà a cancellare gli ultimi due anni.
Sharm el-Sheikh dovrebbe essere l’inizio e non la fine di un sogno per gli abitanti di Gaza, della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. Ora la comunità internazionale si trova di fronte a una scelta cruciale. Emendare e integrare il piano Trump per un maggior coinvolgimento dei palestinesi in vista di un processo di pace giusto che riconosca finalmente i loro diritti. Oppure continuare a decidere al loro posto, una vecchia pratica colonialista per liquidare ogni rivendicazione all’autodeterminazione di un popolo. Sarebbe un gravissimo errore, l’ennesimo. Perché prima o poi una nuova generazione di palestinesi ricorderà al mondo e a Israele che l’umiliazione non è una fatalità.