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Survilo. La ragazza di Leningrado

Survilo, la ragazza di Leningrado

Survilo, la ragazza di Leningrado, è il primo graphic novel della fumettista russa Olga Lavrenteva (lavrìentchévà) ad essere stato tradotto in Italiano. E se a qualcuno il sottotitolo scelto dai tipi di Coconino Press può ispirare un po’ di leggerezza, per via di quel ‘ragazza’ che fa pensare quasi alla primavera, che non si faccia troppe illusioni: la trentaseienne, originaria di quella che oggi si chiama San Pietroburgo, ha scritto e disegnato un romanzo che di leggero a ben poco. A cominciare dalla storia, che ritraccia l’epopea di una famiglia di russi di origine polacca dalla fine dell’800 ai giorni nostri, attraverso i ricordi e le storie delle donne di famiglia. E in particolare quelli della nonna dell’autrice, Valja. È la sua voce che narra di come il nome di un villaggio polacco, Surwile (oggi in Bielorussia), sia diventato quello dei suoi abitanti arrivando a Pietroburgo: Survilo. Il cognome di un padre amatissimo, comunista modello, stimato caposquadra al cantiere navale. Il cui arresto improvviso, per spionaggio e sabotaggio, durante le purghe staliniane del 1937, sarà per sempre citato nelle cronache familiari come “la disgrazia”. Del padre, sparito nel nulla, rimane solo l’ombra e lo stigma, che pesano come macigni nella società sovietica che si prepara alla guerra con la Germania. Le conseguenze della ‘disgrazia’ le racconta sempre Valja, che sopravvive nonostante tutto alla povertà e alla fame e persino al terribile assedio di Leningrado. 900 giorni di freddo, di malattie, di tessere per il pane e di bombe: uno dei più lunghi assedi nella storia moderna, che Valja vive da infermiera di un ospedale carcerario. Diventata, come tante nonne russe, la memoria vivente della storia tragica della sua famiglia e del suo paese, affida alla nipote i nomi di chi non c’è più. Perché in fondo, se ha vissuto così a lungo, lo ha fatto grazie a loro e al posto di tutti loro, ed è giusto passare il testimone. È quindi con una certa commozione, ma anche con grande consapevolezza, che Olga Lavrenteva (lavrìentchévà) disegna questo romanzo familiare e femminile. L’emozione e i sentimenti delle protagoniste emergono dalle pagine in bianco e nero, dove le chine e i pennelli si mescolano per creare delle prospettive deformate, degli sfondi densi come pece o carichi di disegni astratti, di linee in movimento, di dettagli poetici e stranianti quanto riconoscibili e ancorati nella realtà cittadina. Anche se l’autrice gioca liberamente con la costruzione della pagina e sfrutta il lettering, tutto manuale, per creare delle atmosfere suggestive e dinamiche, spesso angoscianti, ci vuole un po’ per abituarsi a questo accumulo di neri, che non hanno mai la stessa consistenza e che mescolano volentieri il turbinio della neve in una notte d’inverno con quello inesorabile della Storia. Che certo, ha anche pagine più belle e più leggere, come quelle dei fuochi d’artificio esplosi alla fine dell’assedio di Leningrado, o quelle che scrive danzando la figlia di Valja anni dopo la fine della guerra. O ancora il momento in cui gli archivi aperti alla fine dell’Unione Sovietica rivelano il destino di un padre mai dimenticato. Ma che è inevitabilmente segnata dalla ‘disgrazia’ e dalla sua lunga ombra.

Survilo. La ragazza di Leningrado. Di Olga Lavrenteva (lavrìentchéva), traduzione di Ilaria Pittiglio. 320 pagine in bianco e nero, Coconino Press, 22 euro.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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