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World Music: con l’album Vida Omara Portuondo ringrazia la vita per la voce, la musica e per essere nata a Cuba

Omara Portuondo

Dieci giorni fa, il 29 ottobre, Omara Portuondo ha compiuto 93 anni, e fra i tanti ha ricevuto anche gli auguri del presidente cubano Diaz-Canel: il minimo per una gloria nazionale come Omara Portuondo. Omara Portuondo è stata scoperta dal pubblico internazionale nella seconda metà degli anni Novanta con l’exploit di Buena Vista Social Club, un album a cui partecipò per caso, perché si trovava negli studi della Egrem dell’Avana per incidere un proprio disco. Ma all’epoca Omara Portuondo aveva già alle spalle quasi mezzo secolo di carriera e fin dagli anni Sessanta era una delle cantanti cubane più popolari.

Nata nel 1930 a Cayo Hueso, un barrio parte dell’odierna municipalità di Centro Habana, una delle aree dell’Avana più popolare e “profonda”, Omara Portuondo esordì nel ‘50 come ballerina del celebre Cabaret Tropicana. Nella prima metà del decennio Omara, assieme alla sorella Haydee, a Elena Burke e a Moraima Secada, cantò nel Cuarteto d’Aida, un gruppo vocale femminile che fece epoca nella musica cubana. Come Elena Burke e Moraima Secada, Omara Portuondo si affermò poi come una delle interpreti prominenti del filin, un genere all’incrocio fra il bolero, il son, l’influenza del jazz americano e della complessità armonica della musica classica: con un lirismo moderno e che non scadeva nel sentimentalismo il filin valorizzava l’emozione dell’improvvisazione e la libertà interpretativa del cantante. Dopo la Rivoluzione, la Portuondo darà poi un contributo importante anche al riconoscimento della Nueva Trova cubana, e collaborerà con formazioni monumentali come Orquesta Aragon e Los Van Van. Una vita pienissima, coronata in età già non più giovane dal successo mondiale con Buena Vista, una vita che Omara Portuondo ringrazia con il suo ultimo album, intitolato appunto Vida: in una breve nota di copertina la ringrazia per la voce che le ha dato, per la musica, e per averla fatta nascere a Cuba.

Una delle canzoni scelte per l’album è proprio Gracias a la vida, di Violeta Parra, che Omara aveva già inciso nel suo album del ‘75, realizzato con il chitarrista cubano Martin Rojas, dedicato al Cile di Allende. Assieme ad un emblema della musica latina, Ruben Blades, canta Honrar la vida, una canzone di Eladia Blazquez, cantante di tango e compositrice argentina della stessa generazione di Omara. E c’è poi, con la partecipazione di Gonzalo Rubalcaba, pianista cubano che è fra i migliori pianisti dei jazz a livello internazionale, Duele, un classico della rinomata coppia di autori Piloto y Vera: fu Giraldo Piloto, come responsabile della etichetta Areito nella Cuba dei primi anni dopo la la vittoria della Rivoluzione, a pubblicare gli album che assicurarono a Omara il definitivo decollo della sua carriera. E poi c’è Now, canzone lanciata nel ‘63 dalla grande cantante afroamericana Lena Horne, e ripresa negli anni Settanta con successo da Omara Portuondo: all’epoca delle lotte per i diritti civili, la canzone immagina cosa avrebbero detto Jefferson, Washington e Lincoln se fossero tornati e fossero stati invitati ad un programma televisivo di punta. Omara Portuondo ha voluto riproporlo pensando all’assassinio di George Floyd e dedica il brano a Black Lives Matter; per quanto riguarda il razzismo Omara Portuondo sa di che cosa parla: sua madre, una ricca bianca di origine spagnola, e suo padre, un famoso giocatore di baseball afrocubano, nella Cuba pre-Rivoluzione non potevano nemmeno, benché sposati, camminare assieme per strada.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    In un documentario la Milano di ieri e di oggi nei ricordi di Aldo, Giovanni & Giacomo

    “Ho sempre pensato che quella di Aldo, Giovanni e Giacomo fosse una favola. La loro vita artistica, che io ho seguito come assistente alla regia nei film di Massimo Venier, è sempre stata caratterizzata da rifiuti e invece hanno fatto di tutto e con grande successo, grazie alla loro determinazione”. E’ per questo motivo che Sophie Chiarello, già regista di “Il Cerchio”, ha voluto esplorare le vite del trio a partire dalla loro infanzia. “Erano tre ragazzini un po' 'sfigati' – come si autodefiniscono - che per provenienza sociale avevano un destino già scritto”. Sono loro a raccontarsi, a sfogliare le foto dell’infanzia e a percorrere la Milano di una volta, proletaria e in bianco e nero. Un ritratto personale, divertente, con le voci di chi li ha accompagnati in tutti questi anni da Paolo Rossi, Marina Massironi, alla Gialappa’s Band. “Attitudini: nessuna” è stato realizzato in diversi momenti con un percorso frammentato che punteggia la carriera artistica del trio tra cabaret, teatro, cinema e televisione. Ascolta l'intervista di Barbara Sorrentini a Sophie Chiarello, regista di “Attitudini: nessuna”.

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