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Stati Uniti: falchi e razzisti con Trump

In quello che sembra un’apparente caos, Donald Trump sta costruendo la sua squadra di governo, composta per lo più da uomini della destra radicale, con il tentativo di inserire qualche nome potabile al pubblico conservatore moderato come quello di Mitt Romney, ex candidato repubblicano del 2012 e membro di quell’establishment del GOP con il quale il presidente eletto cerca qualche punto di intesa.

Per ora, Donald Trump ha scelto il nome del prossimo Attorney General (il ministro della giustizia) e il futuro capo della Cia. Il primo sarà Jeff Sessions, senatore dell’Alabama e il secondo sarà Mike Pompeo, deputato del Kansas, molto vicino al Tea Party.

Il giudice razzista

Sessions ha molto affinità con Trump sulla questione razziale e sull’immigrazione. E’un ultraconservatore, viene dal profondo sud, dove è cresciuto a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. Il suo paese natale si chiama Hybart. All’epoca era la tipica comunità rurale bianca, molto piccola e isolata, solo sfiorata dalle lotte per i diritti civili.

Il primo momento di notorietà per Jeff Sessions arriva negli anni’80, quando è giudice a Mobile. Mette sotto inchieste tre attivisti per i diritti degli afroamericani. Li accusò di aver falsificato le firme elettorali. Hank Sanders, che fu il loro avvocato difensore, racconterà più tardi che quella di Sessions nei confronti dei tre fu una vera e propria persecuzione messa in atto con l’obiettivo di convincere i neri a non esercitare il loro diritti di voto. Alla fine, vennero assolti, ma Sessions aveva fatto conoscere il suo nome in giro.

Nel 1986 venne nominato giudice della corte di giustizia statale. Durante le audizioni per la conferma, Jeff Sessions definì la NAACP (l’Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore) un’organizzazione d’ispirazione comunista e “Non americana”. Un testimone oculare dell’audizione raccontò che Sessions definì una “disgrazia per la sua razza” un avvocato bianco per i diritti civili.

Lui ha sempre negato di essere un razzista, ma Hank Sanders ha dichiarato all’inviata di National Public Radio che, secondo lui, il senatore dell’Alabama, invece, lo è. Ed è per questo, ha aggiunto Sanders, che è stato il più strenuo oppositore al Senato della riforma dell’immigrazione, un altro punto di contatto, insieme al no all’aborto, con Donald Trump.

Il nuovo capo della Cia

Anche Mike Pompeo è contrario all’aborto, ha votato contro il rinnovo del Violence Against Women Act ed è è membro a vita della National Rifle Association. Insomma, la biografia perfetta per essere scelto da Donald Trump per ricoprire il delicatissimo ruolo di capo della Cia.

In un tweet, Pompeo ha già spiegato quale sarà il suo primo obiettivo: smantellare l’accordo sul nucleare con l’Iran. Quella storica intesa è stato forse il maggior traguardo dell’amministrazione Obama in politica estera. I repubblicani l’hanno sempre contestata, dicendo che era impossibile fidarsi di Teheran e che la via da seguire per impedire che nascesse la bomba atomica degli ayatollah dovesse essere quella delle sanzioni commerciali e diplomatiche, se non addirittura – sostengono i più radicali – il bombardamento degli impianti nucleari iraniani.

Secondo Mike Pompeo, l’Iran è uno degli stati santuario del terrorismo internazionale e come tale deve essere combattuto.

Una sicurezza anti islamica

Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale sarà l’ex generale Michael Flynn. Le sue idee sono ben chiare: il maggior pericolo per gli Usa sono i terroristi islamici, devono essere combattuti con ogni mezzo e avvalendosi di ogni alleanza, compresa quella di Vladimir Putin.

Dopo essere stato licenziato come capo della Defence Intelligence Agency (il controspionagigo militare) e aver lasciato l’esercito, Flynn è diventato uno dei maggiori critici dell’amministrazione Obama. Poi ha fondato una società di consulenza che ha fatto opera di lobbying a favore della Turchia di  Erdogan ed è stato un commentatore pagato da Russia Today, la televisione cassa di risonanza del Cremlino.

Nonostante questi legami e questo evidente conflitto d’interesse, Donald Trump ha deciso di affidargli il delicato incarico.

 

 

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    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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