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The dropout, Wecrashed e le altre serie sugli imprenditori-scammer

The Dropout

Ci si chiede se sia una coincidenza oppure venga fatto di proposito, ma ogni tanto nella produzione delle serie tv è possibile individuare una tendenza precisa. Quella della prima parte del 2022 riguarda un tipo di personaggi per cui gli anglofoni hanno coniato una nuova parola: “scamtrepeneur”, fusione tra entrepeneur, “imprenditore”, e scammer, “imbroglione, truffatore”. Ad aprire le danze, già a febbraio, era stata Inventing Anna, la serie Netflix creata da Shonda Rhimes per raccontare la storia vera di Anna Sorokin, una giovane donna di origini russo-tedesche che per diversi anni era riuscita a spacciarsi per ereditiera, godendo dei privilegi dell’élite di Manhattan e facendosi “prestare”, anche da grandi banche, centinaia di migliaia di dollari. Poco dopo sulla piattaforma streaming di NBC Peacock – che qui in Italia è possibile trovare su NOW e sui canali online di Sky – ha debuttato Joe vs. Carole, rivisitazione in forma di fiction della vicenda già al centro della docuserie Netflix Tiger King, incentrata sulla faida tra il losco proprietario di tigri Joe Exotic e l’altrettanto losca ambientalista Carole Baskin.

Tra marzo e aprile, su AppleTv+, è approdata WeCrashed, un’altra miniserie basata su una storia d’imprenditoria poco trasparente, ovvero l’ascesa del colosso internazionale di spazi per il co-working WeWork. Nei ruoli dei due protagonisti, i coniugi Adam e Rebekah Neumann, ovvero coloro che si proponevano di rivoluzionare la cosiddetta “cultura da ufficio” offrendo spazi di lavoro flessibili, paradisiaci e iper accessoriati, ci sono addirittura due attori premio Oscar, cioè il trasformista Jared Leto e la sempre ottima Anne Hathaway. La storia dei Neumann, come quella di molte startup similari, è soprattutto una storia di persone capaci di raggranellare investimenti e far lievitare le proprie quotazioni grazie a chiacchiere efficaci, accesso alle persone giuste e capacità di vendere sogni fumosi. Un po’ ciò che è riuscita a fare, e per diverso tempo, la protagonista dell’ultima serie di quest’elenco, The Dropout, da qualche giorno disponibile su Disney+: è anche la più famosa del gruppo, probabilmente, e si chiama Elizabeth Holmes. Grande ammiratrice di Steve Jobs, al punto da vestirsi come lui e da provare a imitarne il modo di porsi e di parlare, Holmes sosteneva di poter produrre e commercializzare una piccola macchina casalinga in grado di effettuare moltissime analisi del sangue a partire da una sola goccia. Fosse esistita davvero avrebbe probabilmente salvato innumerevoli vite e fatto fare grandi progressi alla scienza, ma dopo aver raccolto ingenti fondi ed esser stata proclamata la più giovane miliardaria d’America, Holmes si rivelò incapace di mantenere le promesse: il macchinario non funzionava, e per anni la donna aveva ingannato tutti sostenendo il contrario, mentendo e manipolando i dati.

In The Dropout a interpretare Holmes c’è una straordinaria Amanda Seyfried, attrice diventata celebre da adolescente con Veronica Mars e Mean Girls e più recentemente candidata all’Oscar per il film Mank. Tutte queste serie hanno in comune, oltre alle vicende vere di piccole e grandi truffe, anche l’origine in un prodotto di non fiction: Inventing Anna è tratta da un lungo articolo-inchiesta del “New York Magazine”, WeCrashed da un apprezzato podcast, Joe vs. Carole come si è detto dalla docuserie Netflix Tiger King, e The Dropout ancora da un podcast che già era stato trasformato in una miniserie documentaria. Non si tratta quindi di vicende sconosciute riportate alla luce del grande pubblico, anzi, sono tutti fatti di cronaca piuttosto recenti e, almeno negli Stati Uniti, anche molto seguiti e dibattuti dall’informazione giornalistica e dall’opinione pubblica. Rimetterli in scena con grandi attori e una ricostruzione accurata di ambienti e costumi permette di aumentarne la fascinazione, certo, ma anche di sottolinearne ancora di più la dimensione di storia esemplare: una decostruzione del sogno americano e del mito del self-made man (o woman), dell’ideale tossico del successo a tutti i costi e dell’imprenditore che s’è fatto da solo e che invece si rivela platealmente fatto solo di fumo. Suonano anche un campanello d’allarme, in un’epoca in cui gli imprenditori dell’hi tech vengono venerati come guru: siamo sicuri che sia saggio fidarci così tanto di loro?

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Arooj Aftab, cantante, compositrice e produttrice pakistana nata in Arabia e residente da anni a New York, è in tour con il suo disco Night Reign. Mercoledì a Jack è andata in onda la chiacchierata avuta con lei da Matteo Villaci in occasione della sua data milanese alla Triennale.

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