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Gaza, c’è l’accordo per il cessate il fuoco e lo scambio di prigionieri tra Hamas e Israele

“È una giornata storica”. Con queste parole Donald Trump ha annunciato nella notte il raggiungimento di un’intesa tra Hamas e Israele sui primi punti della trattativa, cioè il cessate il fuoco a Gaza e lo scambio dei prigionieri. La notizia si è subito diffusa in tutta la Striscia di Gaza: nel pieno della notte i giornalisti palestinesi hanno vagato tra le macerie di Gaza city con le torce e le luci dei cellulari avvisando tutti che è stato raggiunto l’accordo per il cessate il fuoco. Ascolta le voci dei giornalisti

Nel giro di poco tempo è esplosa la gioia di tutti i palestinesi a Gaza.
Ascolta ecco i festeggiamenti a Gaza city, a Deir Al Balah, a Khan Yunis.

Sono scoppiati festeggiamenti anche a Tel Aviv, tra i famigliari degli ostaggi israeliani. Ascolta l’audio.

L’accordo sarà sottoscritto formalmente dalle parti questa mattina, e sarà subito sottoposto al governo israeliano da cui si attende approvazione; dovrebbe poi quindi entrare in vigore. Sappiamo che riguarda solo la prima fase della trattativa; cosa prevede?

Leggi l’articolo di Roberto Festa

C’è la proclamazione dell’accordo tra Israele e Hamas, quello che al momento manca, almeno pubblicamente, sono i dettagli dell’accordo. Si sa che l’intesa è stata trovata sulla prima fase del piano in 20 punti di Trump. Tra poco a Gerusalemme, appunto, si riunirà il governo israeliano. Benjamin Netanyahu ha detto che l’intesa deve passare senza alcuna discussione. Dopo il voto del governo l’esercito israeliano comincerà la prima fase del ritiro. Passate al massimo 70-42 ore si arriverà allo scambio ostaggi per prigionieri, quindi tra domenica e lunedì. Tutti gli ostaggi ancora in vita che si ritiene siano circa 20, dovrebbero essere rilasciati immediatamente, probabilmente entro lunedì. I resti dei corpi di altri 28 ostaggi che sono morti, uccisi durante la prigionia, sarebbero restituiti, invece, in più fasi.
A sua volta Hamas ha presentato a Israele la lista con 250 prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo e 1700 cittadini di Gaza incarcerati da Israele durante questa guerra che dovrebbero, appunto, essere rilasciati. Restano però al momento cose poco chiare.
Nelle sue prime dichiarazioni Netanyahu non ha menzionato il ritiro delle truppe, non si sa comunque se questo ritiro sarà parziale, definitivo, se si tratta solo di un temporaneo cessate il fuoco. Quanto a Hamas non c’è traccia al momento di una sua disponibilità consegnare le armi che è una delle richieste irrinunciabili di Israele. Bisognerà, quindi, aspettare qualche ora per capire meglio quello che succederà, se l’intesa è reale o solo un altro fuoco di paglia nella storia drammatica, tragica, travagliata di questo conflitto. Gli attacchi israeliani su Gaza nelle ultime ore si sono ridotti, ma non sono del tutto cessati, soprattutto nei settori nord e sud della striscia, dove l’esercito israeliano dice ai civili di non recarsi perché restano zone ad alta pericolosità. La notizia dell’intesa ha suscitato l’entusiasmo iniziale della gente di Gaza, giornalisti palestinesi, l’avete fatto sentire, sono scesi per le strade di Gaza City, hanno detto che l’intesa c’è, ci sono stati festeggiamenti, urla, abbracci, l’entusiasmo si è comunque presto dissolto, si è presto spento, si preferisce aspettare, si preferisce avere la conferma che due anni di guerra, morti, carceri e sofferenze sono davvero arrivati alla fine.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    2) Europa, la crisi di Francia e Germania. A Berlino la politica si regge su basi sempre più deboli. La Große Koalition è sempre meno grande. Oggi la maggioranza Cdu-Spd conta su poco più del 50% dei parlamentari. Nel primo governo Merkel di grande coalizione (2005) la maggioranza sfiorava il 70%. In Germania il fiato corto si sente soprattutto sull’economia: la perdita del gas russo e i rincari conseguenti dell’energia hanno fiaccato l’industria tedesca (-3,9% ad agosto, la produzione industriale). Pubblica ha ospitato Beda Romano, giornalista e scrittore, per anni corrispondente dalla Germania per il Sole 24 Ore, oggi scrive da Bruxelles. A Pubblica oggi anche lo storico Agostino Giovagnoli sulla fragilità dell’Europa e il ritorno dello spettro antico della repubblica di Weimar.

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