
A quasi sei mesi dall’aggressione subita da Trump e Vance nello Studio Ovale, il presidente ucraino Zelensky torna a Washington accompagnato da alcuni capi di governo europei, dalla presidente della commissione di Bruxelles e dal segretario generale della Nato. Dopo l’incontro in Alaska dei giorni scorsi tra il presidente statunitense e Putin, c’è attesa per capire come sarà trattato stavolta Zelensky e cosa uscirà da questo appuntamento, se si avvicinerà la fine della guerra e quali potrebbero essere i termini di un eventuale accordo.
Ne abbiamo parlato con Raffaella Baritono, che insegna storia e politica degli Stati Uniti all’Università di Bologna:
Innanzitutto penso che Trump dovrà fornire dei dettagli in più rispetto a quello che è stato l’incontro con Putin ad Anchorage l’altro giorno, quindi qualcosa che sia più sostanzioso rispetto a ciò che è emerso dalle notizie. Naturalmente dovrà anche cercare di legittimare il fatto che questo vertice con Putin, che doveva portare a un definitivo — quantomeno — cessate il fuoco, e che poi in realtà si è ridotto praticamente a un nulla di fatto, dovrà invece porre le basi per quei negoziati di pace che lui ritiene siano stati il risultato più importante di questo vertice.
Detto questo, Trump ha un atteggiamento — lo abbiamo già visto più volte — piuttosto ondivago rispetto a quelli che sono i suoi obiettivi e le sue strategie. Ha dimostrato anche che, rispetto alla Russia e a Putin, il suo atteggiamento è meno risoluto e molto più pronto ad accogliere le istanze della Russia, piuttosto che difendere quelli che in teoria dovrebbero essere i suoi alleati storici, vale a dire Zelensky e l’Unione Europea.
Che cosa possiamo aspettarci da Trump in termini di atteggiamento?
Non c’è dubbio che l’immagine e l’atteggiamento siano importanti, perché in un qualche modo lanciano un messaggio rispetto a quelli che sono i rapporti di forza.
L’incontro che si ebbe qualche mese fa tra Trump e Zelensky doveva proprio mettere l’accento sul fatto che c’era una simmetria di posizioni tra Trump e Zelensky.
Trump ritiene che Zelensky non debba accettare il suo ruolo di leader di una potenza subordinata, e l’incontro doveva appunto segnare in un qualche modo il diverso posizionamento, che significava anche un diverso rapporto di forza.
Adesso la situazione mi sembra diversa per certi versi, nel senso che Trump deve convincere Zelensky ad accettare quelli che sono gli elementi emersi dalla trattativa. Lo deve fare all’interno di un contesto in cui sembra che debba fare i conti non soltanto con Zelensky, ma anche con i suoi alleati europei, e questo naturalmente ammorbidirà probabilmente il suo atteggiamento.
Anche se Trump ha messo sempre l’accento — anche recentemente, nella sua intervista a Fox e nei suoi messaggi sui media — sul fatto che Zelensky deve accettare il suo ruolo minoritario: non ha la forza e non ha la potenza per sostenere un rapporto di forza con la Russia, e quindi in un qualche modo deve accettare il fatto di dover concedere qualcosa a quella che è la potenza con maggiori risorse dal punto di vista economico, militare e tecnologico.
La questione della forza mi sembra che sia un elemento importante nella logica trumpiana e in quello che è il suo orizzonte valoriale.