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Voto locale, interpretazioni nazionali

E’ possibile una lettura uniforme e nazionale del voto di ieri per i sindaci? Renzi, il capo del governo e leader del Pd, lo ha escluso: «Si tratta di dinamiche locali, non c’è una lettura uniforme, il voto è stato a macchia di leopardo», ha detto Renzi commentando i risultati delle comunali.

Nello speciale di oggi di Memos sulle elezioni siamo partiti proprio da qui raccogliendo le opinioni del politologo Fabio Bordignon, dell’Università di Urbino e dello storico Luca Alessandrini, direttore dell’Istituto “Ferruccio Parri” di Bologna.

«Oltre a non esserci una lettura univoca – sostiene Bordignon – non c’è nemmeno una lettura definitiva, visto che i conti si fanno alla fine e, a maggior ragione, in una situazione nella quale la maggior parte dei principali comuni andrà al ballottaggio. Per un verdetto definitivo dovremo aspettare la sera del 19 giugno. Indubbiamente, dai dati che abbiamo oggi emergono indicazioni diverse».

Quali sono, professor Bordignon?

«Innanzitutto, come ha riconosciuto lo stesso Renzi, c’è un problema che riguarda il Pd e lo stesso governo. Renzi ha cercato di tenersi a debita distanza da questa consultazione e allo stesso tempo di evitare interpretazioni nazionali del voto. Tuttavia, alcuni risultati hanno inevitabilmente un risvolto nazionale. Mi riferisco in particolare all’esito del primo turno a Milano dove Sala è andato peggio di quanto Renzi stesso si aspettasse. Teniamo conto che Milano, in quest’ultima fase, è diventata quasi la seconda capitale del renzismo, dopo Firenze. Renzi puntava molto su Milano. Si dice che nell’ultima settimana la sua insofferenza nei confronti di Sala fosse cresciuta. E poi ne abbiamo avuto conferma nel risultato di ieri. Un’altra indicazione – prosegue il politologo Bordignon – che emerge dal primo turno e che rappresenta una spia di allarme per la sinistra e il Pd riguarda Bologna. Lì, il candidato non renziano Merola sembrava potesse prevalere al primo turno e invece è rimasto molto sotto la soglia del 50%»

Lo storico Luca Alessandrini mette invece in evidenza il nuovo carattere della politica che emerge dal voto di ieri.

«Siamo di fronte ad una stagione tripolare, ma di un tripolarismo estremamente indefinito. Il centrodestra si è sgretolato: si oscilla tra tendenze moderate e proproste di una destra populista e lepenista. Questa destra porta a casa risultati importanti se pensiamo al 20% di Meloni a Roma. Dall’altra parte l’opzione moderata potrebbe essere rappresentato, anche se non ne sono sicuro, da Parisi a Milano. Se così fosse, rappresenterebbe una buona base per ricostruire il centrodestra, anche se a Roma non è stata percorribile. Infatti, se guardiamo a Marchini, il candidato di Forza Italia nella capitale ha ottenuto neanche l’11%. C’è poi il M5S che rappresenta un tema enorme. Se da un lato il M5S ottiene risultati importantissimi a Roma e Torino, dall’altro è rimasto molto al di sotto di questa soglia in città come Napoli e Milano, dove i risultati non corrispondono all’esplosione di voti registrata altrove. Infine – conclude il professor Alessandrini – c’è la sinistra, dove c’è un problema. Se queste elezioni non sono state un referendum su Renzi, però gli sono assomigliate molto. Il Pd a Roma è stato un problema per Giachetti. Il caso di Bologna, poi, è macroscopico. Merola è stato un sindaco eletto con grande forza, svincolato dalle logiche correntizie interne al Pd, ma oggi subisce un tracollo che va oltre ogni aspettativa. A Bologna c’era, infatti, l’attesa di una vittoria al primo turno per Merola o di un risultato poco al di sotto del 50%, mentre ieri ha ottenuto meno del 40%. E’ un segnale che travolge tutto il centrosinistra. Merola non è un renziano in senso stretto, e certamente non appartiene al vecchio apparato del Pd. Ciononostante tutto ciò non è servito a nulla. Credo – conclude lo storico Alessandrini – che il dato complessivo che emerge dal voto di ieri confermi la tendenza nazionale al tripolarismo, ma un tripolarismo in cerca di definizione».

Ascolta la prima parte della trasmissione

Nel corso della trasmissione ci siamo occupati di due situazioni specifiche. Roma, con il suo voto di ieri e il ballottaggio tra M5S e il Pd: ne abbiamo parlato con Christian Raimo, scrittore e giornalista che vive nella capitale. E la Calabria: Lucio Musolino, inviato del Fatto Quotidiano, ci ha raccontato il voto di Platì, madrepatria della ‘ndrangheta fuori dalla Calabria e il non-voto, la democrazia sospesa, in un’altra terra di mafia come San Luca.

Ascolta la seconda parte della trasmissione

  • Autore articolo
    Raffaele Liguori
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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