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Croazia, la dura vita dei reporter, tra minacce e pressioni

In Croazia, anche se in pochi lo sanno, i giornalisti, specialmente quelli investigativi, subiscono moltissime pressioni e sono spesso oggetto di minacce. A raccontarcelo è Drago Hedl, noto giornalista investigativo del Jutarnji List, con sede a Zagabria.

Quello che gli è accaduto qualche mese è la riprova del fatto che lo stato di salute dei media croati ha subito, nell’ultimo anno un peggioramento deciso. Nella classifica del sito Giornalisti senza Frontiere, infatti, la Croazia  dal 2016 ha perso 11 punti raggiungendo il 74° posto nella lista delle nazioni con meno libertà.

Hedl stava investigando su un membro del parlamento croato, Franjo Lucić, esponente del partito di governo (HDZ) e sugli affari delle sue aziende. Il reportage avrebbe fatto luce sui suoi traffici sporchi e lo avrebbe messo nei guai. E allora Lucic gli ha offerto dei soldi per non scrivere l’articolo. Ovviamente Hedl ha rifiutato e ha anche registrato la telefonata.

“Il mio giornale ha pubblicato il reportage e anche la conversazione così che tutti in Croazia hanno potuto leggere come i politici agiscono, specialmente i membri del Parlamento” ha affermato Hedl in una intervista con Radio Popolare. “Ora sto aspettando di vedere cosa faranno la polizia e il procuratore di questo caso e penso che perderà la sua posizione in Parlamento”.

Comunque quello di Lucic non è un caso isolato. E’ molto comune tra i politici cercare di corrompere, loro pensano di poter comprare tutto con i soldi e ci sono molti giornalisti che sono stati contattati da politici o aziende per bloccare la pubblicazione di articoli investigativi. Ma il giornalista serio che vuole onorare questo mestiere, che vuole servire il suo lettore o l’ascoltatore o il pubblico certamente non accetterà i soldi per non scrivere l’articolo. In ogni Paese, in ogni società succede questo e io spero che i giornalisti che accettano questa offerta siano la minoranza e non la maggioranza.

“Nell’ultimo periodo molti giornalisti sono stati licenziati o sottoposto a mobbing dai direttore dei giornali, a loro volta costretti dai proprietari delle testate” continua Hedl “Inoltre, nel marzo del 2016 il Parlamento croato ha licenziato il direttore generale di HRT, cioè Radiotelevisione pubblica croata, e ha nominato un direttore che ha retrocesso o spostato circa 70 giornalisti ed editori”.

Quali sono i fattori che minano la libertà di stampa in Croazia oggi?

“Possiamo dire che la situazione della libertà di stampa in Croazia è migliore rispetto a 20 anni fa quando c’era una specie di regime e non c’era amicizia nei confronti della stampa e dei giornali che criticavano il governo” spiega Hedl “Oggi il problema è che abbiamo altre difficoltà: quando parliamo di media possiamo dire che non è la politica a fare pressione sui giornali ma sono le grandi compagnie che hanno azioni nei giornali a fare pressione sugli editori e giornalisti per non far scrivere dei loro affari loschi. Quindi, possiamo dire che la situazione è migliore rispetto a 20 anni fa però certamente il momento migliore per la stampa in Croazia è stato prima dell’ingresso nell’Unione Europea, perché in quel momento la Croazia doveva dimostrare di essere un Paese che rispettava la libertà di stampa e dei giornalisti, in particolare dei giornalisti investigativi. Ma dopo l’ingresso, la situazione è peggiorata perché il Governo adesso si sente sicuro di essere all’interno di un club e pensa di poter fare quello che vuole e infatti le condizioni di lavoro dei giornalisti sono diventate assurde”.

Drago Hedl per il suo lavoro, per la sua integrità e l’importanza dei suoi reportage è stato minacciato tante volte, soprattutto quando scriveva dei crimini di guerra commessi dai soldati croati. Lo spiega lui stesso:

“Lo sai, quando scrivi di certe cose e incontri la gente per strada non è semplice, sei esposto alle minacce dei politici locali e dei membri dell’esercito croato responsabili dei crimini di guerra. Per due volte ho avuto la protezione della Polizia per 24 ore perché  credevano che le minacce che avevo avuto fossero serie e così mi hanno protetto ma è stata anche l’occasione per il Governo di dimostrare che in realtà ha a cuore la sicurezza dei giornalisti”.

“In ogni caso -conclude Drago Hedl -bisogna sempre ricordare una cosa: la libertà di stampa non è qualcosa che può essere garantito dalla Costituzione o da leggi. Dobbiamo lottare tutti per la libertà di stampa ed è una lotta che durerà finché ci saranno politici e giornalisti”.

L’intervista fa parte del progetto European Centre for Press and Media Freedom, a cui contribuisce Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, e di cui Radio Popolare è Media Partner.

  • Autore articolo
    Bianca Senatore
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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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