Approfondimenti

Il giro del mondo con l’aereo a energia solare

Solar Impulse 2 è l’aereo, alimentato unicamente a energia solare, che sta compiendo il giro del mondo. Su tutto il veivolo, che presenta una piccola cabina di pilotaggio, ma un’apertura alare di circa 72 metri, sono disposte ben 17mila celle fotovolotaiche.

Atterrato giovedì 23 giugno a Siviglia, dopo 70 ore di volo, ha così terminato la tappa transatlantica di un viaggio iniziato il 9 marzo 2015 ad Abu Dhabi. Viaggio che si concluderà  proprio con il rientro nella capitale degli Emirati Arabi.

Grazie all’aiuto di un gruppo multidisciplinare di circa 50 specialisti, provenienti da diverse nazioni e un centinaio di consulenti esterni di diverse aziende, i piloti Bertrand Piccard e André Borschberg sono ormai prossimi alla conclusione dell’impresa.

A Le Oche, trasmissione sulla ricerca scientifica di Radio Popolare, Sylvie Coyaud e Filippo Bettati hanno intervistato André Borschberg:

Come sta?

“Bene, grazie”.

Ma non è preoccupato?

“No, va tutto bene, fila tutto liscio. Certo è una cosa nuova, è una pura esplorazione e bisogna stare attenti a tutto. Io poi sono un po’ superstizioso, tocco ferro ogni volta che me lo si chiede, ma tutto sta andando per il verso giusto”.

Abbiamo letto su Twitter che martedì Piccard aveva avuto una notte faticosissima, con nubi e turbolenze. Inoltre, di notte l’aereo consuma l’energia residua accumulata durante il giorno, e quella mattina non si stava ancora ricaricando.

“Quando si alza il sole non siamo ancora in positivo per quanto concerne l’energia. Dobbiamo aspettare ancora un’ora e mezza circa perché l’incidenza dei raggi solari sui pannelli permetta all’aereo di ricaricarsi e, quindi, di consumare meno rispetto a quello che riusciamo a ricaricare. Ma questo è già previsto dalla simulazione. Il vantaggio è che in giugno i giorni sono molto più lunghi e quindi abbiamo a disposizione un maggior tempo di esposizione alla luce.
All’inizio Bertrand aveva un buon vento che veniva da sud, il che gli ha permesso di salire verso il Canada e di sfuggire alle nuvole per poi girare a est. Ha inoltre sorvolato il punto dove il Titanic era affondato, una tragedia ormai di molti anni fa. Abbiamo una prospettiva meteorologica e dei venti. La dinamica dell’atmosfera è curata dal gruppo di controllo della missione, situato a Montecarlo, che continua a simulare assicurandosi che il volo si possa svolgere in buone condizioni”.

Quali sono i punti di forza dal punto di vista tecnico-scientifico? Che cos’ha permesso a quest’aereo di arrivare fino a questo punto, di volare giorno e notte solo grazie all’energia solare?

“Immaginate di trovarvi in mezzo all’oceano, con un aereo che sfrutta il semplice fatto di essere esposto al sole. Riceve abbastanza energia, può conservarla e stoccarla, può volare giorno e notte senza interruzioni anche per un mese, o in eterno, basta che ci sia il sole. A qualcuno sembrerà normale ma se le persone avessero la possibilità di guidare questo tipo di mezzo, proverebbero una sensazione straordinaria. Ci siamo riusciti grazie alla straordinaria efficienza energetica: consuma pochissimo e tutto il suo segreto sta in questa capacità. Abbiamo realizzato quello che fino a pochi anni fa l’industria aeronautica considerava impossibile, ovvero rendere questo aereo leggero, molto efficiente, con motori elettrici con una resa del 97%. La vostra automobile ha un rendimento del 30%, quindi il 70% della benzina libera calore e non fa muovere l’auto. Questo 97% è veramente un grande successo. Questo aereo per noi è la dimostrazione di cosa si possa fare sulla terra se utilizzassimo le tecnologie in modo corretto col fine di rendere tutti i nostri apparecchi più efficienti nel loro consumo”.

Quando un aereo è fatto di soli prototipi si prendono dei rischi, conferma?

“Si tratta di un prototipo molto evoluto, però usa tecnologie che potete andare a comprare nei negozi e metterli nella vostra casa per renderla più efficiente. E’ come abbiamo integrato queste tecnologie a rendere l’aereo straordinario. E’ pionieristico, non sapevamo se ci saremmo riusciti. Bisogna amare l’ignoto, bisogna amare un mondo in cui non abbiamo esperienza, ma bisogna anche assicurarsi, prima di partire, di mettere tutte le opportunità dalla propria parte. Quindi simulare e prevedere. Bisogna pensare a quello che si faceva cento anni fa, i pionieri provavano, sperimentavano, però all’epoca non c’era la possibilità di anticipare gli eventi come si può fare oggi con le tecnologie. Per questo motivo riusciamo a mantenere il rischio ad un livello accettabile”.

La buona riuscita di questo volo cosa rappresenta?

“Era importante per Piccard fare la traversata dell’atlantico in solitaria, perché è sua la visione di diciassette anni fa. Ricordando Charles Lindbergh, la traversata dell’atlantico è stata la svolta per il mondo dell’aviazione. Fino a poco prima il volo era una cosa da circo, da dimostrazione che si faceva su delle piste da trotto. Così come Lindbergh dimostrò le capacità del mezzo, così noi cerchiamo di dimostrare, con questo volo intorno al mondo, la capacità di una tecnologia pulita. Questo è sì lo scopo per il presente, ma lo è soprattutto per il futuro”.

Un’ultima domanda, quando ci si trova con delle norme già scritte e un prototipo che non risponde a queste norme, fa comodo essere svizzeri?

“Sì, la Svizzera in questo è molto ben percepita all’estero. Quando si arriva con delle cose sperimentali, se portano con sé il “timbro Svizzera” è più facile ottenere le autorizzazioni per volare, per atterrare e per decollare. Certo si dice che sia il Paese della cioccolata, delle banche, delle mucche e dei turisti, però abbiamo delle imprese molto innovative”.

  • Autore articolo
    Filippo Bettati
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    Errando per Antiche Vie è una grande azione performativa in cui artisti e pubblico percorrono a piedi la distanza che separa Cortina e Milano, tra il 5 e il 16 dicembre, a un mese dall’inizio delle Olimpiadi, per raccontare un territorio incredibile, contraddittorio che per la prima volta viene messo in luce dalle Olimpiadi. Un cammino lungo oltre 250 km, spettacoli teatrali e di danza, letture, pasti di comunità, incontri e dibattiti: un racconto della montagna fatto di sostenibilità, di protagonismo dei territori alpini e prealpini, di chi decide di vivere e lavorare in quota e nei territori periferici, al di là della spettacolarizzazione del momento olimpico. Michele Losi di Campsirago Residenze ha raccontato a Cult tutto il percorso. L'intervista di Ira Rubini.

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