
L’occupazione totale di Gaza ci sarà, con o senza l’attuale capo di stato maggiore. Il generale Eyal Zamir non è più sicuro di rimanere al proprio posto.
Da quando ha messo in dubbio il piano Netanyahu durante l’ultima riunione del Gabinetto di sicurezza, Zamir è oggetto di durissimi attacchi da parte dei leader suprematisti Smotrich e Ben Gvir, mentre il ministro della difesa Yisrael Katz sta tentando di spingerlo verso la porta d’uscita.
Zamir aveva respinto la proposta di Netanyahu di controllare Gaza City per la paura di mettere a rischio la vita degli ostaggi e per il potenziale incarico di governare milioni di palestinesi da parte dell’esercito. Le tensioni tra Zamir e Katz si sono intensificate dopo la promozione di 20 alti ufficiali da parte del Capo di Stato maggiore senza prima consultare il suo ministro. Secondo Katz si è trattato di un tentativo di cambiare le procedure e ciò “ha causato danni all’istituzione militare”.
Ora Netanyahu è chiamato a fare una scelta: tentare una mediazione tra i due oppure licenziare il capo di stato maggiore. E questo alla vigilia di una nuova tappa della fuga in avanti del governo israeliano. I piani militari sono già pronti.
I giornali locali prevedono la deportazione di ottocentomila abitanti di Gaza, la costruzione di 12 stazioni di distribuzione di aiuti umanitari, la creazione di un cordone di sicurezza intorno a Gaza City e, infine, l’avvio di un intenso fuoco sulla città durante l’ingresso dei soldati per liberare gli ostaggi.
Mancano ancora i dettagli sulla tempistica ma non su quello che aspetta i gazawi. Perché a meno di un miracolo, con o senza Eyal Zamir, il genocidio va avanti.