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Uniti per salvare il patrimonio di Palmira

Situata in un’oasi posta a 240 chilometri a nord-ovest di Damasco, da maggio 2015 la città di Palmira è rimasta sotto il controllo dello Stato Islamico. Questo fino a poche settimane fa quando l’esercito siriano, anche in seguito alle decine di bombardamenti compiuti dall’esercito russo, ne ha ripreso il possesso.

Nominata patrimonio dell’umanità dall’Unesco, Palmira è stata uno dei più importanti centri culturali del mondo antico. Ricca di opere grandiose e famosa per i suoi templi antichi, la città siriana permetteva ai visitatori di respirarne la storia. Raro vessillo di una civiltà plurale e multietnica – era luogo di incontro e di scambio da parte dei commercianti provenienti da tutto il mondo – nei mesi trascorsi sotto il controllo delle truppe del Califfato, è stata gravemente danneggiata in nome di un’ideologia pronta ad annichilire il passato con l’obiettivo di lasciare un unico segno, il proprio.

Dai templi di Baal e Baalshamin, passando per l’Arco di Settimo Severo, fino alla statua del Leone di Al-lat, l’Isis ha lasciato in piedi ben poco. Nonostante tutto questo, la presenza dei resti ha richiamato l’interesse dei ricercatori affinché si possa arrivare, un giorno, alla ricostruzione. Fra gli studiosi ci sono anche degli italiani, in particolare quelli dell’Istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam-Cnr) che forniranno un supporto ai Caschi Blu della cultura. Tutto questo anche grazie all’accordo siglato tra il governo italiano e l’Unesco, che ha visto la nascita della task force Unite4Heritage, completamente dedicata alla difesa del patrimonio culturale mondiale.

Daniele Malfitana dirige l’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Cnr ed è stato ospite de Le Oche, ai microfoni di Radio Popolare. Sylvie Coyaud e Filippo Bettati lo hanno intervistato.

Cosa intendete fare, come credete sia meglio procedere?

“Intanto credo che l’Italia, l’Unesco, il ministero dei Beni culturali abbiano fatto un passo importante con la costituzione della task force Unite4Heritage, mettendo su una squadra di specialisti e forze dell’ordine, perché ovviamente ci saranno anche dei carabinieri specializzati del nucleo tutela patrimonio culturale, che dopo un’apposita formazione dovrebbe dare vita ad un corpo che andrà direttamente sui luoghi, per capire quale può essere il contributo che in generale l’Unesco, ma in particolar modo l’Italia, potrà dare sul piano della ricostruzione, anche solo conoscitiva, di quello che è andato distrutto dalla follia jihadista”.

Avete delle immagini affidabili per prepararvi?

“L’Ibam ha una matrice fortemente archeologica ma lavora, come tutte le strutture del Cnr, su una grande piattaforma multidisciplinare dove indirizzi diversi convivono per affrontare in maniera globale il tema della ricerca archeologica. Oggi all’interno dell’istituto abbiamo un laboratorio molto specializzato di archeologia, aerofotografia e telerilevamento, che si occupa della lettura, o rilettura se vogliamo, dei paesaggi antichi attraverso l’utilizzo delle fotografie aeree, delle fotografie da satellite, delle fotografie storiche che oggi, guardate da un punto di vista archeologico, danno un contributo veramente importante. Nel caso di Palmira il contributo diventa doppio perché il ricco dataset di dati rilevati da piattaforme aeree e satellitari, e che comprendono anche le fotografie aeree degli anni 20 e 30, unite alle fotografie scattate dai satelliti spia americani, ci consentono oggi di capire quello che è andato distrutto e da lì, di poter partire almeno da un aggiornato piano di documentazione. Ricordiamo che le immagini da satellite scattate in diverse fasi in diversi tempi consentono di avere una visione su più livelli, come se ci trovassimo a leggere degli strati. Dunque ogni piccola variazione, come ad esempio può essere quella cromatica del terreno, è un elemento in più che un occhio addestrato è in grado di elaborare”.

Quindi lo scopo non è la vera e propria ricostruzione della città…

“Si è parlato molto in questi giorni, anche sulla stampa, della ricostruzione 3D del sito di Palmira. Ricostruire in 3D può avere un duplice binario: uno conduce alla ricostruzione virtuale per averne una fruizione, appunto, virtuale; l’altro è quello della ricostruzione fisica attraverso stampanti 3D, ma dobbiamo ricordare che in quelle aree non è stata mai fatta una scansione con laser-scanner – strumento che permette di creare, attraverso una nuvola di punti, una digitalizzazione degli oggetti per poi stamparli attraverso la stampante 3D – e diciamocelo pure, non possiamo ristampare in 3D il tempio o il teatro o qualsiasi monumento. Potranno forse essere stampati in dimensioni ridotte con il solo scopo di averne memoria”.

Un’ambizione così elevata comporta dei rischi?

“I rischi rimangono quelli dell’incertezza di accesso in quelle aree. Siamo sempre in una zona di grande e aperto conflitto e quindi, in uno stato di precarietà dal punto di vista della sicurezza. Questo è il tema più importante. Il primo obiettivo è quello di riportare la normalità in quelle regioni. Così, pian piano, quella normalità dovrebbe consentire alla task force di Unite4Heritage di poter accedere in quei luoghi e cominciare a mappare in sito e rendendosi conto direttamente di quello che è andato distrutto. E’ chiaro che le competenze che possiamo mettere a disposizione, e che ci consentono di lavorare da remoto, già costituiscono un notevole passo avanti sul tema perché ci permetteranno di giungere preparati sul luogo, sapendo già quello che molto probabilmente si vedrà o che, sfortunatamente, non si vedrà perché, appunto, andato distrutto”.

Non è che l’Italia è già pronta perché, in fondo, parecchi Caschi Blu italiani sono già a Beirut, la quale sarà la retrovia di questo progetto?

“L’Italia è già pronta perché ha nelle sue strutture, universitarie e di ricerca, delle competenze veramente enormi”.

…Peccato che non ci siano i soldi…

“Peccato che non ci siano le risorse, sì. Però in un’attività come quella che vorrebbe costituirsi per Palmira, lo spirito di noi ricercatori va al di là della disponibilità o meno delle risorse. Qui c’è di mezzo un sito archeologico di straordinaria importanza, e c’è di mezzo l’entusiasmo di ogni ricercatore che farebbe tutto questo volontariamente. Lo spirito del ricercatore vede tutto questo come un’opportunità di dare una mano ad un paese che è andato distrutto e il cui patrimonio culturale, che appartiene un po’ ad ognuno di noi, è altresì andato distrutto”.

Ascolta qui l’intervista integrale a Daniele Malfitana

Intervista Daniele malfitana

  • Autore articolo
    Filippo Bettati
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    C’è un tesoro in Italia, ambito da sempre, ed è il tesoro delle Assicurazioni Generali. Chi comanda a Trieste, comanda su un pezzo importante del paese. Per 70 anni il tesoro delle Generali è stato controllato da Mediobanca, che una volta era il salotto del capitalismo familiare italiano e oggi è una solida banca milanese. Nell’ultimo anno, grosso modo, due capitalisti nostrani, non si sa se anche coraggiosi, Francesco Gaetano Caltagirone, insieme a Francesco Milleri, hanno portato a termine il colpo del secolo: con un’operazione di scambio di azioni – e con il concorso esterno del MPS, fino a qualche mese fa banca di stato - hanno cacciato i vecchi azionisti dagli uffici di piazzetta Cuccia a Milano (Mediobanca) e al loro posto ci hanno messo se stessi più alcuni amici. In questo modo l’immobiliarista e editore Caltagirone, insiene al socio un po’ litigioso degli eredi Luxottica, hanno preso il controllo di Mediobanca. E lo hanno fatto con l’aiuto del MPS, banca pubblica privatizzanda. Preso il controllo di Mediobanca, i “nostri” Caltagirone&Soci hanno cominciato a vedere terra, la costa triestina, la casa mitteleuropea di Generali. Ora, su tutta questa operazione – sommariamente sintetizzata – qualcosa non ha funzionato. La Procura di Milano sta indagando per il mancato rispetto di alcune importanti formalità da codice penale: il “concerto” non previsto, il rispetto del “mercato” e delle autorità di controllo. Aspettiamo fiduciosi che la giustizia faccia il suo corso, mentre la politica rivendica i suoi meriti, giusti o sbagliati che siano. Pubblica oggi ha ospitato il giornalista e saggista Vittorio Malagutti (Domani) e il senatore del Pd Antonio Misiani.

    Pubblica - 02-12-2025

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    Mara Morini politologa dell’Università di Genova, coordinatrice dello Standing Group “Russia e spazio post-sovietico” della Società Italiana di Scienza Politica (SISP), lascia poche chance all'accettazione da parte di Putin del "piano" messo a punto in Florida e presentato oggi dall'inviato speciale Witkoff al Cremlino, mentre Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova, già Ambasciatore e Capo di Gabinetto del ministero degli Esteri sottolinea come la tregua purtroppo si fissi sulla linea del fronte e poi le negoziazioni dovranno riuscire a ristabilire la sovranità dei territori, ma come anche l'aver affidato le trattative a uomini che non rispondo ai Parlamenti renda molto opaco tutto il processo. Donatella Di Cesare, filosofa e scrittrice, esperta internazionale di "negazionismo", l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola Tecnofascismo, chiede conto alla fiera Più Libri Più Liberi promossa dall'Associazione italiana editori a Roma della presenza tra gli espositori della casa editrice di estrema dx Passaggio al Bosco. Infine Gianmarco Bachi annuncia "il corteo" di ascoltatrici, ascoltatori, lavoratori, collaboratrici e chi più ne ha più ne metta il prossimo 14 dicembre la mattina che dalla sede della radio in via Ollearo 5 si dirigerà alla Fabbrica del Vapore per la fine della maratona radiofonica di 50 ore e il via alle celebrazioni dei 50 anni di Radio Popolare.

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