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Siria, benzina sul fuoco

Era il 15 marzo 2011. Migliaia di persone scesero in piazza a Damasco e a Daraa, nel sud della Siria, per chiedere a Bashar al Assad di lasciare il potere. Sembrava ancora che potesse sbocciare la Primavera araba, allora. Dal 18 marzo iniziò la repressione violenta: la fase uno della guerra in Siria.

I cinque anni trascorsi si sono portati appresso 250 mila morti, 12 milioni di sfollati interni, 9 milioni di persone in condizioni di insicurezza alimentare, più 4,8 milioni di profughi (dati Unhcr). Dalla Siria, la situazione di caos si è diffusa a macchia d’olio in tutta la regione, riuscendo a lambire persino l’Europa, con i profughi. Oxfam e Save the Children, insieme ad un network di 30 ong (tra cui Action Aid, Mercy Corps, Norwegian Refugee Council e Syrian Ngo Alliance) hanno realizzato uno studio: Siria, benzina sul fuoco. Benzina sul fuoco perché chi avrebbe dovuto fermare il conflitto, lo sta alimentando.

“Abbiamo analizzato come sta agendo la coalizione internazionale, quello che dichiara il Consiglio di sicurezza dell’Onu e i componenti dei singoli Stati”, spiega Riccardo Sansone, coordinatore per gli aiuti umanitari di Oxfam. Le evidenti contraddizioni provocano l’inefficacia del processo di pace: la Siria è uno scacchiere su cui si stanno giocando partite molto più grandi. A questo, si aggiunge l’aggravio dei raid di Stati Uniti e Russia: circa 10 mila finora, con 2.300 vittime solo lo scorso novembre. E il risultato è che nell’anno in cui il conflitto doveva trovare una soluzione, il 2015, si sono visti i numeri peggiori in assoluto. Oxfam e Save the Children li snocciolano:

  • oltre 50 mila vittime, anche per effetto degli attacchi aerei dei Paesi membri del Consiglio di Sicurezza; (esclusa la Cina);
  • la distruzione parziale o totale di oltre 200.000 abitazioni (con un aumento del 20 per cento rispetto al 2014), che ha costretto oltre 1 milione di persone ad abbandonare le proprie case;
  • oltre 1,5 milioni di persone in più dipendenti dagli aiuti umanitari;
  • un aumento del 44 per cento, rispetto al 2014, degli attacchi contro ospedali e strutture sanitarie;
  • oltre 500 mila civili costretti a vivere in zone sotto assedio, secondo le stime più recenti dell’ONU;
  • oltre 400 mila bambini che non possono andare a scuola, portando il totale ad oltre 2 milioni;
  • circa 500 mila persone costrette a vivere in aree sotto assedio (la comunità assediata più estesa è quella di Deir Ez Zor, con 200 mila persone ancora intrappolate senza alcun aiuto);
  • un blocco pressoché totale degli aiuti umanitari: le Nazioni Unite, per esempio, sono riuscite a garantire assistenza sanitaria soltanto al 3,5% della popolazione in zone assediate, mentre meno dell’1% è riuscito, nell’ultimo anno, a ricevere cibo.

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Una tragedia umanitaria di proporzioni enormi, che richiede un intervento. Le ong lo chiedono con una campagna italiana, #WithSyria #Adessobasta, che fotografa il caos e la frammentazione in cui è ulteriormente piombata la Siria a cinque anni dall’inizio del conflitto.

“Tutto quello che il popolo siriano ha affrontato in questi anni e sta tuttora affrontando è troppo, soprattutto nelle aree sotto assedio. E sono proprio i bambini a pagare il prezzo più alto per un’infanzia non vissuta – dichiara Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia – Per questo chiediamo con forza che cessino gli attacchi su scuole, ospedali e infrastrutture civili vitali e che venga consentito immediatamente l’accesso libero e permanente agli aiuti umanitari. Inoltre ci appelliamo alla comunità internazionale affinché si adoperi per una soluzione duratura del conflitto che da cinque anni insanguina la Siria, spingendo milioni di persone a cercare rifugio nei Paesi limitrofi e a rischiare la vita per raggiungere l’Europa”.

riccardo sansone rapporto oxf

“Invitiamo a firmare l’appello che rivolgiamo ai governi per muoversi con forza. Adesso basta, sono passati 5 anni e serve un’azione decisa”, aggiunge Sansone ai nostri microfoni.

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Nell’appello si legge:

“Ogni giorno, in Siria, migliaia di civili vengono attaccati e uccisi: un dramma che si consuma da 5 anni. La guerra sta sterminando un’intera generazione di bambini. La gente muore di fame per mancanza di cibo, acqua e medicine che non vengono fatte arrivare alle città assediate. Nonostante le numerose risoluzioni dell’ONU, e alcuni tentativi di cessate il fuoco, il calvario di milioni di siriani continua. Sono molti i paesi coinvolti nel conflitto, incusi membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Più della metà della popolazione ha lasciato le proprie case, inclusi cinque milioni di persone che hanno abbandonato il paese: il più grande esodo di profughi  dalla seconda guerra mondiale”.

Il link per firmare l’appello.

riccardo sansone appello oxfa

Tutte le foto sono state pubblicate per gentile concessione di Oxfam

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    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

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