
I tempi del first buddy, del miglior amico al servizio del presidente, sono finiti. L’uscita di Elon Musk dal DOGE, il dipartimento all’efficienza governativa, più volte annunciata, ora praticamente in essere, avviene su una serie di eventi, dichiarazioni, sentimenti, piuttosto contrastanti, e non certo in linea con quanto il rapporto tra Musk e Donald Trump, solo un paio di mesi fa, lasciava presagire. Musk è colui che ha aiutato Trump a vincere le elezioni, versando nella sua campagna elettorale oltre 250 milioni di dollari. Musk è colui che ha appoggiato e alimentato tutte le principali campagne del presidente, da quella contro il woke, la diversità, l’inclusione, all’appoggio al movimenti della destra radicale e neo fascista in mezzo mondo. Musk è colui che nei giorni della formazione della nuova amministrazione girava per la Casa Bianca con in spalla uno dei suoi quattordici figli, dal nome impronunciabile, dispensando consigli, decidendo nomine. Musk è infine quello cui Trump ha affidato un compito decisivo, dal suo punto di vista. Tagliare i costi del governo federale. Licenziare migliaia di dipendenti, cosa che ha scatenato una tra le tante, esplosive crisi, di questi primi mesi di governo. Quei tempi sono però, piuttosto rapidamente, tramontati. Prima, alcune settimane fa, Musk ha espresso le sue riserve sulle politiche sui dazi di Trump. Poi, nel fine settimana, ci è andato giú pesante in tema di legge di bilancio che i repubblicani, su pressione di Trump, hanno fatto passare alla Camera, e che è ora in attesa di revisione e voto da parte del Senato. La legge dovrebbe aumentare il deficit federale di 3800 miliardi di dollari entro il 2034. Nella misura ci sono tagli alle tasse e un aumento di spesa militare e per la sicurezza al confine. E’ vero che, per cercare di pagare parte di queste cose Trump e i repubblicani tagliano la spesa sociale, in particolare il Medicaid, l’assistenza sanitaria per i più poveri. Ma i tagli di spesa non riescono a coprire le uscite, o le mancate entrate per il governo federale, aumentando in modo significativo il giá disastroso deficit statunitense. Di qui il giudizio di Musk, affidato a CBS, che dice di essere deluso dalla legge di bilancio, che vanificherebbe il lavoro fatto dal DOGE, il dipartimento all’efficienza governativa, in questi anni. E’ un giudizio durissimo, che colpisce al cuore uno dei principali argomenti retorici di Trump, e cioè quello di essere arrivato alla Casa Bianca per tagliare sprechi, abusi, per svuotare lo stagno della corruzione di Washington. Trump, per ora, non ha risposto. Ma il presidente è imprevedibile, ed è possibile che tuoni e fulmini si scatenino contro Musk molto presto. La cosa non dovrebbe comunque cambiare di molto le cose. Musk è già in buona parte fuori dalla politica. Aveva promesso di tagliare 1000 miliardi di spesa federale, ne ha tagliati, dice il sito del DOGE, e la cifra è sicuramente gonfiata, 175 miliardi. Nel frattempo, i suoi affari hanno preso una brutta piega. Tesla, l’azienda fondata e diretta da Musk, ha subito boicottaggi in tutto il mondo, e mostra una sensibile flessione nelle vendite delle sua auto elettriche. La parentesi politica di Elon Musk si tinge dei colori più foschi e tristi del tramonto.