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Strage di Bologna, chiuse le indagini sui mandanti

orologio strage di bologna

Si sono concluse nelle ultime ore le indagini sui mandanti della strage di Bologna del 2 agosto 1980. A quarant’anni dall’attentato in cui persero la vita 85 persone, l’inchiesta si è chiusa con l’iscrizione sul registro degli indagati di quattro persone. Una di queste è Paolo Bellini, ex Avanguardia Nazionale.

Bellini, ritenuto l’esecutore materiale, avrebbe agito in concorso con quattro persone che non ci sono più: Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi. Loro, tutti deceduti, sono indicati come mandanti, finanziatori o organizzatori.

Ne abbiamo parlato con la giornalista freelance Antonella Beccaria, esperta del periodo stragista e della strategia della tensione. L’intervista di Serena Tarabini a Fino alle Otto.

Cosa emerge da questa chiusura delle indagini?

Emerge un quadro molto articolato da cui possono discendere tre considerazioni importanti. La prima è che nel 2011, quasi dieci anni fa, i familiari delle vittime avevano già indicato questi elementi, o almeno alcuni di questi che poi la procura generale di Bologna ha deciso di approfondire dopo aver avocato le indagini. Leggendo le dichiarazioni di Paolo Bolognesi, il presidente dell’associazione, non si può che concordare con lui: se determinati suggerimenti fossero stati seguiti prima, si sarebbe già potuti arrivare ad avere delle sentenze di primo grado.
L’associazione delle vittime nel 2011 aveva depositato un primo memoriale che conteneva alcuni degli elementi che oggi sono contenuti nell’avviso di conclusione delle indagini, a cominciare dai soldi. Il conto Bologna, uno dei conti bancari oggi al centro delle indagini, veniva già raccontato. E da quel conto di una banca svizzera, intestato a Licio Gelli e riconducibile a Federico Umberto D’Amato, sarebbero stati spostati 15 milioni di dollari in un periodo compreso tra l’estate del 1980 e il febbraio 1981.
Quando, ai tempi dell’arresto di Gelli e delle indagini sul crac per il Banco Ambrosiano, venne chiesto conto a Gelli del motivo di quegli spostamenti di denaro, Gelli disse che servivano per le sue spese legali.
Una risposta francamente insoddisfacente, perché ai tempi Gelli non aveva bisogno di essere assistito da avvocati né in sede civile né in sede penale. E ricordiamo che la perquisizione a Castiglion Fibocchi, in cui si rivendono le liste della P2, è del marzo del 1981, mentre i movimenti bancari si fermano un mese prima.
La Procura Generale che ha avocato le indagini per le quali la procura ordinaria aveva chiesto l’archiviazione ha trovato degli ulteriori riscontri risalendo indietro di un anno e dicendo che in un luogo imprecisato nel 1979 si sarebbe deciso di organizzare qualcosa di imponente. I familiari hanno ragione e il conto Bologna ne è una dimostrazione.
Altro elemento molto interessante è che oggi abbiamo tre persone che sono state raggiunte da un avviso di conclusione indagini. Vedremo se finiranno a processo, cosa non scontata ma altamente probabile, per esser stati accusati del reato di depistaggio.
Fino al 2016 il reato di depistaggio non esisteva nel codice penale italiano. È stato introdotto dopo una lunghissima battaglia fatta proprio dall’Associazione Vittime prima del 2 agosto e poi dall’Unione vittime per le stragi. E ci è riuscito Paolo Bolognesi, che ai tempi era parlamentare.
I fatti che vengono ascritti a queste persone devono essere accaduti negli ultimi anni. E lo stesso vale anche per l’amministratore immobiliare Domenico Catracchia, che secondo la ricostruzione dell’accusa avrebbe affittato un appartamento di via Gradoli a Roma. Anche in questo caso abbiamo dei reati che sono stati commessi molto di recente a indicare che c’è ancora una macchina che vuole fare in modo che determinati elementi non emergano e che determinate responsabilità rimangano occultate.

Quanto di recente?

Negli ultimi anni. Nel caso di Quintino Spella, l’ex capo del Sisde di Padova, stiamo parlando del 2019: venne ascoltato a gennaio e successivamente messo a confronto con Giovanni Tamburino, che aveva ricevuto una delle notizie preventive della strage e ha negato questi incontri.
Se determinati reati fossero stati commessi nel 1980 o negli anni successivi, oggi sarebbero ampiamente prescritti.
L’ultima considerazione è che diventa innegabile che la strage di Bologna rientra all’interno del contesto più ampio della strategia della tensione. Affermazione che si è voluta smentire per molto tempo dicendo che il periodo di Piazza Fontana era molto diverso da quello che aveva preceduto e che era venuto dopo. E invece troviamo gli stessi personaggi e le stesse organizzazioni. Da un lato abbiamo la P2 coi suoi vari personaggi, abbiamo un certo tipo di stampa come quella riconducibile alla rivista “Il Borghese”, che certe campagne le ha sempre sostenute, e poi abbiamo la presenza di Ordine Nuovo e ordinovisti che avrebbe ospitato Licio Gelli in Sudamerica in periodi molto prossimi alla strage. C’è, ad esempio, il ruolo di un carabiniere del nucleo operativo di Genova che va a trovare la moglie di un ex ordinovista che diede rifugio anche a Pierluigi Concutelli, l’assassino del giudice Vittorio Occorsio, per chiederle di raccogliere informazioni all’interno dell’ambiente del marito perché si stava preparando qualcosa di grosso. E, andandola a trovare dopo l’esplosione, le disse “hai visto cosa è successo“. È un quadro da studiare ancora bene, ma che si sta sempre più delineando.

Foto di Prof.Quatermass

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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