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Biennale Musica: le nuove tendenze dell’elettronica con la giovane direttrice Caterina Barbieri

L’intestazione ufficiale è Festival internazionale di Musica contemporanea: come le rassegne veneziane deputate al cinema, alla danza e al teatro si svolge ogni anno, ma è abitualmente chiamata Biennale Musica perché è una delle manifestazioni promosse dalla Biennale di Venezia, fra le quali è anzi – a parte la biennale d’arte che è stata il punto di partenza da cui tutto il resto ha preso origine – la più antica, con ormai quasi un secolo di storia. Nel dopoguerra la Biennale Musica ha avuto un ruolo di rilievo nel rappresentare l’evoluzione delle avanguardie musicali di matrice accademica. Ma già negli ultimi decenni del Novecento la nozione di cosa rappresentare è diventata problematica, perché difficilmente ormai la musica di matrice accademica poteva pretendere di avere il monopolio dell’avanguardia: senza nemmeno bisogno di scomodare le avanguardie jazzistiche o le forme più innovative di area rock, basti pensare alla corrente del minimalismo americano. La questione non fu all’epoca risolta – e per la verità nemmeno affrontata – in maniera organica, e la Biennale Musica si è portata nel nuovo millennio questo ritardo: con l’eccezione dell’edizione 2003, sostanzialmente dedicata a musiche di ricerca di ambito jazzistico – ma, appunto, una eccezione – la Biennale Musica, sotto varie direzioni artistiche, si è mossa complessivamente in un equilibrio piuttosto prudente fra da un lato nuovi lavori e compositori non già ampiamente storicizzati, e dall’altro l’omaggio ai classici della musica contemporanea, con l’aggiunta qua e là di aperture al jazz, all’elettronica di origine non accademica, eccetera, che non hanno comunque messo in discussione l’orientamento di fondo e una certa arretratezza della proposta. Alla lunga, il prestigio della Biennale Musica si è andato appannando. Negli anni più recenti c’è stata la novità della nomina, per la prima volta nella storia della Biennale Musica, di una donna alla direzione artistica: compositrice affermata e con ampi rapporti a livello internazionale, Lucia Ronchetti ha ridato smalto alla rassegna e l’ha indirizzata verso una prospettiva più marcatamente contemporanea; al centro dell’edizione 2023 Ronchetti ha messo l’elettronica, con un interesse trasversale rispetto ai vari tipi di elettronica del panorama musicale contemporaneo e con piena cittadinanza per le esperienze di elettronica di consumo giovanile e da ballo come forme di ricerca e di esplorazione del nuovo. Il mandato di Lucia Ronchetti si è esaurito nel 2024. Nel frattempo nel 2024 era entrato in carica come nuovo presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco, espressione della destra al governo. Malgrado i timori per l’avvicendamento alla direzione della Biennale Musica di una soluzione inadeguata, sulla base di logiche di appartenenza politica, o, peggio, apertamente divisiva, la scelta è stata equilibrata e anche innovativa: di nuovo una donna, e per di più molto giovane, Caterina Barbieri, 35 anni compiuti nel settembre scorso, con un curriculum in cui figurano studi in ambito classico e una laurea in composizione elettro-acustica al Conservatorio di Bologna, e, da una dozzina d’anni a questa parte, una carriera di compositrice ampiamente accreditata nel mondo internazionale dell’elettronica, con all’attivo la partecipazione a numerosi festival di riferimento. Caterina Barbieri è interna ad una cultura e ad una rete di relazioni diversi rispetto ai compositori di formazione accademica che l’hanno preceduta alla guida della rassegna: è stata nominata ai primi di novembre del 2024, e un anno scarso non è molto per allestire un programma impegnativo come quello di una Biennale Musica, e bisognerà giudicare il suo lavoro dopo la seconda edizione del suo mandato di due anni. Ma, attenta alla scena dell’elettronica di oggi, la 69esima edizione della Biennale Musica – che si snoderà dall’11 al 25 ottobre – rappresenterà in ogni caso uno snodo importante per una auspicabile evoluzione della manifestazione. Giovane è anche il Leone d’ argento di quest’anno, che domenica 12 sarà assegnato a Chuquimamani-Condori, trentanovenne statunitense che si è distinta con un’elettronica che si è nutrita di riferimenti alle musiche dell’America latina, anche di popoli indigeni come gli andini Aymara, e alla cultura LGBT. Leone d’oro invece ad un monumento della musica contemporanea, Meredith Monk: la cerimonia di consegna del riconoscimento alla ottantaduenne vocalist, compositrice, artista multidisciplinare si terrà lunedì 20.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    È morta a 73 anni Daniela Benelli, assessora alla Casa di Milano durante la giunta guidata da Giuliano Pisapia. Entrata in politica con il Pci, Benelli è stata anche assessora alla Cultura della Provincia di Milano, consigliera regionale in Lombardia e membro della Commissione Cultura. A Benelli, che fu direttrice della Casa della Cultura di Milano, si deve l’apertura dello Spazio Oberdan. “La città di Milano le deve molto - dice la senatrice Cristina Tajani (PD), che era assessora insieme a Daniela Benelli nella giunta Pisapia - spero che si trovi il modo di ricordarla come merita”. Ermanno Tritto, suo storico collaboratore, la ricorda così: “Il mondo teatrale, del cinema e delle gallerie ha sempre avuto un grande rispetto per quello che faceva”. Ascolta i ricordi di Cristina Tajani ed Ermanno Tritto, ai microfoni di Chiara Manetti.

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    Ilaria Salis salva per un voto grazie ai franchi tiratori del Ppe. Immunità confermata

    Per un voto l'Europarlamento ha confermato l’immunità a Ilaria Salis, l’europarlamentare di Avs sotto processo in Ungheria per la presunta aggressione a 3 neonazisti. “È una vittoria del diritto e dell’antifascismo”, commenta Salis al microfono di Luigi Ambrosio. Poi la risposta a Salvini: “La Lega è una cosa vergognosa, si definiscono patrioti e consegnerebbero una concittadina nelle mani di un potere autoritario che ha già dimostrato un intento persecutorio”.

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    Canzoni di empatia, tempo e conoscenza. Il nuovo album di Carmen Consoli

    “Amuri Luci” è il titolo dell’album con cui Carmen Consoli ritorna all'affetto del suo pubblico con tante novità e tanti segnali riconoscibili di una autorialità che non è mai scesa a compromessi. Sono trascorsi quattro anni da “Volevo fare la rockstar”, ultimo album di inediti della “cantantessa”, come lei stessa, con siciliana autoironia, ama definirsi, e il mondo sembra stravolto da allora. Per chi segue la musica il tempo si misura anche così, attraverso i dischi degli artisti che ama. “Amuri Luci” sviluppa però anche i semi piantati nella “Terra ca nun senti”, la toccante testimonianza su album del concerto con l'Orchestra Popolare Siciliana tenutosi al Teatro Greco di Siracusa, con ospiti Donatella Finocchiaro, a narrare con Carmen di Rosa Balistreri, e Giovanni Impastato, che rievocava l’eroismo giovanissimo, antico ed eterno del fratello Peppino. Era già quello un disco di Resistenza culturale e alla amorevole, tenace, paziente vicenda di Giovanni nel tenere viva e d'esempio la memoria del fratello è dedicato il brano che dà il titolo all’album appena uscito. “Amuri e Luci” è un’opera stratificata, intensa, emotiva, che prende posizione e nella quale le ragioni dell’empatia incontrano quelle di una riflessione profonda sull’umanità e sui suoi destini. L’Amore e la Luce insomma, ricondotti al punto inscindibile dove la conoscenza e il sentire si incontrano e possono esprimersi attraverso i suoni arcaici del Siciliano, ma anche del Greco e del Latino classici, dei versi di Ovidio e Teocrito, di Ibn Hamdis, poeta arabo-siciliano dell’alto Medioevo, come di Ignazio Buttitta, accostati alla scrittura urgente e ispirata di Carmen Consoli. Il tutto intonato da un voce piena e assertiva, fatta di passione e denuncia, e vestito di un impianto sonoro sorprendente, in cui suoni elettrici e tradizionali, psichedelia e cantautorato, Morricone e indie-rock, modernità e radici si sposano grazie ad una cura meticolosa e ricercata per le armonie e gli equilibri strumentali. Un disco che richiede del tempo e lo ripaga con la moneta della qualità, della sincerità, della forza espressiva e della poesia. L'intervista di Piergiorgio Pardo a Volume.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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