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The looming tower, tutti gli errori dell’11 settembre

Quanto tempo è stato necessario, agli Stati Uniti, per elaborare il trauma dell’11 settembre 2001? E adesso, oltre 15 anni dopo, possono davvero dire di esserci riusciti?

Per almeno un decennio, in seguito all’attentato al World Trade Center, i prodotti culturali americani – televisione e cinema, soprattutto – sembravano abitati dai fantasmi delle Torri gemelle, anche se i titoli che affrontavano direttamente l’argomento si contavano sulle dita di una mano. Qualcuno ha detto che il pianto ambiguo di Jessica Chastain su cui si chiude Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow, il film sull’uccisione di Bin Laden, è stato un punto di svolta, che ha chiuso un capitolo e lasciato spazio a narrazioni più frammentate e ancor più confuse, specchio dei tempi che corrono, come Homeland o Mr. Robot.

Dal 9 marzo, con un episodio a settimana, sulla piattaforma Amazon Prime Video si può tornare allora, con una certa freddezza, sul luogo del delitto: The Looming Tower è una miniserie in dieci episodi, co-prodotta e in parte diretta da uno dei grandi nomi del documentarismo contemporaneo, Alex Gibney, e creata da Lawrence Wright a partire da un suo bestseller del 2006, The Looming Tower: Al-Qaeda and the Road to 9/11. Wright, oltre che uno sceneggiatore, è un giornalista, e con Gibney aveva già collaborato qualche anno fa al film documentario su Scientology Going Clear. La miniserie, però, è di fiction, e con un grande cast: Jeff Daniels è il capo dell’ufficio controterrorismo dell’FBI, Peter Sarsgaard il suo omologo alla CIA, l’attore franco-algerino Tahar Rahim è un agente FBI di religione musulmana e origine libanese, Michael Sthulbarg (al cinema con Chiamami col tuo nome e La forma dell’acqua) è un alto consigliere del presidente per la sicurezza. C’è anche Alec Baldwin, in un piccolo ruolo.

La vicenda prende le mosse nel 1998, con l’opinione pubblica distratta dal caso Lewinsky, e con i devastanti attentati, quasi simultanei, alle ambasciate americane in Kenya e in Tanzania, poi rivendicati da Osama Bin Laden. La drammatica e (secondo l’ipotesi della serie) del tutto evitabile strada verso l’11 settembre 2001 è costellata di piccoli e grandi errori di valutazione e comunicazione, di deprecabili lotte di potere nei corridoi della Casa Bianca, e soprattutto radicata nei modi opposti di agire di CIA e FBI, votata alla raccolta d’informazioni, all’infiltrazione e al doppio gioco la prima, concentrata sull’investigazione e gli arresti, anche fuori dai territori Usa, la seconda.

Girata in svariate location in giro per il mondo e scritta con un’accurata attenzione alle fonti, e intervistando i protagonisti degli eventi, mantiene il ritmo di un thriller spionistico e, allo stesso tempo, rimette in scena in modo accessibile un capitolo complesso della storia recente. Lasciando sempre aleggiare la più importante delle domande: quale terribile domani può celarsi dietro ogni scelta di oggi?

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Dopo uno slalom tra le novità musicali della settimana, approfondiamo il disco della settimana Essex Honey di Blood Orange, con Niccolò Vecchia che ce lo racconta in studio. Proseguiamo con l'intervista di Dario Grande a Jehnny Beth, ex cantante dei Savages, in occasione del nuovo disco appena uscito, You Heratbreaker You. Nella seconda parte l'intervento di Marta Fantin di TicketOne, intervistata da Elisa Graci in merito alle discusse modalità di vendita dei biglietti dei Radiohead. Concludiamo con l'intervento telefonico di Nur Al Habash, una delle organizzatrici di Nessun Dorma, che ci racconta il concerto di raccolta fondi per la Palestina tenutosi ieri a Roma.

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