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La comandancia de Fidel

I 72000 metri quadrati della Placa de la Revolucion, all’Avana. E’ qui che si è svolta la prima manifestazione popolare dopo la vittoria della Rivoluzione. Sempre qui si è tenuta la campagna per l’alfabetizzazione voluta da Fidel e da Ernesto Che Guevara.

Ed è sempre nella Placa de la Revolucion che si sono tenuti i discorsi più importanti del Lider Maximo dinanzi a centinaia di migliaia di persone (compreso quello che a tutt’oggi detiene il record mondiale di durata di un comizio: 7 ore).

I muri sbrecciati dalle pallottole della caserma Moncada (oggi trasformata in scuola e museo). Un gruppo di ribelli guidati da Fidel Castro la attaccò il 26 luglio del 1953: nonostante il fallimento dell’operazione è l’evento che segnò l’inizio della rivoluzione cubana. Non a caso quella data fu adottata da Castro come nome del movimento che prese il potere nel 1959, il Movimiento 26 Julio. La Moncada è a Santiago, nell’Oriente cubano. E’ in questa parte dell’isola che risiedono le testimonianze più significative della vita di Fidel, a partire dalla sua casa natale a Biran, nella provincia di Holguin (dal 2009 l’edificio è stato dichiarato “Monumento Nazionale”).

Ma l’epicentro della geografia castrista è sulle pietre a saliscendi del Sentiero de la Plata, sulla Sierra Maestra. E’ il cuore di Cuba: monti di un verde brillante e rigoglioso, le cui vette regalano scorci del mar dei Caraibi. Al belvedere di Alto de Naranjo, nel Parque Nacional Turquino, sopra il villaggio montano di Villa Santo Domingo, i cartelli indicano due sentieri. Il primo porta al Pico Turquino, che con i suoi 1974 metri è la montagna più alta dell’isola. Il secondo conduce alla Comandancia de Fidel.

il-sentiero-verso-la-comandancia

Sono tre chilometri aspri e sconnessi che portano nel cuore della Sierra, là dove Fidel Castro e Che Guevara per due anni diressero la guerriglia contro le forze di Fulgencio Batista. Un’ascesa faticosa compensata da una natura bulimica, durante la quale con un pizzico di fortuna si può avere un incontro ravvicinato con un tocororo, l’uccello nazionale.

A poco meno di metà sentiero c’è la spartana area di sosta Medina.

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Il nome è mutuato da Osvaldo Medina, un campesino che negli anni della rivoluzione viveva lì in una baracca che anche oggi fa mostra di sè. Medina, assieme ai suoi figli, faceva parte del Quinteto Rebelde, un gruppo che suonava per i barbudos che vivevano nella Sierra (dopo la vittoria della rivoluzione Castro li ricompensò con un vitalizio di 350 pesos al mese e i figli di Osvaldo, oggi settantenni, continuano ancora a suonare in giro per Cuba).

la-baracca-di-osvaldo-medina

Al termine del sentiero, dopo uno spiazzo dove oggi atterrano gli elicotteri delle visite ufficiali, c’è la sede della mitica Comandancia. Si può visitare la capanna-comando di Castro, con il suo letto, le librerie in legno e il frigo a cherosene impreziosito dal buco di una pallottola su un fianco. La baracca dove il medico-comandante Ernesto Guevara de la Serna visitava i feriti e quella dove venivano accolti i visitatori (la “Casa de la Prensa” , teatro anche delle interviste con i giornalisti che si arrampicavano quassù).

la-baracca-di-fidel

Per chi ha ancora fiato c’è la possibilità di salire sino al picco che ospitava la stazione di Radio Rebelde.

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Isaia, il campesino che ha fatto da guida ai viaggiatori di Radio Popolare che pochi giorni fa hanno visitato questo santuario laico della rivoluzione cubana, fotografa con queste parole la baracca dove visse Fidel

COMANDANCIA di FIDEL

  • Autore articolo
    Claudio Agostoni
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    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

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