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PD: resa dei conti con Matteo Renzi

Cesare Damiano

Fino a pochi giorni fa il Partito Democratico era pronto a discutere di possibili accordi col Movimento 5 Stelle dopo due giorni di consultazioni col Presidente della Camera Roberto Fico che avevano fatto immaginare un possibile governo PD-M5S.

Ieri, però, l’uragano Renzi si è abbattuto sull’Italia, rompendo giorni di silenzio con una lunga intervista in diretta tv su RaiUno e nell’arco di poche decine di minuti tutto è saltato.

Abbiamo intervistato Cesare Damiano, Ministro del lavoro e della previdenza sociale dal 2006 al 2008 e Presidente della XI Commissione Lavoro della Camera dei Deputati fino al marzo 2018, nonché membro della direzione del Partito Democratico. Damiano, legato alla corrente Sinistra è cambiamento di Maurizio Martina, parla senza mezzi termini di una resa dei conti con Matteo Renzi:

Martina dà una giusta risposta alla gamba tesa di Renzi, perchè ci troviamo effettivamente di fronte a una situazione anomala, ad una sorta di diarchia: abbiamo un segretario reggente e un segretario ombra. Questa diarchia va risolta. Renzi ha perso il referendum, ha perso le elezioni e si è dimesso da segretario, decida di fare – come ha detto – il semplice senatore della Repubblica. È chiaro che se con un’intervista bomba in qualche modo si sostituisce a quella che è una discussione democratica e la condiziona pesantemente, questo non va. Un chiarimento va fatto a tutto tondo, altrimenti noi davvero corriamo il rischio dell’estinzione.

Martina chiede un sostanziale chiarimento da parte di Renzi. Chiede anche un passo indietro da parte dell’ex segretario oppure no?

Questo bisogna chiederlo a Martina. Io penso che un chiarimento vada fatto, deve essere un chiarimento risolutivo. Meglio andare ad un nuovo congresso piuttosto che stare in una situazione di stallo di questo genere. Noi ci apprestavamo a fare una discussione per aprire un confronto il cui esito non era affatto scontato, per giocare la nostra partita. C’era stato un orientamento e convocata una Direzione. Dopo di che siamo, si sarebbe detto in altri tempi, in una situazione extraparlamentare, cioè al di fuori di qualsiasi contesto e di qualsiasi regola democratica. Non si può approfittare del peso mediatico che si può ancora esercitare avendo Renzi plasmato in qualche modo la direzione del partito, avendo vinto un congresso, ma soprattutto i gruppi parlamentari con l’estromissione sostanziale della minoranza, ridotta a 12 componenti tra Camera e Senato, ed esercitare quindi quelle che sono le regole della democrazia di un partito.

Giovedì non si discuterà più dell’accordo coi 5Stelle, che ormai sostanzialmente è saltato. Si discuterà di quale sarà il destino del Partito.

Mi pare che Renzi abbia messo la dinamite sotto il ponte. Di cosa dobbiamo discutere? Di rinforzare un ponte che è saltato in aria? Bisogna anche essere realisti, abbiamo anche un po’ di dignità da difendere, non siamo dei burattini.

Che cosa potrà accadere a questa Direzione con questo nuovo ordine del giorno?

Io non lo so, se cambia l’ordine del giorno o non cambia. Sicuramente cambia il contesto politico. Si stava tentando di fare un’operazione anche di mediazione all’interno del partito e qualcuno è entrato e ha buttato all’aria il tavolo e le carte.

Cosa accadrà invece per quanto riguarda il governo? Saltata questa opzione, Di Maio dice “andiamo a votare”. Quali sono le sue previsioni a questo punto?

Intanto dobbiamo considerare che c’è stato un voto in Friuli-Venezia Giulia che in qualche modo ha dato a Salvini e al centrodestra un’arma molto importante. Se il calo vistoso del Movimento 5 Stelle e un passo avanti della Lega e del centrodestra in generale – un risultato stabile rispetto alle politiche da parte del PD, fermo restando che eravamo mi pare al 26% e siamo al 18% quindi rispetto alle precedenti amministrative è un calo di 8 punti – è giusto immaginare che il centrodestra potrebbe chiedere di ricevere un incarico per tentare in Parlamento di avere la fiducia. Altrimenti si va al voto. A meno che non si faccia un governo di transizione del Presidente che in qualche modo scelga di fare due o tre cose, compresa la riforma del sistema elettorale.

Un governo di centrodestra con l’astensione del PD è possibile immaginarlo?

Francamente io non posso dirlo, non saprei, non ho la sfera di cristallo. Io non dico niente, la situazione è talmente ingarbugliata che bisogna non soltanto capire se c’è un governo, ma anche che cosa fa. Astenersi per fare cosa? Se astenersi per fare cose di destra non mi astengo, per fare cose di sinistra lo vedo difficile in un governo di destra. Non iniziamo a fare previsioni su cose che non si possono prevedere.

Secondo lei Renzi una soluzione del genere la appoggerebbe?

Non lo so, io sono stanco di discutere di Renzi. Vorrei discutere del futuro del Partito Democratico e della sua collegialità, come ha detto Martina. Qui siamo all’egocentrismo esasperato.

Cesare Damiano
Foto dal profilo Facebook di Cesare Damiano https://www.facebook.com/cesare.damiano
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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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