
La campagna elettorale per Milano è cominciata, e la mossa della Destra sul Leoncavallo butta la palla tra i piedi di Beppe Sala. Il Sindaco, già in difficoltà per le inchieste sull’urbanistica, deve ora dare seguito all’impegno di regolarizzare il centro sociale più famoso d’Italia, ben sapendo che la propaganda securitaria si scatenerà a ogni occasione.
Ci si doveva arrivare prima, ora si gioca di rimessa e c’è da augurarsi che tutto vada liscio. Che in un nuovo spazio questa esperienza possa continuare, anche forse in forme diverse da quelle che abbiamo conosciuto in questi quasi 50 anni.
Il patrimonio del Leoncavallo è di tutta la città, anche di chi non lo ha mai frequentato. Salvaguardare quell’esperienza significa salvaguardare la possibilità stessa di fare politica e cultura per strade diverse da quelle che Milano ha intrapreso in questi anni. In queste ore si attende la sentenza del Tribunale del Riesame sugli arresti domiciliari di Manfredi Catella. Essendo probabile la revoca, sarebbe fin troppo facile sintetizzare “Catella libero, Leoncavallo sgomberato”, per descrivere la Milano di oggi. Ma siccome non tifiamo per le manette (né per gli sgomberi, nemmeno quelli delle occupazioni di altro colore politico) ci limiteremo all’amarezza di osservare i grandi costruttori spadroneggiare – perché di questo si tratta, al netto di eventuali reati – mentre la storia decennale del Leoncavallo rischia di essere al capolinea. E’ il momento che la città, almeno una certa città, dimostri di avere a cuore questo bene comune e risponda alla chiamata nelle prossime tappe di questa brutta vicenda.