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Valencia un mese dopo l’alluvione

Valencia
È passato un mese dall’alluvione che ha colpito Valencia, e si cercano ancora 4 dispersi. L’estensione dell’area interessata dall’alluvione, unita alla grande quantità di fango, resti di vegetazione e detriti, rende la ricerca estremamente difficile.
Quella che ha colpito Valencia è stata una perturbazione eccezionale nel Mediterraneo. Alimentata dal cambiamento climatico, ha lasciato un tragico bilancio di 222 morti, in gran parte anziani rimasti intrappolati nelle loro case. A questi si aggiungono quattro dispersi e oltre 75 comuni devastati. Con danni stimati in oltre 31 miliardi di euro, migliaia di persone hanno perso tutto, e il processo di ricostruzione si preannuncia titanico.
Un mese dopo, 20.000 pompieri, militari e volontari continuano a lavorare per rimuovere tonnellate di fango e i 120.000 veicoli distrutti, mentre le persone colpite cercano di ricostruire le loro vite in un contesto segnato dall’incertezza e dalla devastazione.

Per gestire la ricostruzione è stato scelto un ex generale dell’esercito, una decisione che ha suscitato polemiche non solo perché in Spagna i militari sono coinvolti raramente nella gestione che spetta ai politici, ma anche perché, per pagarli, la regione ha dovuto rimuovere il tetto salariale che limitava gli stipendi a 80.000 euro all’anno.
Anche l’impatto politico è stato durissimo. La gestione del governatore regionale, Carlos Mazón, è ancora al centro delle polemiche, soprattutto per aver mantenuto un pranzo con una giornalista il giorno dell’allerta rossa per piogge e per essere arrivato con due ore di ritardo al centro di emergenza. Un centro che non ha inviato l’SMS di allarme alla popolazione fino alle 8 di sera, quando ormai era troppo tardi. I tribunali valenciani hanno ricevuto numerose denunce legate alla gestione del disastro, ma ancora non c’è stata nessuna incriminazione formale.
Mazón ha attribuito la responsabilità agli organismi statali, come l’Agenzia Meteorologica e la Confederazione Idrografica, accusandoli di non aver trasmesso informazioni adeguate sulla gravità della situazione. Accuse smentite dalle continue comunicazioni che dimostrano il contrario.

La pressione cittadina, però, non si è fermata: questo fine settimana, circa 100.000 persone hanno manifestato a Valencia per chiedere le dimissioni del governatore, denunciando una cattiva gestione e la mancanza di supporto effettivo per i colpiti.
Inoltre, il governo centrale di Pedro Sánchez e quello regionale continuano a scontrarsi sulla dichiarazione di emergenza nazionale e sulle responsabilità amministrative. Uno scontro che ha bloccato per due settimane la nomina a commissaria europea di Teresa Ribera.

Sul fronte economico, le inondazioni hanno gravemente colpito settori chiave della regione, che rappresentano un terzo dell’occupazione provinciale. I danni diretti ammontano a oltre 13 miliardi di euro, senza contare la contaminazione di aree agricole e industriali. Inoltre, ci sono oltre 128.000 veicoli distrutti, creando una domanda senza precedenti che i concessionari non riescono a soddisfare.
«Andiamo avanti lentamente. Ora non vediamo più fango, ma è tutto pieno di polvere. Le fogne sono rotte e la merda esce per strada», dice Maricarmen, una vicina di Paiporta, uno dei comuni che stanno ancora lottando contro tonnellate di fango e problemi sanitari. Mentre alcuni comuni hanno raggiunto una relativa normalità, ci sono problemi che sembrano minori, come gli ascensori fuori uso, ma che hanno lasciato molte persone anziane confinate nelle loro case. Inoltre, ci sono ancora più di 10.000 alunni che non hanno una scuola dove tornare.

  • Autore articolo
    Giulio Maria Piantadosi
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    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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