Approfondimenti

Le riaperture anticipate al 26 aprile, il pessimo segnale di Draghi su Zaki e le altre notizie della giornata

Speranza Draghi

Il racconto della giornata di venerdì 16 aprile 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Draghi e Speranza annunciano in conferenza stampa il ritorno della zona gialla dal 26 aprile, mentre il Presidente del Consiglio finge che la campagna vaccinale stia procedendo senza problemi e dà un pessimo segnale sulla posizione dell’Italia sul caso di Patrick Zaki. Si è aperto oggi il nuovo processo sulla strage di Bologna che vede imputati Paolo Bellini e l’ex carabiniere Peiergiorgio Segatel. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia e nel Mondo.

“Un rischio ragionato”: Draghi anticipa le riaperture al 26 aprile

(di Anna Bredice)

“Un rischio ragionato”, così Draghi sintetizza il senso della decisione presa oggi, che ripropone le zone gialle prima di quanto previsto dal decreto in vigore che scade il 30 aprile.
Quattro giorni prima, quindi, il 26, tra dieci giorni, scatteranno le zone gialle laddove i dati dei contagi lo consentiranno e il giallo porta con sé una grande novità: bar e ristoranti potranno riaprire servendo solo all’aperto, con tutte le precauzioni date dalle mascherine e distanza, perché, spiega il Presidente del Consiglio, si è capito che all’esterno le probabilità di contagio sono minori.
Ma se Salvini può intestarsi la riapertura degli esercizi commerciali, Speranza non cede invece sul coprifuoco che al momento rimane fermo alle 22. Altra importanti novità: cinema, teatri, spettacoli, eventi sportivi aperti sempre il 26 aprile e nelle zone gialle e arancioni gli studenti delle superiori andranno tutti a scuola in presenza. Inoltre sarà possibile spostarsi tra regioni gialle, mentre servirà un pass per le regioni di diverso colore.
È questo il “rischio ragionato”, che ha convinto Draghi a cedere rispetto ad un rinvio al tre maggio. “Se si seguiranno le regole di sicurezza, dice Draghi, sarà un’occasione per tornare alla vita sociale”, ma la decisione di oggi per il presidente del Consiglio è irreversibile, se la campagna vaccinale andrà avanti come deve non ci saranno passi indietro rispetto al programma di riaperture concordate oggi.
In conferenza stampa Draghi ha voluto accanto a sé Speranza, per blindarlo e dirgli pubblicamente che ha fiducia in lui, ma l’impressione è che la programmazione decisa oggi risenta delle pressioni molto forti di questi giorni.
Ancora una settimana, quindi, e inizierà una fase che il governo seguirà con molta prudenza e anche timore. Dopo le aperture del 26, a metà maggio riapriranno le piscine e dal primo giugno le palestre.

Il pessimo segnale di Draghi sulla cittadinanza a Patrick Zaki

(di Lorenza Ghidini)

Sul finale della conferenza stampa Mario Draghi è scocciato: aveva chiesto che ogni giornalista facesse solo una domanda, ma tutti ne hanno fatte ben di più. L’ultimo però fa una domanda che irrita particolarmente il Presidente: il Governo concederà la cittadinanza italiana a Patrick Zaki?
Draghi, che fino ad allora aveva risposto anche alle domande fuori tema, prima cerca di liquidare il cronista, infine risponde sbrigativo: “È una iniziativa del Parlamento, il Governo al momento non è coinvolto”. Un pessimo segnale, commenta Amnesty International che si batte per la libertà di Zaki dal giorno del suo arresto in Egitto.
Una brutta figura, anche, perché il Governo è direttamente interpellato dalla mozione bipartisan approvata un paio di giorni fa al Senato. E aveva anche dato parere positivo.
Nella maggioranza si fanno sentire PD e Movimento 5 Stelle, augurandosi che l’esecutivo dia seguito all’impegno preso con il Parlamento. Nell’opposizione Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana si augura che l’iniziativa del Senato non sia stata solo propaganda.
Di certo c’è che il Governo, come i suoi predecessori, non ha nessuna voglia di fare pressioni sul regime egiziano: il caso Regeni insegna.

Draghi sposta l’attenzione dai vaccini alle riaperture

(di Michele Migone)

Solo una settimana fa il centro dell’attenzione erano i vaccini, gli over 80 abbandonati dalle Regioni, il criterio anagrafico ignorato, le altre categorie che rubavano il posto agli anziani.
Sette giorni dopo, la prospettiva è totalmente cambiata. Nella conferenza stampa tutto questo è sparito, come se non esistesse più. Tutta l’attenzione è stata riservata alle riaperture e alla ripresa economica. La tentennante campagna vaccinale e l’andamento drammatico dell’epidemia sono scomparsi. Sette giorni fa, Draghi aveva detto che uno dei possibili criteri per riaprire avrebbe potuto essere la percentuale di vaccini fatti nelle singole regioni. Oggi, non ne ha fatto cenno. Si è limitato a dire che la campagna sta andando bene. Sa però che non è vero. Gli obiettivi posti solo sette giorni fa dal Generale Figliuolo non sono stati raggiunti. Il record di vaccini lo abbiamo fatto settimana scorsa, con 325mila dosi somministrate, ma il colpo d’ala è rimasto solitario: siamo sotto di 40mila vaccinazioni al giorno rispetto a quota 315mila, l’obiettivo medio quotidiano fissato da Figliuolo. Siamo in ritardo di almeno un mese rispetto alla tabella di marcia, indietro rispetto ai maggiori paesi europei, dove ora, come in Germania, si vuole chiudere, non riaprire. Ma di tutto questo, nella conferenza stampa non se ne è parlato. Draghi scommette sul fatto che entro metà giugno i più anziani siano vaccinati e che la diffusione del virus non possa aumentare più di tanto grazie al fatto che le riaperture riguarderanno per lo più attività all’aperto, a parte la scuola. Lo ha chiamato rischio calcolato. Ma, quale calcolo? Se si guardano i dati dell’epidemia e delle vaccinazioni, sette giorni dopo, poco è cambiato rispetto a sette giorni prima.

Periferie. Il caso San Siro conferma che la politica e la città guardano altrove

(di Roberto Maggioni)

Ci sono pezzi delle nostre città dove lo Stato si fa vedere solo con la polizia. Così è successo anche questa mattina nella zona popolare di San Siro. “Viviamo in cinque in una stanza di 40 metri. Siamo buttati per strada da quando sono baby. Non sento nessuna domanda, vengo dalla perif“. 
È un pezzo di una canzone di Neima Ezza, il rapper di San Siro che una settimana fa ha chiamato amici e fan per girare il video di un nuovo brano. Ne sono arrivati 300, poi è arrivata anche la polizia per disperdere l’assembramento e alcuni di quei 300 adolescenti non se ne sono andati dalla piazza, andatevene voi, urlavano ai poliziotti. Lanciando sassi e bastoni per una decina di minuti. Oggi la polizia fa tredici perquisizioni, il rapper è stato denunciato per l’assembramento (questo sì resterà nella storia del rap, una denuncia per assembramento), la politica e la città guardano altrove, delegando alla polizia una questione sociale, derubricando al solo ordine pubblico un fenomeno che nelle case dei milanesi è già entrato attraverso i cellulari dei loro figli, che ascoltano le parole di chi vive in periferia e regalano views su youtube. Mentre la politica non sa che fare.

Si è aperto il nuovo processo sulla strage di Bologna

(di Riccardo Tagliati)

“Mi sento come Sacco e Vanzetti”. Paolo Bellini cita i due anarchici italiani ingiustamente
giustiziati a Boston nel 1927 per dirsi innocente mentre entra in Tribunale, a Bologna, dove lo
attende la Corte d’Assise per giudicare se fu uno degli autori materiali, insieme a Gisva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, del più grave attentato della storia dell’Italia repubblicana.
Con lui, sul banco degli imputati c’è anche l’ex carabiniere Peiergiorgio Segatel, accusato di
depistaggio. Assente il terzo imputato, Domenico Catracchia, ex amministratore delegato di società
immobiliari legate ai servizi segreti, accusato di false dichiarazioni ai Pm.
La bomba alla stazione del 2 agosto 1980, con le sue 85 vittime e gli oltre 200 feriti, fu un tentativo di “sabotare la democrazia” ha detto l’avvocato di parte civile Andrea Speranzoni. In aula, affianco ai tanti famigliari delle vittime c’erano anche il sindaco Virginio Merola e la vice presidente della Regione Elly Schlein a sottolineare come sia ancora forte a Bologna la richiesta di arrivare a tutta la verità sulla strage. “È un processo epocale” ha detto Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei famigliari delle vittime.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia e nel Mondo

(di Chawki Senouci)

Il mondo è di fronte a due modelli: il Brasile di Jair Bolsonaro e la Gran Bretagna di Boris Johnson. Il Brasile, guidato da un Presidente negazionista, è il secondo paese più colpito
dal COVID dopo gli Stati Uniti: nelle ultime 24 ore 4mila morti e 70mila contagiati per un totale di 365mila vittime e 14 milioni di contagiati.
La Gran Bretagna, invece, per uscire dalla crisi ha optato per la politica del doppio binario: chiusure e vaccinazione ad oltranza. 41 milioni di dosi sono state già somministrate. Risultato: nelle ultime 24 ore 2.600 positivi e 30 morti.
Tra questi due modelli la maggiore parte dei governi ha scelto il più virtuoso compatibilmente con la disponibilità del vaccino. Quindi c’è chi sta accelerando sulle vaccinazioni come gli Stati Uniti, e chi come Francia e Germania puntano ancora sul confinamento, ritardando le riaperture.
Macron ha detto ieri ai sindaci che qualcosa si farà verso il 15 maggio, ma che imparando dagli errori del primo lockdown si procederà per tappe, e se dopo tre settimane calano i contagi allora si possono valutare altre aperture e cosi via. Lo ha chiamato il metodo del rubinetto che si apre lentamente.
Per Angela Merkel, invece, la priorità assoluta in questo momento è invertire la curva. Davanti al parlamento la cancelliera ha difeso oggi il divieto di uscita come una delle misure per contenere la terza ondata della pandemia in Germania: “Purtroppo dobbiamo dire di nuovo: la situazione è seria e cioè molto seria!
Intanto Parigi e Berlino cercano di recuperare il ritardo nelle vaccinazioni: la Francia viaggia tra i 400mila e 500mila dosi. Nella giornata di ieri in Germania, un nuovo record si è registrato con la somministrazione di 738 mila dosi, più del doppio rispetto all’Italia.

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    Redazione
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    Una terza via sui manicomi, dopo la loro chiusura stabilita dalla legge Basaglia. È quella che ha invocato il ministro dell’Interno Piantedosi, commentando l’accoltellamento della donna a Milano per mano di un uomo con problemi psichiatrici. Il capo del Viminale ha detto che il caso richiama l’attenzione sul tema, evocando di fatto la riapertura di strutture simili ai manicomi. “Credo vada riconsiderata una terza via con trattamenti delle persone che garantiscano la sicurezza dei cittadini”, ha spiegato Piantedosi in tv. La maggioranza nei mesi scorsi aveva già provato a mettere mano con una riforma alla legge Basaglia. Ma non è la legge 180 ad aver creato insicurezza e abbandono, bensì il definanziamento della sanità pubblica. Come spiega Massimo Cirri, psicologo e conduttore radiofonico.

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    È morto Giorgio Forattini. Il vignettista aveva 94 anni. Fondatore della rivista satirica Il male, nella sua lunga carriera ha lavorato per molti tra i maggiori quotidiani nazionali, da Repubblica, alla Stampa, a Paese Sera al Giornale. Per decenni ha commentato le vicende politiche italiane, con un bianco e nero inconfondibile e una scorrettezza esibita e divertita, la sua vera cifra stilistica. Il ricordo del disegnatore e fumettista Stefano Disegni.

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    Sono più di un abitante su dieci della Lombardia, lavorano, pagano le tasse, hanno figli che vanno a scuola ma restano ai piani bassi dell’ascensore sociale. È il ritratto degli stranieri nella nostra regione, fotografato dal dossier immigrazione che è stato presentato oggi. Rispetto a un anno fa sono aumentati del 2,3%, la meta preferita Milano e il suo hinterland. Del milione e 200mila stranieri, poco meno di un milione ha il permesso di soggiorno, circa la metà di lungo periodo. “Questo nonostante le difficoltà nell’ottenerlo”, dice Maurizio Bove, presidente di Anolf Lombardia, una delle realtà che ha elaborato il rapporto, che chiede una netta revisione delle norme per la regolarizzazione dei migranti.

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