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L’anno zero del diritto internazionale

In queste settimane abbiamo toccato il punto zero per quanto riguarda le regole di convivenza internazionale. Soprattutto sono spariti, forse definitivamente, i distinguo tra uno stato democratico, uno stato controllato da un regime e un gruppo terrorista. Una differenza che spesso in passato è stata più di facciata che di fatto, perché soprattutto dopo il 2001, molte democrazie hanno cominciato a demolire ciò che doveva essere, sulla carta, la legittimità anche nell’uso della forza: dalla Guerra contro l’Iraq in base a fake news, alle guerre preventive in Afghanistan e Ucraina fino alle ingerenze in nome della lotta alla droga. Il governo Netanyahu passerà alla storia per il record assoluto in materia di violazione di quasi tutti i diritti elencati nella Carta delle Nazioni Unite: diritto di guerra, diritto umanitario, divieto di usare la fame in contesto bellico, divieto di colpire civili per rappresaglia, diritto del mare. In nome della lotta al terrorismo, superando però i limiti entro i quali una democrazia può agire. La questione sta proprio qui, Hamas che ha commesso crimini imperdonabili, non rappresenta uno Stato ed è condannato da quasi tutta la comunità internazionale, mentre Israele è uno Stato riconosciuto membro dell’ONU che ha di conseguenza il dovere di adeguare la sua politica estera e di difesa alle carte che ha sottoscritto. Sostanzialmente, ha combattuto il terrorismo non soltanto abbassandosi allo stesso livello, ma andando ben oltre fino a commettere, volente o nolente, quello che ormai è indiscutibilmente un genocidio. Il tutto nel silenzio complice degli alleati occidentali e di una parte importante dei paesi arabi che l’indignazione delle piazze non è riuscita ancora a scalfire perché vengano applicate sanzioni all’altezza dei crimini in corso. Il balbettio dei Paesi che non hanno avuto il coraggio di prendere posizione dimostra che, alla prova dei fatti, contano di più le convenienze e le connivenze economiche e geopolitiche del diritto internazionale. Una grande lezione per regimi di ogni sorta che possono avere la certezza che d’ora in poi nessuno alzerà un dito di fronte a qualsiasi violazione del diritto internazionale, basta avere l’amicizia giusta con i “grandi”, siano gli Stati Uniti sia la Cina.Ormai il tema della riforma delle Nazioni Unite ha perso attualità, bisognerebbe pensare, invece, alla rifondazione di un sistema di regole che possa in qualche modo permettere la convivenza pacifica senza bisogno di armarsi fino ai denti. Siamo all’anno zero, tornati indietro di decenni, ma non è successo all’improvviso, il processo che porta all’attuale barbarie inizia anni e anni fa, quando vennero smontati uno alla volta i meccanismi di contenimento e risoluzione dei conflitti e vennero strumentalizzati il terrorismo e il narcotraffico, perché giustificassero qualsiasi reazione. Oggi Israele non soltanto sta facendo il lavoro sporco per sé stessa, ma nel frattempo spiana la strada perché altri possano fregarsene delle regole senza remore. Un bagno di realismo che molti potenti aspettavano da tempo e che ora è la cifra dei rapporti tra nazioni.

  • Autore articolo
    Alfredo Somoza
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    Surtùm in friulano arcaico significa palude, ed è il titolo del nuovo disco di Massimo Silverio, in uscita il 10 ottobre. “È la naturale prosecuzione del primo album”, ha raccontato l’autore ai microfoni di Volume, e i suoi brani “sono quasi delle preghiere, che nascono per affrontare momenti storici estremamente bui come quello attuale”. Unendo folklore e cantautorato, lingua colta e popolare, Sortùm è un “viaggio di pace e grazia che cerca di esorcizzare i tempi oscuri di violenza e odio che stiamo vivendo”. Ascolta l’intervista di Dario Grande a Massimo Silverio.

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