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Cosa dovrebbe insegnare il comizio di Salvini

C’è un passaggio fondamentale del comizio di Salvini: “guardate le immagini di Parigi: i gilet gialli qui garantiscono l’ordine pubblico (erano gialle le pettorine del servizio d’ordine-ndr) a Parigi sono in piazza. No alla violenza, ma chi semina povertà raccoglie protesta”.

Una frase che dice tutto del leader della Lega, dice tutto del suo successo. Riesce a essere il vero capo del governo, il ministro dell’Interno che approva norme contro chi manifesta, colui che dice “io sto sempre e comunque con le forze dell’ordine”, e al tempo stesso riesce a essere il leader politico che si dichiara dalla parte dei gilet gialli.

Uomo di lotta e di governo. Stratega di un movimentismo senza tregua di fronte a cui tutti, gli alleati e gli oppositori, sono costretti sempre a inseguire inutilmente.

Ogni volta che Salvini parla di lavoro, di Europa, perfino di tasse, muore politicamente un oppositore di sinistra. Muore perché Salvini gli scippa e fa propri pezzi di quello che dovrebbe essere il suo programma. Muore perché, a differenza sua, Salvini risulta credibile. “Vogliamo una Europa che non sia solo un mercato di consumatori ma che garantisca piena occupazione perché senza lavoro non c’è dignità, chi è precario perde la dignità” ripete Salvini. “Vogliamo una nuova Europa fondata su progresso, lavoro e coesione sociale, piena occupazione, crescita sostenibile”.

Quindi, Salvini è un mago? Non lo è. Semplicemente non sarebbe così forte oggi se non gli fosse stato lasciato completo campo libero da chi dovrebbe essere opposizione. Ok, conosciamo l’obiezione: “di quale opposizione stiamo parlando?” Mettiamola così: da un lato c’è il leader di fatto del governo che parla con voce chiara, univoca e semplice. Dall’altra, ci sono il Pd che corre verso il baratro dopo avere cercato in tutti i modi di arrivare fin lì, e poi ci sono una quantità difficile da calcolare di micro formazioni di sinistra che passano il tempo a farsi una guerra insensata tra di loro. Una guerra che le persone comuni non sono tenute a comprendere né soprattutto ad apprezzare.

Siamo di fronte a una crisi drammatica di credibilità dell’avversario che è alla base del successo del salvinismo. Questo sentimento trasudava dalla piazza leghista. Non è un caso se a sentire parlare di lavoro e dignità c’erano soprattutto persone comuni.

È stata una piazza popolare. Poi sì, in mezzo c’era più di un fascista -romano e non solo- tra una quantità di tricolori impensabile fino a poco tempo fa. C’erano Gianni Alemanno e i suoi ragazzi con le magliette nere con scritto “molti nemici molto onore” (Alemanno vorrebbe riprendersi Roma alleandosi con la Lega e per entrambi sarebbe un gran colpo), c’erano i rayban e gli avambracci tatuati coi lupi. Ma c’era soprattutto un fiume di popolo come nessun partito sa mobilitare oggi, figurarsi quel che resta della sinistra dopo il 4 marzo.

Se uno è di sinistra è corretto che si indigni per il Salvini che rivendica il cosiddetto decreto sicurezza e le politiche sull’immigrazione. Al tempo stesso però farebbe esercizio utile se si chiedesse perché a scandire “piena occupazione, dignità del lavoro, sostenibilità” risultando credibile c’è uno che si presenta sul palco con la felpa della Polizia.

 

Nota:

l’ufficio stampa di Gianni Alemanno ci chiede di rettificare il pezzo affermando che nessun militante del Movimento Nazionale per la Sovranità indossasse magliette con la scritta “molti nemici molto onore”, bensì solamente uno striscione con la scritta “l’Italia non è una colonia”. In un colloquio con il nostro cronista in piazza, il quale può testimoniare che almeno uno dei militanti che reggevano lo striscione indossasse una maglietta nera con la scritta “molti nemici molto onore”, l’ufficio stampa ha precisato: “non si trattava di nostri militanti”.

 

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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