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Venezia città libera e aperta

Veduta della città di Venezia

Il turismo ha ormai una dimensione globale e di massa irriducibile. In specie a Venezia, luogo dell’immaginario desiderante più o meno per almeno metà della popolazione mondiale. Ma cos’è il turismo? Alcuni parlano di “industria del turismo”, il che immediatamente rimanda al profitto come criterio fondamentale, se non unico, e così facendo si fa presto ad arrivare per un verso alle grandi navi che assillano Venezia e inquinano la laguna, e per l’altro ai tornelli che selezionano i visitatori degni d’accesso per censo e classe sociale. Nonchè si produce la concentrazione dei turisti lungo certi prefissati percorsi in base al marketing e agli interessi delle varie corporazioni, creando inevitabilmente fenomeni di folla che s’agglutina, oltre i limiti se non di vivibilità, certamente di agio.

Per non dire dei prezzi spesso, se non sempre, esorbitanti rispetto a una qualità scadente sia dei servizi di ristorazione che di vendita e shopping. Si tratta invece di un fenomeno complesso e multiforme che in una città come Venezia assume certamente un rilievo economico ma pure sociale, politico e antropologico di prima grandezza.

In particolare l’impatto di folle crescenti di turisti multietnici, multiculturali e a largo spettro sociale nonché economico – dai ricchissimi alle persone a reddito modesto, dagli europei agli asiatici, passando per l’Africa e le Americhe, ecc..- può perturbare il delicato equilibrio ecologico tra natura – la laguna e le acque – e costruzione storico artistica, mettendone a rischio la bellezza. Inoltre i flussi turistici laddove sono eccessivi rischiano di rendere problematica la relazione tra cittadini veneziani e “foresti”- i visitatori che vengono da fuori – con conseguenti tensioni e linee di frattura tra diverse categorie, diverse opinioni e diverse ipotesi di soluzione/i.

Un intrico di cui si discute molto, spesso senza avere un quadro sufficientemente preciso della situazione, per cui incombe sempre il pericolo di posizioni preconcette e/o ideologiche, oppure fondate solo su interessi particolari dell’una o dell’altra categoria. Quando invece importante sarebbe costruire una razionalità condivisa tra tutti gli attori in gioco: i cittadini residenti, gli operatori turistici, le istituzioni rappresentative, le entità economiche che operano sul territorio, le associazioni di categoria e professionali, i cittadini turisti, le aziende di trasporto, ecc.. sviluppando opportuni strumenti di governance condivisa e partecipata.

La questione non è che ogni cittadino veneziano diventi imprenditore di se stesso, per esempio moltiplicando i B&B, ma che i residenti prendano per mano i turisti, ne diventino le guide, assumendoli non come polli da spennare ma come cittadini di Venezia seppure provvisori. Si può dire così: Venezia è un bene comune dell’umanità intera, e ogni umano che la visita – poco importa per quanto tempo e con quanti soldi da spendere – va reso responsabile della sua vivibilità e salvaguardia, della sua convivenza civile e armonia.

Base prima di un progetto siffatto è una descrizione comune dello stato dell’arte. Il Laboratorio di Fisica della Città di Bologna in collaborazione con altre entità accademiche e imprenditoriali, ha disegnato una mappa della mobilità pedonale e di servizio pubblico – i vaporetti – in occasione della festa del Redentore nel 2017, in grado di fornire sia lo stato di affollamento che la dinamica di flusso nelle varie ore della giornata. È la prima volta che si dispone di un risultato ragionevolmente preciso sulla dinamica di folla durante una giornata ad alta densità turistica praticamente misurata quasi minuto per minuto.

Uno degli strumenti principali con cui è stata monitorata la mobilità sono i telefonini, che si muovono con l’utente in cammino per Venezia, grazie alle nuove tecnologie messe a punto da TIM, con una precisione nella localizzazione del pedone di circa dieci – venti metri. Ora senza entrare nel merito scientifico specifico, questa tecnologia permette di ripartire la globalità dei presenti in movimento tra le diverse tipologie di utenti, per esempio i cittadini italiani e quelli stranieri, i residenti e i pendolari, ecc.. e a seconda del luogo di ingresso e del mezzo di trasporto utilizzato. Diamo una percezione dei risultati con l’immagine qui sotto che descrive la mobilità pedonale.

Mappa di Venezia

Se poi guardiamo – qui sotto – la densità dei percorsi sulla rete stradale, con la scala del colore che va dal giallo (strade e calli poco utilizzate) al rosso, molto piene, vediamo chiaramente che molte aree di Venezia sono poco se non pochissimo frequentate.

Mappa di Venezia

Quindi questo tipo di misure permette di avere un quadro preciso delle aree della città più o meno occupate dalla folla in movimento nel corso dell’evento ora per ora. Al di là dell’effetto visivo, le figure sono numeri ovvero è possibile estrarre la quantità di persone coinvolte passo a passo. In altri termini abbiamo una rappresentazione “vera”, cioè misurabile, della città pedonale durante un evento molto attrattivo di persone, e a grande valenza turistica.

Il sistema è applicabile a qualunque grande evento, il Carnevale per dirne uno, e anche a ogni giorno dell’anno. Per di più è in grado di predire, date le condizioni iniziali, l’evoluzione dello stato dinamico e di folla, almeno in senso statistico E quindi può costituire la base oggettiva per definire una policy efficace in relazione ai flussi e affollamenti turistici, sia in materia di sicurezza che di fluidità. Ovvero il sistema può diventare l’asse portante di una E–Governance al tempo stesso efficace e democratica, senza alcun bisogno di tornelli e/o sbarramenti (checkpoint).

Infine va sottolineato come un sistema siffatto non esista allo stato attuale in nessuna grande città del mondo, per cui Venezia sarebbe non solo una incubatrice di bellezza che non ha eguali al mondo – il che già è – ma anche diventerebbe il prototipo di un sistema di osservazione e governo delle dinamiche urbane di folla a basso consumo di energia basato sull’informazione e comunicazione – ovvero un sistema sostenibile – fondato sul consenso e la partecipazione degli attori sociali, e insieme rispettoso della privacy degli individui.

Si tratterebbe di una infrastruttura immateriale col pregio della leggerezza nonchè di un costo, rispetto alle infrastrutture materiali, molto contenuto. Perchè non si metta in cantiere, invece dei ridicoli, brutti e oppressivi tornelli, francamente è difficile dire. Sia pregiudizio, ideologia, timore di ledere interessi corporativi stratificati negli anni, oppure semplice stupidità, certo è che, a meno di non blindare la città ben oltre i tornelli facendone un incrocio tra un ghetto e un museo a cielo aperto, cioè comunque un cimitero urbano, col turismo globale Venezia e i veneziani dovranno fare i conti. Infine Venezia è bellissima, ma non può prostituire la sua bellezza oltre un certo limite pena l’involgarimento.

Vanno pensate politiche di ripopolamento e di innovazione, di produzione artigianale sia hightech che tradizionale, di luogo dove scorrano oltre l’acqua anche il pensiero e la cultura, l’arte e l’artscience di cui potrebbe essere capitale mondiale, di valorizzazione della intera laguna e delle sue isole. Dove possa nascere un istituto internazionale e scuola superiore per una ecologia integrale. In fine una citazione di Braudel.

Far rappresentare nei teatri opere venute da ogni parte, far durare più a lungo la mostra del cinema e rendere disponibili le opere presentate nelle sale cinematografiche dell’intera città per tutto l’anno. E, con un pizzico di complicità del governo di Roma, non si potrebbe lasciarle un po’ più di libertà? Farne, che ne so, un porto franco? Fare in modo che ogni Stato vi tenga una propria ambasciata? Una cosa da matti? Chissà. Venezia città libera e aperta. Può essere.

Veduta della città di Venezia

  • Autore articolo
    Bruno Giorgini
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    Raul Gatti è un ex campione del tennis caduto in disgrazia, alcolista e disoccupato, interpretato da Pierfrancesco Favino nel film Il Maestro: “Ho seguito il tennis fin da ragazzo e mi sono subito affezionato a questo personaggio perdente, il più fallito che ho interpretato nella mia vita. Perché anche quelli che ho rappresentato in passato, per quanto fossero decaduti, avevano comunque un atteggiamento da vincenti”. Siamo negli anni ‘80 e Gatti viene assoldato per allenare un giovanissima promessa, Felice Milella, un ragazzino di 13 anni con i numeri per partecipare ai match più prestigiosi. Il regista Andrea Di Stefano aveva questo progetto nel cassetto molto prima che il tennis tornasse ad essere uno sport di moda: “Ho scritto questa sceneggiatura nel 2006, l’ho depositata e abbiamo le prove – ironizza il regista. Doveva essere il mio primo lungometraggio, prima ancora di realizzare L’ultima notte di Amore, con Pierfrancesco Favino, a cui avevo già pensato allora per questo personaggio di divo decaduto”. L'intervista di Barbara Sorrentini al regista Andrea Di Stefano e a Pierfrancesco Favino.

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