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Ecco chi evitò il fallimento del Barça

Ci sono tanti muri a Belfast, capitale dell’Irlanda del Nord. Ci sono quelli di cemento e acciaio che dividono i quartieri cattolici da quelli protestanti: circa 40 nella sola capitale, quasi 90 nelle sei contee dell’Irlanda del Nord. E poi ci sono i muri invisibili alimentati da decenni di guerra civile e odio tra le due comunità. I secondi stanno lentamente e inesorabilmente crollando, anche se i troubles, il conflitto nordirlandese che ha insanguinato le contee nordirlandesi (e non solo), con i tremila morti di questo conflitto pesano ancora sulle comunità.

La fotografia del presente è offerta dalle Peace Lines, Linee di Pace. Sono muri, barriere, cancelli, strade interrotte, checkpoint militari e zone di coprifuoco controllate dalla polizia, come se fosse ancora in guerra. Tagliano in due i quartieri più caldi di Belfast, Shankill, Ardoyne, Short Strand, aree di interfaccia, per utilizzare il termine tecnico con cui vengono definite, localizzate nei “punti territoriali con forti connotazioni politiche, etniche e religiose“. Uno di questi Peace Line è nelle adiacenze di Falls Road, una lunga via i cui muri sono impreziositi da decine di murales.

Tra questi uno immortala Lionel Messi, il calciatore del Barcellona recente Pallone d’Oro 2015. Vicino a lui l’effige di un altro calciatore, molto meno famoso (tranne che a Belfast). È Patrick O’Connell, un ex calciatore irlandese, classe 1887, originario di Dublino. Prima di giocare nel Manchester United, e successivamente diventare allenatore del Barcellona, O’Connell indossò la maglietta bianco verde del Belfast Celtic. Formazione filo-irlandese, cattolica e indipendentista, per anni fu protagonista della partita più accesa dell’Irish League (storica lega calcistica nata solo due anni dopo la Football League inglese).

Acerrimo rivale del Belfast Celtic era il Linfield Fc, protestante, filo-britannico e unionista. La partita era l’unica al mondo programmata fin dall’anno prima e si giocava nello Windsor Park nel “Boxing Day”, Santo Stefano. L’ultima venne disputata il 26 dicembre del 1948 e più che per il risultato il match è passato alla storia per la rissa sanguinosa che coinvolse calciatori e pubblico.

Il Belfast Celtic, dopo 56 titoli vinti in 58 anni di vita, cessò di esistere dopo quella partita anche se il mito del Belfast Celtic continua a vivere nei 15 ritrovi ufficiali che ancora oggi vivono (e lottano) a Belfast. Patrick O’Connell fu un pilastro di quella squadra, e sul murale di Falls Road è ritratto accanto a Lionel Messi. Il murale è parte integrante di una campagna che chiede di erigere nel cimitero di Belfast un memorial che sostituisca la tomba senza nome dove riposano le spoglie di i Patrick O’Connell, oggi custodite a Kensal Road, un cimitero di Londra.

O’Connell è ritratto con Messi per il semplice motivo che “la pulce” oggi ha una squadra solo perché O’Connell impedì al Barcellona di estinguersi. Oggi è una delle squadre più ricche al mondo e può sembrare incredibile che gli sia mai capitato di essere una sorta di Parma dell’anno scorso, ovvero una squadra sull’orlo del fallimento. Va ricordato però che quando accadde erano anni particolari. Si era a metà degli anni ’30 e la Liga venne sospesa perché in Spagna era in corso la Guerra Civile. Alcuni team per non rimanere fermi decisero di partecipare alla Liga Mediterranea.

Il Barcellona, allenato da O’Connell, nel 1937 grazie all’intraprendenza del suo coach ricevette la proposta di portare la squadra oltre oceano per una serie di esibizioni in Messico e negli Stati Uniti. In cambio di 15000 dollari, più la copertura di tutte le spese, O’Connell (Don Patricio per gli spagnoli) accettò, rimpinguando corposamente le esangui casse dei blaugrana, che con gli introiti della tournèe oltre Atlantico riuscirono a pagare i debiti pregressi.

È vero che dalla tournèe dei 16 calciatori partiti dalla Catalogna ne tornarono in patria solo quattro (gli altri decisero di appendere le scarpette bullonate a un chiodo ed iniziarono una carriera da emigrante), ma è altrettanto vero che senza l’idea (e l’intraprendenza) di Patrick O’Connell, il trio delle meraviglie formato da Messi, Neymar e Suarez non sarebbe mai esistito.

Sul blog di Onde Road (onderoad.radiopopolare.it) il podcast della puntata su Belfast: murales, cimiteri, George Best, Patrick O’Connell e il Van Morrison Trail.

  • Autore articolo
    Claudio Agostoni
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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