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Midge Ure: “Sento schegge di Ultravox nei Muse”

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    Cultura |
midge ure

E’ interessante tornare indietro di più di quarant’anni e guardare a quello che hai fatto, perchè parte di quelle cose, è sorprendente, suonano ancora rilevanti, suonano ancora interessanti”.
Guarda al suo percorso Midge Ure. In particolare ai primi anni ottanta, quando il suo ingresso negli Ultravox ne ha determinato una sterzata determinate da un punto di vista sonoro, rendendolo uno dei gruppi pionieri e più influenti di quelle atmosfere New Wave che hanno caratterizzato un decennio, e che tutt’ora vengono riscoperte e utilizzate da artisti di primissimo piano a livello internazionale. Su due dischi in particolare (Rage in Eden e Quartet) si concentra questa sua nuova tournèe, rimettendolo alla prova su brani che, in parte, non tocca da quarant’anni.

Quando lo raggiungiamo via Zoom, Midge è in Olanda, venue di una data del suddetto “Voice and Visions Tour”.

“E’ interessante tornare indietro e provare a capire cosa stava pensando quel Midge Ure di 25 anni, quello che una band di giovani uomini stesse realmente provando a creare in quel periodo” ci racconta. “E’ difficile, perchè sei cresciuto, sei una persona differente. Ma qualcosa risuona ed emerge ancora, ed è difficile spiegare, ma non suona datata. La produzione suona ancora interessante, l’arrangiamento suona interessante, e musicalmente era una cosa impegnativa al tempo. Sai che la musica suona ancora bene. In effetti il disco Rage in Eden è appena stato ripubblicato, e stranamente sta ricevendo recensioni migliori ora di quanto avesse fatto quarant’anni fa. Il che è pazzesco!

E’ pazzesco, ma se ci pensi siamo in un periodo in cui sta uscendo un sacco di musica che in qualche modo richiama il suono degli anni ‘80. E’ come se stessimo riportando indietro quel suono provando a crearci qualcosa di nuovo. E penso che proprio tu, Midge Ure, abbia portato un suono nuovo, prima di tutto chiaramente agli Ultravox che arrivavano da sonorità un po’ diverse negli anni 70. Ma i primi anni ’80 sono stati un periodo molto creativo per quanto riguarda la musica. Un nuovo sound stava esplodendo, e voi non avevate timore di usarlo al massimo del suo potenziale, non so se sei d’accordo…

Certo che sono d’accordo. La gente parla degli anni ‘80 come un periodo musicalmente creativo. Ma credo che si tenda a dimenticare che era un periodo creativo anche da un punto di vista tecnico. All’improvviso nei tardi anni ’70 mi sono potuto comprare un sintetizzatore, ho comprato il mio primo sintetizzatore nel 1978. I sintetizzatori sono diventati accessibili da quando i costruttori giapponesi hanno iniziato a produrli. Prima di quel periodo un piccolo sintetizzatore ti poteva costare quanto una casa, era una cosa folle. Quindi è arrivata questa tecnologia del tutto nuova. Qualcuno la vedeva come una sorta di scherzo, uno strumento un po’ comico. Altri come uno strumento che aveva come unico limite la tua immaginazione. A qualsiasi cosa pensassi, la potevi probabilmente creare su una di quelle macchine. Quindi noi come Ultravox le abbiamo prese a bordo, e le abbiamo usate nello stesso modo di come usavamo la chitarra, o il basso, o la batteria, o un violino, o il piano, o la voce. Li abbiamo usati, li abbiamo integrati nella band. E chiunque avesse visto gli Ultravox suonare live ne primi anni ‘80, avrebbe visto che eravamo una rock band. Eravamo una band molto potente. Ma usavamo anche un sacco di suoni elettronici. E la gente tende a pensare, per via del grosso successo commerciale che un certo tipo di musica iniziò ad avere in quel periodo, che molta di quella roba fosse solo pop con dell’elettronica. E pensavano all’elettronica, ai sintetizzatori, come a uno strumento per fare musica banale e vagamente rumorosa. Poi vedi gli Ultravox che usano il sintetizzatore, ed è come vedere atterrare Jimi Hendricks, come assistere all’accadere di una cosa del tutto diversa.

Questo anche perché, come hai appena detto, questi strumenti hanno iniziato ad essere accessibili, e quindi sono passati dall’essere qualcosa di sperimentale, all’essere qualcosa di raggiungibile e disponibile per le rock band ma anche per il pop, nella sua migliore accezione. Quindi ha iniziato a caratterizzare il sound degli anni ‘80. Poi la storia è strana, perché negli anni ‘90 e primi 2000 si è iniziato a giudicare la musica degli ‘80 come qualcosa di artificiale, di plastico, non molto nobile. Ora invece la si sta riscoprendo come qualcosa di molto più legato alla sperimentazione che non qualcosa di artificiale…

E’ molto vero. Quando pensi alla musica moderna, dalle big band degli anni ‘40 e ‘50 in poi la musica non è cambiata così tanto. Da quando la gente ha iniziato a registrare la chitarra, il basso e la batteria per fare musica pop. In questo momento ad esempio sono in Olanda per un live, e in questo posto c’è un giradischi e una collezione di dischi. Abbiamo messo su una traccia di Stevie Wonder registrata nel 1971, che non suona poi così diversa da come si registra oggi. Quindi è sempre lo stesso processo. Può essere digitale, può essere leggermente diverso, ma è lo stesso tipo di processo. Quindi ciò che puoi fare con la strumentazione che hai riguarda esclusivamente le idee. C’è una bellissima espressione che dice “se dai a cento scimmie una macchina da scrivere e abbastanza tempo, una di loro finirà per scrivere le opere di Shakespeare” . Quindi, se dai a cento band la stessa attrezzatura, quella con una buona idea farà qualcosa di interessante.

Nei prossimi giorni in Italia, prima Firenze, poi Milano. Cosa ci dobbiamo aspettare?

Giusto. Beh, come dicevamo il tour si concentra su due dei dischi principali degli Ultravox, il disco dopo “Vienna”, che è “Rage in Eden”, e il disco successivo, “Quartet”. Uscirono ad un anno di distanza l’uno dall’altro. Quindi ha senso che ci si sia concentrati su quelli, ma non è tutto quello che suoneremo. Faremo anche altri brani degli Ultravox, o brani miei. E chiaramente saremo in Italia, quindi dovremo per forza fare Breathe, altimenti l’Italia mi odierebbe, e non voglio che succeda.

Non ti odieremmo ma sarebbe un rischio…

Devo farla. Quindi stiamo preparando queste cose. E i musicisti sono davvero meritevoli. Sono giovani, pieni di talento. Ognuno sa suonare un varietà di strumenti, ed è grandioso, davvero un gran bel pacchetto. E il tutto suona molto autentico, e suona benissimo.

E’ molto particolare il fatto che nel corso degli anni della tua lunga carriera ci siano canzoni a cui in un paese si è più affezionate e altre che invece sono rimaste in altri paesi. Se è vero come si diceva prima che non sei più il ragazzo dei tuoi dischi di anni fa, è come se ogni paese avesse di te un’immagine diversa. Tornando alla musica, e a come la musica del periodo dei dischi “Rage in Eden” e “Quartet” ancora influenzi quella di oggi con le sue sonorità, cosa ti piace nella musica oggi? E ci sono artisti in cui riconosci un uso fatto bene di quel tipo di sound?

Si, ci sono. Ed è come la musica dovrebbe essere. Chiunque sia mai stato coinvolto nel mondo dello spettacolo, lo ha fatto perchè era fan di qualcun’altro. La musica di qualcun’altro li ha ispirati. Come io lo sono stato da David Bowie. L’ho visto in versione Ziggy Stardust a Roxy Music e ho pensato “Questo è quello che voglio fare”. E le influenze non cambiano, non smetti mai di ricevere influenze. Senti qualcosa alla radio, in un film, o da qualche parte e semplicemente tocca la tua anima. E questa cosa non smette mai , e io spero non smetta mai. Io sono costantemente infuso da ciò che fa altra gente. E la musica dovrebbe essere così. Mi piace pensare che ci siano molti artisti là fuori che ascoltano “Vienna”, o “Breathe”, o “If I Was”, o “Dancing with Tears in my Eyes” e questo li ispiri a entrare nella musica, a iniziare a suonare. Un sacco di ragazzi che fanno Dance, negli ultimi dieci, quindici anni, molti dj, molti ragazzi che lavorano sui remix, che fanno EDM, sono passati tutti attraverso i Visage e gli Ultravox come ispirazione, perchè era musica elettronica. E loro hanno gli strumenti, le nuove versioni di quei giocattoli per fare musica nelle camerette. E’ interessante vedere realtà come i Muse, o i Sigur Ros, o qualsiasi altra. Io riesco a sentire pezzettini di Ultravox in alcune di quelle cose. E’ una progressione naturale, è bellissimo che accada.

L’intervista completa a Midge Ure è disponibile all’interno dal podcast “Jack Meets” su Spotify, Apple Podcast e sul sito di Radio Popolare.

  • Autore articolo
    Matteo Villaci
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