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Via D’Amelio, 24 anni dopo

Via D’Amelio, Palermo, 19 luglio 1992. Il giudice Paolo Borsellino usciva da casa di sua madre. Lo aspettavano i sei agenti della scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Fabio Li Muli e Antonio Vullo, l’unico sopravvissuto. Saltarono in aria: una Fiat 126 era stata caricata con 90 chili di esplosivo. Ventiquattr’ore dopo, Borsellino avrebbe dovuto raccontare ai procuratori di Caltanissetta le confidenze del suo collega Giovanni Falcone, ucciso con la sua scorta e la moglie il 23 maggio.

Paolo Borsellino aveva detto giusto qualche giorno prima che dopo la strage di Capaci (il 23 maggio 1992) si sentiva “un morto che cammina”. Intorno alla sua morte ancora adesso tantissimi dubbi, a partire dalla famosa agenda rossa dove il giudice annotava tutto e che nessuno ha ritrovato sul luogo della strage.

Il commento di Enrico Deaglio, intervistato da Sara Milanese

Non ci sono praticamente indagini. Dopo 24 anni è stato scoperto un clamoroso depistaggio a cui parteciparono i servizi e la polizia con il benestare della politica. Le ragioni di questo depistaggio sono ormai archiviate. Non c’è più nessun ricercato, nessun colpevole”. Ormai è sfiduciato Enrico Deaglio, giornalista e scrittore che ha raccontato in più occasioni lo stragismo mafioso. Bisognerebbe ripartire da lì, dalle ragioni del depistaggio, per riannodare il filo della verità, mai trovato nelle macerie di via D’Amelio. “C’è da chiedersi come mai l’opinione pubblica italiana, dove metto anche la politica, sia stata acquiescente e abbia accettato tutto. Non vedo nessuno schieramento politico che chieda oggi di sapere cosa è successo il 19 luglio 1992. Non interessa più a nessuno, il ricordo è solo un’occasione di militanza”. Proprio il disinteresse è ciò che fa più male.

Ascolta l’intervista completa

Enrico Deaglio

Sono quattro i processi celebrati sulla strage di via D’Amelio

Borsellino 1: Il primo processo fu condizionato da falsi collaborazioni. Come quella di Vincenzo Scarantino e Salvatore Candura, che si autoaccusarono di aver portato l’esplosivo in via D’Amelio. Due anni dopo, è il 1995, Scarantino ritratta: “Mi sono inventato tutto”. Nel 1995 il collaboratore viene giudicato inattendibile.

Borsellino bis: Il processo ottiene la condanna all’ergastolo in Cassazione, nel 2003, di alcuni dei boss più importanti di Cosa Nostra (Salvatore Riina, Pietro Aglieri, Giuseppe Graviano) all’ergastolo.

Borsellino ter: Il nuovo processo scaturisce dalla dichiarazioni di Giovanni Brusca. Tra i nuovi imputati c’è anche Bernardo Provenzano, altro membro della Commissione provinciale, che prendeva le decisioni per Cosa Nostra. Anche per lui c’è l’ergastolo.

Borsellino quater e la Trattativa: L’ultimo processo sulla strage di via D’Amelio dovrebbe andare a sentenza dopo l’estate. Indaga sui “mandanti occulti” della strage e porta in udienza anche Silvio Berlsuconi e Marcello Dell’Utri. Non Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica nel momento della celebrazione del processo. Altro filone del processo riguarda i servizi segreti: tra gli imputati ci sono Mario Mori e Mauro Obinu, ex del Ros, entrambi assolti.

https://www.youtube.com/watch?v=NDyfC3Z_d5A

 

Gli appuntamenti per il 2016 a Palermo e a Milano:

A Palermo il Centro Studi Paolo Borsellino e l’Associazione “Agende Rosse” organizzano una tre giorni (17-18-19 luglio) “per riflettere tutti insieme, fare memoria ed onorare il ricordo del giudice Paolo Borsellino e gli Agenti di Scorta”, scrive il Movimento Agende Rosse. Le iniziative sono organizzate in collaborazione con l’Agesci e la CGIL Sicilia

Milano quest’anno ricorda la morte di Paolo Borsellino con due eventi. Alle 16.15 appuntamento all’albero Falcone e Borsellino, per osservare un minuto di silenzio alle 16.58, ora della strage.

Alle 19 è in programma un convegno in Sala Alessi a cui partecipano, tra gli altri, i sostituti procuratori Donata Costa e Marcello Musso, il sindaco Giuseppe Sala e il presidente nazionale dell’Anpi Carlo Smuraglia.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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