È stato rinviato a mercoledì 24 febbraio il voto sul disegno di legge Cirinnà. Lo ha deciso al Senato la Conferenza dei Capigruppo, su richiesta del Partito Democratico. Un modo per prendere tempo e cercare di uscire dall’impasse provocata dal no del Movimento 5 Stelle all’emendamento Marcucci, il cosiddetto “super canguro“, che avrebbe tolto di mezzo tante proposte di modifica della legge.
A questo punto i numeri per difendere il testo Cirinnà sono più che mai incerti. E viene di fatto rimessa in discussione questa legge con cui l’Italia doveva mettere fine alle discriminazioni delle coppie omosessuali, dopo la condanna della corte di Strasburgo. In aula al Senato sono di nuovo volati insulti e reciproche accuse, nella soddisfazione di cattodem e destre che vedono allontanarsi, forse anche affondare, il provvedimento.
Il Pd nei prossimi giorni dovrà decidere da dove ripartire.
Stralciare l’articolo 5 (le adozioni) cercando l’appoggio dentro la maggioranza, come ha chiesto ancora Schifani, o sottoporsi al fuoco incrociato dell’opposizione, dei cattolici del Pd e dei Cinque Stelle sui singoli emendamenti?
È un grave stallo quello in cui si trova il partito di Renzi: andare in aula in una simile situazione di debolezza, con i tanti voti segreti che ci saranno, significa rischiare di arrivare all’approvazione di una legge completamente snaturata. O di non arrivarci affatto.
“Pago per essermi fidata – ha dichiarato sconfortata la senatrice Monica Cirinnà, relatrice del ddl. Mi prendo la responsabilità di questo errore, con questo scivolone finisce la mia carriera politica“.
Sentiamola al microfono di Anna Bredice