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“Israele sta commettendo crimini contro l’umanità di apartheid e persecuzione”: la denuncia di Human Rights Watch

Israele - Human Rights Watch ANSA

La parola “Apartheid”, nella mente della maggior parte delle persone, si collega subito al Sudafrica e alla politica di segregazione razziale istituita dal governo bianco del paese alla fine degli anni ’40. Il suo significato, però, è più ampio e si riferisce ad una grave oppressione discriminatoria di un gruppo etnico rispetto ad un altro ed è considerato un crimine contro l’umanità. Aver chiaro il significato della parola è fondamentale per capire l’entità dell’accusa che l’organizzazione statunitense per i diritti umani Human Rights Watch ha mosso alle autorità israeliane. Con un rapporto intitolato “Un limite superato”, l’associazione ha accusato Israele di aver portato avanti dinamiche persecutorie e di essersi macchiato del crimine dell’Apartheid nei confronti della popolazione palestinese. Secondo il rapporto la politica del governo israeliano è di “mantenere la dominazione degli ebrei israeliani sui palestinesi commettendo gravi abusi”.

Tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano, nell’area che comprende Israele e i territori occupati palestinesi, vivono circa 6,8 milioni di israeliani e 6,8 milioni di palestinesi. Un’equità numerica che, però, non si rispecchia in un’equità sostanziale. “In quasi tutti gli aspetti della vita”, si legge nel report, “le autorità israeliane privilegiano metodologicamente gli ebrei israeliani mentre reprimono i palestinesi”. Con l’obbiettivo di mantenere il dominio israeliano sui palestinesi, le autorità, negli anni, hanno spodestato, confinato, separato con la forza e soggiogato la popolazione. Pratiche che, in alcune aree, si sono concretizzate in modo talmente violento da essere considerate crimini contro l’umanità.

Secondo Omar Shakir, il direttore dell’organizzazione per Israele e Palestina, questa è la conclusione più dura a cui Human Rights Watch è arrivata in 30 anni di ricerche sul campo e di analisi degli abusi commessi da Israele nei confronti dei palestinesi. L’associazione, infatti, prima d’ora era sempre stata molto cauta, e non aveva mai accusato il Paese di crimini contro l’umanità. Nonostante la prudenza che l’ong ha sempre mostrato nel trattare la questione, il Ministero degli Esteri israeliano ha risposto alle accuse affermando che l’associazione è nota da tempo per la sua agenda anti-israeliana, e per anni di tentativi di boicottaggio di Israele, e ha bollato il rapporto come “propaganda priva di alcuna credibilità”.

Il premier palestinese Mohammed Shtayyeh, invece, ha commentato: “Il rapporto definisce in maniera articolata le politiche israeliane e le atrocità contro il popolo palestinese usando la giusta definizione per crimini e criminali“.

La questione israelo-palestinese non è certo nuova, ma gli abusi nei confronti dei palestinesi non accennano a diminuire ma, anzi, con il parlamento odierno – uno dei più conservatori e razzisti della sua storia – si è aggravata la situazione. Sono sempre più frequenti le manifestazioni, appoggiate da politica e polizia, in cui si inneggia allo sterminio dei palestinesi. “Death to Arabs” è lo slogan. In un editoriale pubblicato sul quotidiano Hareetz, Sami Abou Shahadeh – storico e membro del parlamento per il partito arabo israeliano – scrive che è ormai evidente come ci sia una necessità urgente di garantire protezione internazionale al popolo palestinese che, ora, non deve solo difendersi dalla brutalità delle forze armate, ma anche da quella dei normali cittadini, rafforzati dalla loro nuova rappresentanza in parlamento e alimentati da una visione razzista della supremazia ebraica.

Per anni, dice il rapporto di Human Rights Watch, Israele è stata avvertito che un atteggiamento come quello portato avanti dalle autorità avrebbe condotto ad un Apartheid. Ora, il limite è stato superato.

  • Autore articolo
    Martina Stefanoni
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    Se ne parla solo quando c'è un suicidio, ma il tema della salute mentale negli istituti penitenziari va ben oltre i fatti di cronaca nera ed è un tema che investe chiunque abbia a che fare col carcere. Detenuti e detenute in primis, ma anche chi tra quelle mura ci lavora: educatori e educatrici, psicologi e psicologhe, agenti di polizia penitenziaria. Tra sovraffollamento, scarse condizioni igienico-sanitarie e politiche poco umane, si rischia di impazzire. Ne abbiamo parlato con il consigliere comunale di Milano Alessandro Giungi, il consigliere regionale lombardo Luca Paladini, il nuovo garante dei detenuti di Milano Luigi Pagano, col coordinatore del dipartimento di amministrazione penitenziaria della Fp-Cgil della Lombardia Andrea De Santo e con la coordinatrice di Antigone Lombardia Valeria Verdolini.

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