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Turchia, quando il giornalismo è un reato

Il giornalismo, in Turchia, è reato. Soprattutto se scopre traffici legati alla famiglia del presidente Recep Tayyip Erdogan. Il 25 marzo alla Corte di giustizia di Istanbul è in corso l’udienza a carico di due giornalisti del quotidiano di opposizione Cumhuriyet, che lo scorso maggio aveva pubblicato un’inchiesta sul coinvolgimento del governo di Ankara in un traffico di armi con i ribelli siriani. E l’udienza, dice l’Afp, si tiene a porte chiuse.

Il direttore della testata Can Dundar e il suo capo redattore ad Ankara Erdem Gul sono stati già arrestati in un primo tempo a novembre, nel corso della prima maxi retata che Erdogan ha ordinato contro i suoi oppositori politici. Il mese scorso sono stati rilasciati per ordine della Corte costituzionale, ma non possono scampare il processo.

La richiesta dei procuratori è la condanna all’ergastolo per “spionaggio”. Fuori dalla corte un centinaio di supporter chiedeva giustizia per i professionisti. “Il processo a carico di Dundar e Gul è un test per capire le condizioni in cui sta la legge in Turchia”, afferma Christophe Deloire, segretario generale di Reporter senza frontiere (RSF).

In contemporanea, si è svolto anche anche un altro processo a carico di un editorialista. Si tratta di Bulent Kenes, ex caporedattore del quotidiano turco Zaman, prima chiuso e “bonificato”, per poi riaprire con la benedizione del presidente e una linea editoriale totalmente stravolta. Il giornalista è stato condannato a 2 anni e 7 mesi di carcere per avere “insultato” via Twitter il presidente Erdogan. “I commenti sono andati oltre i limiti del diritto di critica”, sostengono i giudici. Lo stesso capo d’accusa riguarda circa altri 2 mila casi, tanto che il magazine americano Foreign Policy, molto vicino al Dipartimento di Stato americano, scrive un articolo dal titolo Nella Turchia di Erdogan sono tutti terroristi.

Il bavaglio turco fa rumore anche fuori dai confini nazionali. L’ultimo appello rivolto al primo ministro Ahmet Davutoglu è stato pubblicato da PEN International, uno dei primi centri a difesa dei diritti umani. La lettera aperta, uscita anche sul quotidiano britannico The Guardian, è firmata da più di cento scrittori e professori, tra la canadese Margaret Atwood e il premio nobel Mario Vargas Llosa.

Nella lettera si legge: “Negli ultimi mesi si è vista un’aggressiva campagna del presidente Erdogan per soffocare le critiche attraverso querele per insulti al presidente, un reato che comporta una pena detentiva fino a quattro anni. Secondo il ministro della Giustizia turco, sono stati aperti ben 1.845 casi di questo genere da quando Erdogan è entrato in carica nel 2014. Per esempio , nel mese di febbraio 2016, un’indagine è stata avviata contro Atalay Girgin per aver insultato il presidente nel suo libro Lağımpaşalı che narra la favola di un gruppo di ratti”.

L’oppressione ormai colpisce tutti coloro che producono opinioni. Il primo bersaglio sono stati gli universitari, poi gli avvocati e ora, per ultimi, i giornalisti. Nonostante questo, le voci critiche in Europa sono rimaste marginali. E si sono sentite solo in occasione della chiusura dello Zaman. Un quadro fosco, che fa scrivere al Daily Hurryiet, legato alla sinistra kemalista, Ora è tempo di parlare del deficit di democrazia in Turchia.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    1) 25 novembre, quando lo stupro è un’arma di guerra. Nel Sudan sconvolto dalla più grave crisi umanitaria al mondo, migliaia di donne e bambini sono vittime di violenza di genere. (Stefano Piziali - Cesvi) 2) Ucraina, mentre i negoziati per un accordo tra Mosca e Kiev continuano, il piano per la pace Statunitense spacca l’amministrazione americana. (Roberto Festa) 3) La peggiore crisi economica mai registrata. L’occupazione israeliana in Cisgiordania e la distruzione e Gaza hanno provocato un crollo senza precedenti nell’economia palestinese, riportando il paese indietro di decenni. (Allegra Pacheco - West Bank Protection Consortium) 4) “A Dankirque non si vive, si sopravvive”. Sulle coste francesi la situazione umanitaria delle persone migranti peggiora giorno dopo giorno e lo stato non si assume le sue responsabilità. (Veronica Gennari) 5)Lo scandalo di pedofilia che ha sconvolto il vescovo di Cadice è un caso senza precedenti nella chiesa spagnola. (Giulia Maria Piantedosi) 6) Rubrica sportiva. Dopo 52 anni, la nazionale di calcio di Haiti si qualifica per i mondiali. Un risultato storico e prezioso per un paese distrutto dalla violenza. (Luca Parena)

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    In Sudan la violenza di genere e lo stupro usato come arma di guerra sono all’ordine del giorno. Nel mezzo della crisi umanitaria più grave del mondo, migliaia di donne e bambini sono vittime di un conflitto che si consuma anche sui loro corpi. La ong italiana Cesvi lavora sul campo per offrire supporto psicologico alle donne e alle loro famiglie. Martina Stefanoni ne ha parlato con Stefano Piziali, direttore generale di Cesvi

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    È appena uscito “Trovarsi soli all’improvviso”, il nuovo album del musicista e produttore milanese Marco Giudici, oggi ospite di Volume. “Volevo fare dalla musica ambient, come atto terapeutico per me stesso… ma poi si è trasformata in qualcos’altro”, racconta il cantautore sulla genesi dei brani. Il disco, che per il titolo trae ispirazione da una poesia scritta dal nonno dell'artista, è un racconto intimo e delicato che parla di solitudine, fragilità e distacco, ma anche del coraggio di andare avanti e di cambiare, lasciando indietro alcune parti di sé. L'intervista e il MiniLive di Marco Giudici.

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    Le iniziative del 25 novembre e DonneXstrada che di violenza di genere, parla tutto l'anno. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Le comedians contro la violenza sulle donne al Teatro Lirico di Milano

    Oggi a Cult Mary Sarnataro ci ha parlato di “Zitte mai!”, la serata speciale in scena al teatro Lirico di Milano, che un gruppo di comedians, capitanate da Deborah Villa, dedica all'associazione Cerchi nell'Acqua, che da anni è vicina alle donne vittime di violenza. A partire dalla libertà di esprimersi, la prima che viene a mancare quando una relazione diventa prevaricante, l'appuntamento sarà l'occasione per riflettere sulla violenza sulle donne, usando lo strumento della comicità. L’intervista di Ira Rubini.

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