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Crisi in Tunisia, secondo l’ex ambasciatore Armando Sanguini non si tratta di un colpo di Stato

Tunisia proteste

Il presidente della Tunisia Kaïs Saïed ha sospeso il Parlamento per 30 giorni e ha rimosso il primo ministro Hichem Mechichi. Il capo dello Stato ha dichiarato che “non si tratta di un colpo di Stato” e di aver agito nei limiti della Costituzione del Paese. Ai microfoni di Radio Popolare Martina Stefanoni ha intervistato Armando Sanguini, ex ambasciatore e senior advisor Medio Oriente e Nord Africa dell’ISPI. L’intervista è riascoltabile nel podcast di Ora di Punta

La decisione del presidente Kaïs Saïed è rischiosa, ma coraggiosa. Da tempo la situazione era diventata insostenibile sia per le conseguenze del Covid (la Tunisia aveva un ottimo servizio sanitario e si è ritrovata ad avere pochissimi vaccini, poche attrezzature e un tasso di infettività altissimo) sia per la situazione economica e sociale disastrosa.
C’è forte malumore nel Paese. La classe dirigente, espressa in questo governo, ha dimostrato tutta la sua incapacità di far fronte all’emergenza e di risolvere i problemi fondamentali del Paese: corruzione e incompetenza. È una situazione molto delicata, ma secondo me non si tratta di un colpo di Stato. Il Parlamento non è stato sciolto. È solo stato “mandato a casa” il governo, cosa che rientra fra le potestà del presidente. In questi minuti Saïed sta ricevendo il capo dei sindacati tunisini. Possiamo aspettarci la nomina di un nuovo primo ministro, il quarto in un anno.
È una situazione delicata che rischia di far saltare quello schema democratico conquistato grazie alla rivoluzione dei  gelsomini del 2011.
La strada intrapresa da Saïed è stata criticata da molti paesi tra cui Francia, Italia, Algeria e Arabia Saudita.
Credo che questa sia una circostanza eccezionale che ha indotto Saïed a decidere di cambiare rotta molto rapidamente. Ovviamente è una manovra rischiosa, perché purtroppo in questi casi si sa come si inizia, ma non come si finisce. La situazione politica è frammentata e litigiosa e che rischia di rimetterci è la popolazione tunisina.

Il presidente si è appellato all’articolo 80 della Costituzione. Questo articolo prevede che dopo 30 giorni intervenga la Corte Costituzionale, che però in Tunisia non è mai stata nominata…

Il presidente ha sospeso per 30 giorni l’attività parlamentare per dare la possibilità ai partiti di trovare un intesa e soprattutto una compagine di governo degna di questo nome. Fra 30 giorni il Parlamento riprenderà la sua attività. La sospensione non è lo scioglimento delle Camere.

Una volta che il potere sarà concentrato nelle mani di una persona sola non c’è il rischio che ci rimanga?

Questo sarebbe il rischio totale. Tuttavia ritengo che Saïed non sia un uomo da colpo di Stato. Credo che si sia stufato dei litigi interni e dell’ingovernabilità del Paese. La Tunisia ha bisogno di una sferzata, ma sempre rimanendo in un contesto di democrazia. Il fatto stesso che Saïed abbia chiamato il presidente dei sindacati a palazzo è l’indicazione di rotta di un uomo che vuole trovare un a soluzione pratica a questo delicato problema economico e sociale.
Questa ovviamente è la mia opinione. Non posso sapere quello che succederà fra 30 giorni .

Come dobbiamo leggere la chiusura della sede locale di Al Jazeera?

Al Jazeera ha 2 facce. Ha delle caratteristiche occidentali che tutti apprezziamo, è un luogo aperto e pieno di discussione, ma è un media che ospita anche l’islamismo più radicale.
Al Jazeera ha preso una posizione nettissima a favore di Rached Ghannouchi, che è il responsabile di Ennahda.
Non dimentichiamoci che Al Jazeera viene dal Qatar che è intimo sodale della Turchia. Faccio questi riferimenti per far capire come, nel mondo arabo, le cose vengano vissute in maniera diversa da come le vediamo noi. In tutta probabilità il giornale si era fatto portavoce di Ghannouchi.

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    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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