
La strada che abbiamo sempre percorso per arrivare a Kramatorsk ora è chiusa. Prima dell’anno scorso passava da Pokrovsk, poi l’hanno deviata qualche chilometro prima della ferrovia, adesso è sbarrata da un check-point permanente che fa passare solo soldati. Non si tratta di controllo del territorio, ma di necessità e di prevenzione dato che i veri padroni di ogni zona di combattimento sono i droni ormai. Fpv, kamikaze, Gerbera, a fibra ottica… sono solo alcuni dei modelli che sorvolano giorno e notte i cieli del fronte. Si calcola che nelle ore di attività per ogni chilometro quadrato del fronte ci siano decine di velivoli senza pilota in volo. Quindi ora si devia prima della famosa stele che segna il confine tra gli oblast di Dnipropetrovsk e Donetsk. E il panorama nelle vie laterali, spesso sterrate, è inquietante. Si scavano trincee ovunque; camion zeppi di filo spinato scaricano i rocchetti davanti ai soldati stanchi che li stendono per chilometri. Ogni tanto qualche escavatrice viene attaccata e si ritrova solo la carcassa carbonizzata. Sui rettilinei la visuale è più chiara: i campi ai lati della carreggiata sono lunghe file parallele di terra, filo spinato, denti di drago e trincee. Ma superato di poco il nuovo svincolo che devia anche il traffico di mezzi pesanti (che possono diventare l’unica cosa che si vede per interminabili chilometri incolonnati), c’è una novità. Pali di legno freschi di taglio, sistemati a destra e sinistra dell’asfalto, reggono reti come quelle per proteggere gli alberi da frutta dagli uccelli. Solo che qui servono per ritardare l’impatto dei droni russi, soprattutto di quelli a fibra ottica. Pochi istanti che permettono ai mezzi puntati di percorrere qualche metro in più. Quella distanza sottile che sulle strade del Donbass separa la vita dalla morte.
di Sabato Angieri